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Omicidio Calore/7 - La storia di Costruiamo l'azione/1

Proseguendo lo speciale sulla figura complessa e controversa di Sergio Calore, pubblico qui la prima parte del capitolo scritto per "Guerrieri" (Immaginapoli, 2005) sulla storia di "Costruiamo l'azione", il movimento di area ordinovista in cui il pentito nero ha avuto un ruolo centrale. Essendo il volume dedicato specificamente al fenomeno della lotta armata in nero sono accentuati gli aspetti militaristici rispetto ad altre tematicheLa notte di Capodanno 1978 non è un tranquillo giorno di festa. A Monza, sono lanciate alcune molotov contro la sede della Cooperativa socialista, in via della Libertà. A Trento, è compiuto un attentato dinamitardo contro la sede di un circolo comunista. Alla pendici dell’Etna, mentre si addestrano alla confezione di un ordigno esplosivo in una baita, perdono la vita due giovani catanesi, Prospero Gallura, un elettricista di 22 anni, capo della struttura clandestina del Fronte di liberazione nazionale e lo studente diciannovenne Pierluigi Sciotto. Si costituisce subito dopo Sebastiano Flores, figlio del proprietario della villetta che finisce in galera con il padre Mario e altri militanti del Fln: Sebastiano Certo, Angelo Sicali e Giuseppe Viglianesi (anche questi ultimi due si costituiscono). Viene così allo scoperto l’ennesimo riciclaggio della rete clandestina ordinovista. I siciliani avevano fiancheggiato i Gao di Concutelli ma avevano perso i contatti dopo l’arresto nell’autunno 1976 dei leader catanesi, Chicco Rovella e Leone Di Bella, coinvolti nell’inchiesta contro la rete d’appoggio. Dopo la sua cattura i superstiti decidono di mettersi in proprio. Il Fln rilancia i discorsi sull’unità di lotta arabosicula già avviati con il Fulas, richiamando nel nome e nel foglio di lotta (Libertà) l’esperienza algerina. Il gruppo, qualche decina di militanti tra Palermo e Catania, mantiene un doppio livello organizzativo, tra iniziativa pubblica e attività illegali. Un “incidente” nell’autunno 1977 manda in galera il leader palermitano Enrico Tomaselli , dimessosi nel 1975 da segretario provinciale del Fronte della gioventù e transitato per Lotta popolare. La tragedia dell’Etna è la mazzata decisiva per le sorti del gruppo.

Ma la stessa notte – secondo un pentito – si celebra in una villa della Sabina il rito di fondazione del più ambizioso tentativo di riaggregazione ordinovista. La testimonianza diretta della serata è offerta da Stefano Soderini, all’epoca un “pischello” di Vigna Clara, amico del figlio di Paolo Signorelli, Luca, poi “infiltrato” dal “professore” in Terza posizione e infine attivo negli ultimi fuochi dei Nar: "Il professore Signorelli mi invitò alla festa di Capodanno, a casa De Felice. La festa ebbe sì carattere conviviale ma rappresentò ai miei occhi una sorta di definitiva immissione, posto che ero stato portato a contatto con persone di età e di posizione molto diversa dalla mia".
Signorelli ammette con ironia: "Certamente, c’erano uomini, donne, vecchi, giovani e bambini; e tra gli uomini c’erano professionisti, operai e contadini. In quella occasione fu probabilmente consentito a Soderini di sparare con una pistola 357 magnum di proprietà di Semerari. Ma se così fu non si trattò di un’iniziazione, del battesimo del “fuoco” come verrà sostenuto dagli inquirenti bolognesi che fingono di dimenticare che è consuetudine alla mezzanotte di Capodanno sparare".
Un vero rito, invece, era stato celebrato dieci giorni prima, sui monti di Tivoli, in occasione del solstizio d’inverno, un appuntamento sacrale per i discepoli di Evola, eredi della tradizione neopagana dei Figli del sole. Vi avevano preso parte Signorelli con il gruppo di Vigna Clara e l’intera banda di Tivoli, una trentina di persone in tutto. Dopo i sacrifici rituali – racconta Soderini – sono cantati gli inni di Ordine nuovo. Al di là dell’enfatizzazione di Soderini, soggetto assai sprovveduto intellettualmente, è stato opportunamente sottolineato da Fiasco, per la conoscenza del vissuto dei militanti della lotta armata, la necessità di
"un’analisi accurata dei passaggi iniziatici che il giovane deve compiere verso le imprese illegali dei gruppi neofascisti. E’ questa una costante che ritroviamo nelle storie di vita, quando si mette a fuoco lo stadio della militanza in cui si viene ammessi a maneggiare le armi…Quando da li a poco il giovane militante verrà ammesso nel settore militare (…) egli percepirà come l’attestazione di aver raggiunto davvero un ruolo importante, un ruolo da protagonista". In una cosa ha ragione Signorelli: l’area che in quelle settimane si aggrega intorno al nascente periodico Costruiamo l’azione (il numero 0 è stato stampato proprio a dicembre) è l’unica che mette in campo tre diverse generazioni: la vecchia guardia “golpista” e massonica dei De Felice e dei Semerari(1), uomini di potere, avvezzi a trattare alla pari con generali e magistrati; lo zoccolo duro ordinovista dei Fachini e dei Signorelli, che hanno mantenuto a lungo un piede nel Msi (entrambi sono stati eletti consiglieri comunali nel1970) e, con il leader patavino, contatti con gli apparati di sicurezza; la nuova leva dei Calore e degli Aleandri, che, in nome della purezza rivoluzionaria invocano il “fronte unico” con Autonomia operaia ma intanto frequentano le caserme dei carabinieri e la suite all’hotel Excelsior di Licio Gelli. Il giornale dedicherà grande interesse ai temi della protesta giovanile, affrontando, con un taglio concettuale e lessicale di “sinistra”, argomenti come le carceri, la qualità della vita nella metropoli, la questione meridionale. Riprendendo un’espressione di Aleandri, i magistrati consegneranno alla storia la “strategia dell’arcipelago” ovvero l’idea di una collaborazione nei fatti, di un’aggregazione intorno agli obiettivi, e non a un progetto di tipo partitico. La rete organizzativa comunque si consoliderà in due poli militari, Roma e il Veneto, dopo la perdita in blocco della Sicilia, dove i superstiti del Fln passano a Terza posizione. A promuovere l’iniziativa del giornale è, a detta di Signorelli, Sergio Calore: "Nel maggio 1977, dopo gli arresti di Pierluigi Concutelli e altri camerati avvenuti nel febbraio precedente, Sergio Calore, che potremmo definire il mio braccio destro per tutta l’area nella provincia di Roma, mi propose, insieme ad altre persone di Tivoli, di dar vita ad una nuova iniziativa politica con la pubblicazione di un giornale. Così insieme decidemmo di fondare Costruiamo l’azione. Io, poi, feci confluire nell’iniziativa altre persone con le quali, dopo molti anni, avevo riallacciato i contatti. Come Fabio De Felice, che non vedevo dal ’53, anno della sua uscita dal Msi, e come il criminologo Aldo Semerari. Nacque così questo foglio di lotta".
I due hanno un rapporto complesso. Dopo un infantile passaggio anarchico, Calore è iniziato alla milizia nel Circolo Drieu La Rochelle come allievo prediletto di Signorelli. Si iscrive alla facoltà di Sociologia e poi, per scelta politica, diventa operaio della Pirelli,. Quando il professore, trasferito a Roma, allenta la presenza a Tivoli è il successore naturale. Il sodalizio funziona alla perfezione. Il nucleo tiburtino, passato indenne per le maglie dello scioglimento d’Ordine nuovo, è la dote personale che Signorelli si gioca nell'unificazione con Avanguardia nazionale. Ma al momento dello scontro con Concutelli, Calore è pronto a tradire il maestro e si schiera con il più forte. E’ solo il primo tra tanti giri di valzer. Dopo l’arresto del “comandante Lillo”, infatti, l’operaio vola a Londra da Graziani per chiedere la luogotenenza. Il gruppo dei Castelli ha ereditato da Ordine Nuovo i rapporti con le Forze Armate, che in provincia sono rappresentate dai Carabinieri. Anni dopo Calore lo racconterà, testimoniando contro Freda, che aveva fatto sfregiare in carcere per punirlo dei rapporti con i servizi segreti, nello stesso periodo in cui stava scrivendo un libro per le edizioni di AR. Nel 1974, dopo un attentato in danno del Circolo La Rochelle, insieme a Tisei raccoglie informazioni sui presunti autori, “autonomi” tiburtini. Signorelli, messo al corrente, chiede una relazione scritta sull’inchiesta. Qualche giorno dopo arrivano a Tivoli due ufficiali dei Carabinieri: si presentano, in divisa, direttamente al bar Garden, punto di ritrovo degli ultrà neri, e, dopo aver salutato “alla nazista”, dichiarano che vengono da parte del professore e desiderano saperne di più. Calore e Tisei vedono nelle loro mani, la relazione sull’attentato:
"Dissero che dovevano fare una serie di operazioni lì nella zona, dovevano cercare informazioni relative a persone legate alle Br dell'epoca e dovevano fare una serie di controlli anche su queste persone indicate sulla `cosa. Ci dissero se volevamo partecipare, addirittura, a qualcuno di questi controlli, dicendo che loro avevano il potere, in caso di necessità, di procedere alla militarizzazione delle persone. Se ne parlò con Signorelli e lui riteneva queste persone estremamente affidabili e questo tipo di rapporto abbastanza normale...all'epoca, per quella che era la mentalità del nostro ambiente, non è che questa cosa fosse scandalosa al di là di un certo limite...nel momento in cui si parlava della possibilità di partecipare ad operazioni di tipo golpista non è che poi uno si doveva scandalizzare più di tanto se esistevano rapporti con esponenti dell'Arma".
Anni dopo Calore, si sforzerà di dare dignità politica a queste frequentazioni: "Nel 1974 si verifica una maggiore integrazione tra il politico e il militare, in quanto si parlava della possibilità che si verificasse una specie di colpo di stato. L’entrare in rapporto con persone che sviluppano altri tipi di attività … si manifesta come potenziamento delle proprie capacità. Il gollismo diventa la nostra tattica perché attraverso di esso ci si può liberare del comunismo, che è il nemico più importante.Nella seconda fase si potrà fare la rivoluzione". [Fiasco: 170]
Ammetterà Signorelli che "alcune indicazioni, come l’alleanza con l’estrema sinistra vennero mutuate dai discorsi di Freda. Ma il nostro rispetto a quello di Freda, era un linguaggio meno dottrinario, assolutamente estraneo a suggestioni evoliane, più scarno, anche violento".(1- continua)
NOTA
1) De Felice è una figura chiave dell’in­treccio tra estremismo nero, par­tito del golpe e loggia P2. Ex presidente della Giovine Italia e poi deputato missino, insegnante di storia e filo­sofia (tra i suoi allievi nel liceo di Poggio Mirteto c’è Paolo Aleandri) in pensione. A 26 anni, nel 1953 è gravemente ferito nei tumulti di Trieste e perde una gamba (sei giovani missini sono uccisi) e da allora ha bisogno della carrozzella. Aderisce nel 1965 a Nuova Repubblica, il movimento neogollista di Randolfo Pacciardi, eroe della guerra di Spagna e poi della Resistenza, l’interfaccia politica dell’ala atlantista del partito del golpe, che annovera tra le teste pensanti i fratelli De Felice. Fabio è il responsabile della rivista Politica e Strategia, strumento di penetrazione e amalgama degli ambienti militari virtualmente ancora interessati, dopo il fallimento del primo golpe Borghese, a svolte autoritarie.  E’ arrestato il 28 agosto 1980 poi nell’inchiesta contro l’area ordinovista e infine è accusato di aver fatto parte della di­rezione strategica del ter­rori­smo nero il cui progetto politico era alle origini della strage della stazione. Dopo lunghi anni di carcere preventivo e di detenzione domiciliare, al pro­cesso di Bologna è assolto con formula piena, mentre il pm aveva chiesto 12 anni di condanna.Protagonista di traffici pericolosi tra la camorra e l'eversione nera, il criminologo Aldo Semerari, massima autorità della psichiatria giudiziaria alla fine degli anni ’70, finirà attirato in un tranello e fatto decapitare da Umberto Ammaturo, com­pagno della portavoce della Nuova fami­glia, Pupetta Maresca. E’ un habitué ai riti della P2. Spregiudicato, pieno di sé, Semerari non esita a giocare a tutto campo: è il punto di riferimento obbligato per il gotha della malavita al­l’ultima spiaggia giudizia­ria: l’infermità mentale. Dichiaratamente pagano, adoratore del Sole, gran consumatore di fe­gato crudo in occa­sione dei riti del Solstizio, Semerari è ar­re­stato dopo la strage di Bo­logna, il 28 agosto 1980, come componente del vertice unitario del­l'eversione nera. In carcere ri­ceve al­tri provvedimenti re­strittivi, per un omicidio com­messo da Calore e una fuga di notizie connessa all'ucci­sione del giu­dice Amato. È scarcerato dopo otto mesi, giu­sto in tempo per assistere allo sfacelo della P2. La sua morte s’intreccia con il sequestro di Ciro Cirillo e la tratta­tiva inter­corsa su piani diversi tra Brigate rosse, Dc, camorra e servizi segreti. A costargli la vita, nel marzo 1982, è la presun­zione di essere al di sopra della guerra in corso tra Nuova camorra organizzata e clan rivali. Cade in trappola accettando un appuntamento di Umberto Ammaturo. Chiede aiuto ma il Sismi stacca la spina. Il cadavere deca­pitato con un seghetto è ritrovato a Ottaviano, il paese natale di Cutolo.

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