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Mafia capitale, un esercizio zen: se nessuno si accorge che l'amico di Brugia è un dissociato dei Nar ...



Ma se nessuno sente il rumore dell'albero che cade nella foresta, l'albero è caduto? Questo classico koan (il dubbio irresolvibile che apre la mente nella pratica zen) può essere applicato, con giusta ragione, all'inchiesta Mafia Capitale. Nei giorni scorsi, tra i tanti rivoli investigativi o semplicemente informativi, sapientemente alimentati dalla divulgazione pilotata delle migliaia di pagine di intercettazioni, ci siamo occupati, come tanti altri, della presunta tresca tra la direttrice del carcere di Frosinone e il semidetenuto Luigi Ciavardini, feriti nell'onore da un pettegolezzo infondato. A insinuare un legame illecito, due vecchi amici, un po' maligni, dell'ex combattente dei Nar: Riccardo Brugia, arrestato come braccio destro di Carminati, e "l'imprenditore Mario Zurlo". Bene, in queste settimane c'è chi si è impegnato a scalare mari e monti per dimostrare l'impossibile di antichi legami maturati ben più tardi degli anni di piombo ma nessuno si è accorto che Brugia e Zurlo invece erano camerati di vecchia data. Talmente legati che la sentenza della Corte di Assise per il processo Nar 2 ne accomuna la posizione come partecipanti alla banda armata. In effetti avevano gli stessi compiti: fiancheggiatori che forniscono supporto logistico (ospitalità, documenti falsi) per poi, a un certo punto, entrare nel circo delle rapine...
Ma se nessuno se ne accorge, Mario Zurlo resta un ex terrorista dei Nar (è stato infatti condannato a 8 anni in primo grado, pena ridotta in appello a 5 anni e 4 mesi per i benefici della dissociazione) o no?

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