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20 luglio 1978: bomba "nera" alla prefettura di Roma

Un ordigno ad alto potenziale, tre chili di gelatina, è stato fatto esplodere ieri notte dopo le 4 davanti al portone di palazzo Valentini, l'edificio del '500 a due passi da piazza Venezia, che ospita il Consiglio provinciale di Roma e la Prefettura. Nessuna vittima per puro caso, ma danni ingenti: scardinata un'anta del massiccio portone. Crollata parte degli infissi, colpite auto in sosta, vetri in frantumi in diciannove edifici circostanti: danneggiato anche l'appartamento del prefetto, al primo piano del palazzo. 
Gli attentatori - che non hanno ancora rivendicato il gesto — hanno piazzato la bomba con la miccia già incandescente e se ne sono andati, attraversando strade e piazze deserte. del tutto indisturbati.
Dopo l'esplosione è uscito dall'ingresso di palazzo Valentini, barcollando e attraversando un tappeto di rovine l'appuntato di polizia che si trovava in una guardiola nell'atrio dell'edificio. Il sottufficiale. Mario Ciammasi se l'è cavata con alcune escoriazioni alla fronte e a un gomito. Al momento dello scoppio si trovava all'interno da solo. Non ha visto nulla.
Quello di  ieri è il settimo attentato dinamitardo in poco più di un mese a Roma. Sono stati presi di mira l'edificio dell'ACEA (la azienda comunale per l'elettricità e l'acqua), l'autoparco del Comune, la Centrale del latte, una sede della SIP. un centro comunale di assistenza agli handicappati e un edificio che ospita
l'assessorato capitolino al patrimonio. Nella maggior parte di questi casi gli atti terroristici sono stati poi rivendicati da organizzazioni eversive di destra. Per l'attentato alla SIP è stato anche arrestato un noto squadrista romano Emanuele Macchi. 
Fin qui la cronaca dell'Unità. La bomba a Palazzo Valentini completa una campagna do 4 attentati, dagli effetti devastanti ma a basso rischio e danno umano, compiuta dal Mpr, braccio armato di Costruiamo l'azione. Manca nell'elenco il primo attentato il 20 maggio, al ministero di Giustizia. A seguire l'autoparco comunale il 15 giugno e la Sip il 20 giugno. In questa occasione era stata usata la moto di Lele Macchi ma il leader della banda fu poi scarcerato: per i postumi di un incidente precedente non poteva guidare o andare in moto.

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