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6 gennaio 1981: Belsito uccide il "traditore" Perucci


L'omicidio di Luca Perucci è un caso unico nella lunga sequela di omicidi politici che hanno insanguinato l'Italia nell'arco di un trentennio. Un ragazzo, senza alcun supporto, aspetta sotto casa la vittima, lo invita a un chiarimento e poi lo fulmina con un solo colpo a bruciapelo. Hanno entrambi poco più di 18 anni.

Una persona semplice

Pasquale Belsito è molto introverso, caratteristica tipica del gruppo umano di Terza posizione alla Balduina, ispirato da Andrea Insabato [l’autore del fallito attentato al Manifesto nel dicembre 2000, ndb: un gentiluomo d'altri tempi, qui un pdf sui suoi omaggi agli avversari politici, da Cossiga a Walter Rossi] ai temi dell’ascesi mistica e della duplice guerra santa. Lo chiamano il “pastore” perché è una persona semplice, modi bruschi e scarso eloquio. È molto legato a Giorgio Vale [il responsabile del nucleo operativo di Terza Posizione che traghetterà i giovanissimi miliziani del gruppo nei Nar e morirà in circostanze controverse, ndb]: sono due soldati disciplinati dalla forte attitudine all’azione ma che hanno mantenuto un legame affettivo con Tp nonostante lo strappo del caso Mangiameli [uno dei leader ucciso nel settembre 1980 dai fratelli Fioravanti in un appuntamento trappola, ndb].

Così quando Giorgio si procura i verbali d’accusa di Luca Perucci [uno dei testi di accusa nell’inchiesta contro Tp avviata dopo la strage di Bologna, ndb] la conclusione è semplice. Lui conosce molto bene quel capocuib che ha guidato la rivolta dei quadri contro il capozona Fabrizio Mottironi, considerato troppo intellettuale, ottenendo che il “duro” Dario Mariani lo sostituisse al vertice del Comitato rivoluzionario quartiere Trieste. E ora è diventato un “infame”. 

Una missione solitaria

A Belsito sulla faccenda è venuto un unico pensiero, che si toglie il pomeriggio del 6 gennaio 1981. Lo aspetta sotto casa, nella stessa strada, via Lucrino, dove abita la sua ragazza, Serena Di Pisa. Gli va incontro e mentre lo zio di Perucci si avvia verso l’auto gli chiede un attimo di attenzione. Girato l’angolo di via Foglia lo uccide con una sola pistolettata alla fronte. I familiari lo trovano riverso, tra una vettura in sosta e il marciapiede: muore poco dopo in ospedale. Il segretario della sezione missina si precipita in ospedale e dichiara: Perucci è un iscritto al Fdg. Convinto che le acque si fossero calmate, con Tp allo sbando per gli arresti, aveva ripreso la militanza. I Nar telefonano: Abbiamo chiuso per sempre la bocca al delatore Luca Perucci.

La rivendicazione

La rivendicazione scritta arriverà solo nove mesi dopo: Il 6 gennaio abbiamo giustiziato l’infame delatore Luca Perucci che aveva permesso l’attacco della magistratura bolognese contro le formazioni rivoluzionarie
Il giustiziere solitario fugge in autobus, trova rifugio ad Anguillara da un amico, (…) a cui vende la 38 special usata. Così rimedia i soldi per il passaporto e il biglietto per la Svizzera, dove va con Stefano Soderini [un altro dei pischelli di Tp transitato nei Nar e poi finito ‘pentito’, ndb]. Per un militante negli ultimi fuochi dei Nar Belsito è il classico esempio di chi prende un discorso sul serio e lo estremizza.

Non è il cattivo ma è uno che non si tira indietro. Guerriero solare – come lo ha definito un suo capo – lo è in un senso particolare: mentre gli altri predicano certe cose lui è stato l’unico ad avere le palle di farle subito a 18 anni. È solo questione di coerenza: lui è il militante impegnato nella grande guerra santa, Perucci è un delatore, che ha colpito l’organizzazione e va giustiziato. È un assioma che rientra perfettamente e coerentemente nella logica dichiarata del gruppo di cui faceva parte. Che poi il movimento non gli avrebbe mai detto di fare una cosa del genere è un altro discorso.

Perucci, un ex di Lotta continua

Luca Perucci da ragazzino aveva militato per poco in Lotta continua e perciò si tenterà di accreditarlo come la “gola profonda” di Valerio Verbano [un militante dell’Autonomia ucciso a casa al rientro da scuola dopo che il commando aveva tenuto in ostaggio per un’ora madre e padre, ndb]. Nel marzo 1979 è arrestato per porto di martello durante un volantinaggio. Nel marzo 1980 è fermato a piazza Medaglie d’oro nel corso di scontri tra Tp e gli autonomi. Poco dopo subisce un attentato incendiario a casa. Il giorno dopo l’agguato al “Giulio Cesare” [in cui nel maggio 1980 viene ucciso un poliziotto ‘Serpico’, ndb] cerca di disturbare il corteo di protesta. Fermato dopo la strage di Bologna, le sue ammissioni portano all’arresto di Luca De Orazi [un giovanissimo camerata di Bologna trasferitosi a Roma per svolgere attività illegali, ndb], che confessa alcune rapine. Accusa Dario Mariani di averlo invitato a fornirsi di alibi per la rapina compiuta dalla banda Fioravanti al garage sotto casa sua, a metà luglio…

Fonte: umt, Guerrieri

Belsito story

Il problema della cronaca sui fatti di "terrorismo" è che si appiattisce sugli episodi macroscopici e rischia di perdere la trama del vissuto. Nel caso di Belsito due pezzi di storia propriamente militare: i sei mesi in Libano nell'estate-autunno 1980, i due anni in Croazia, durante la guerra civile, dove raggiunge il grado di colonnello dell'esercito (è un combattente nato) ma poi se ne va ...



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