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A 97 anni è morto Fabio De Felice: dai Figli del Sole alla accuse di strage una vita da leader nero


E così, a 97 anni, FABIO DE FELICE ieri sera ci ha lasciati. Professore di liceo, Figlio del Sole, più giovane deputato nella storia del Msi, perse una gamba nei moti di Trieste. Protagonista e vittima di tante traversie politiche e giudiziarie, sempre lucidissimo nella mente ma malconcio nel fisico, Fabio ha raggiunto sua moglie Ondina e suo figlio Mastino. Onore all'Uomo e al Combattente, quali Fabio è sempre stato.
L'annuncio è di Sandro Forte, il giornalista che ha curato l'antologia biografica di Lello Graziani. Più icastico l'annuncio di Rainaldo Graziani. La runa di Algiz e un breve saluto

Un vero Figlio del Sole si è trasferito nell'Altrove.
Resta a noi un patrimonio inestimabile ed un testimone di cui essere degni.
Mentre mi metto al lavoro per un adeguato approfondimento vi propongo la scheda biografica pubblicata in Fascisteria con un fugacissimo editing

Componente della prima cerchia evoliana, i Figli del sole, Fabio De Felice è uno dei primi presidenti della Giovane Italia. A ventisei anni, nel 1953, è gravemente ferito nei tumulti di Trieste e perde una gamba e da allora ha bisogno della carrozzella. Il Msi lo candida e lo porta in Parlamento insieme all'altro ferito grave, Cesare Pozzo
De Felice si distacca ben presto dal Msi e dalla stessa componente giovanile evoliana. Nel 1955, quando ancora non è maturato lo strappo della scissione ordinovista passa al gruppo misto, per poi aderire al Partito nazionale monarchico
Un percorso analogo al suo lo ha un altro leader della corrente evoliana, il napoletano Enzo Erra, che al congresso di Milano si schiera con  Arturo Michelini per poi dar vita con Nicola Foschini a un Movimento nazionale che confluisce nei monarchici. 
Nel 1965 De Felice aderisce, con Giano Accame, al movimento neogollista Nuova repubblica, promosso dal leader del Pri Randolfo Pacciardi, eroe della guerra di Spagna e della resistenza. Insegnante di storia e filosofia – tra i suoi allievi nel liceo di Poggio Mirteto (Ri) c’è Paolo Aleandri, uno dei più noti pentiti – è con il fratello Alfredo tra i «cervelli» del partito del golpe  
Da una posizione un po’ defilata Fabio mantiene rapporti strettissimi con l’area ordinovista. Alfredo è redattore unico di Ordine nuovo-Azione. L'autore della strage di Peteano, Vincenzo Vinciguerra, accusa i De Felice, per la loro «passione iniziatica per il ferro e per il fuoco», di essere gli ispiratori della strage dell’Italicus, attribuendo la confidenza a Stefano Delle Chiaie
Nell’estate 1975 i fratelli si sottraggono alla cattura nell’ultimo blitz per il golpe Borghese. La latitanza di Fabio è di breve durata. Alfredo invece si stabilisce in Sud Africa (dove collabora a Noi Europa, la rivista dei fuoriusciti fascisti italiani che invia soldi ai detenuti «politici» anticomunisti di area ordinovista) e resta in contatto con Gelli tramite Paolo Aleandri, il pupillo del fratello, che comincia a emergere nel gruppo dirigente di Costruiamo l'azione, l'ultima gemmazione della filiera ordinovista. A De Felice il pentito attribuisce la teoria dell’arcipelago, cioè la promozione di una linea politica capace di produrre, intorno a parole d’ordine precise, un insieme di azioni armate da parte di gruppi non direttamente collegati. Spiega Aleandri in un interrogatorio:
Ecco perché possedere un giornale dove far politica era un punto essenziale del nostro gruppo [...] Fabio De Felice improntava la sua visione politica a un freddo realismo: egli era interessato ai luoghi del potere reale e tentava di influenzarli e di inserirvisi anche attraverso la promozione di azioni che gli consentissero tale progetto. In altri termini egli da una parte era contrario alla lotta armata contro il potere, che riteneva velleitaria; dall’altra agiva su due strade, l’uso del terrorismo come strumento che incuteva paura e creava consenso; ma anche un uso strettamente finalizzato alla conquista, mantenimento e stabilizzazione di quelle fette di potere reale a cui De Felice tentava di accedere.
De Felice è tra gli arrestati nel blitz del 28 agosto 1980, successivo alla strage di Bologna, poi entra di nuovo nell’inchiesta contro l’area ordinovista e infine è accusato di aver fatto parte della direzione strategica del terrorismo nero – una realtà unitaria, al di là del fittizio gioco della proliferazione delle sigle – il cui progetto politico sarebbe stato alle origini della strage della stazione. Dopo lunghi anni di carcere preventivo e di detenzione domiciliare, al processo di Bologna il professore è assolto con formula piena, mentre l’accusa aveva chiesto dodici anni. Nelle ricostruzioni dei pentiti, De Felice e Aldo Semerari, il luminare della psichiatria criminale iscritto alla P2 e finito ammazzato dalla camorra, costituiscono una coppia fissa. Nella villa del criminologo, alla fine del 1977, viene fondato il gruppo che vede ai vertici, con De Felice, il responsabile di Ordine nuovo clandestino, Paolo Signorelli, espulso solo l’anno prima dal comitato centrale del Msi, lo storico braccio destro di Freda, Massimiliano Fachini, dirigente del Fronte universitario d’azione nazionale e consigliere comunale missino fino al 1973, e i leader movimentisti Sergio Calore e Aleandri.








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