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8 marzo:nessuno ricorda le "marocchinate", le vittime dei goumiers in Ciociaria

(G.p) Oggi 8 marzo ricorre la festa della donna, ma sono ancora tante le vittime del sesso considerato “debole” dimenticate e lasciate morire senza giustizia. L'8 marzo non sono le mimose, non è esibizionismo, non è strumentalizzazione, non è moda. Dovrebbe essere semplicemente silenzio. E ricordo.
Il ricordo, per esempio, di una delle pagine più buie della seconda guerra mondiale, che nessuno ha pensato bene di inserire nelle pagine dei libri di storia: la dolorosa vicenda delle migliaia di donne italiane uccise dalle truppe marocchine del contingente francese della V Armata Americana. Le cosiddette "marocchinate".
Un termine orrendo, usato per indicare le donne, che durante la seconda guerra mondiale, in Italia, subirono la violenza degli stupri da parte dei vincitori, i cosiddetti "buoni e liberatori".
A ricordare quelle donne non sono state le Istituzioni, perché non è mai stata dedicata loro alcuna giornata della memoria o del ricordo. Ci ha pensato solo l’ex senatore Ferdinando Signorelli, che ha scritto una lettera, pubblicata su “Tuscia web”.

“La vergognosa inerzia dello Stato sulle marocchinate”, esordisce così Signorelli.
“E’ stata richiesta l’istituzione della memoria delle ‘marocchinate’ e la locuzione di ‘crimine contro l’umanità’, senza alcun risultato. Come pure sono stati interessati i vari governi per conoscere la sorte toccata alle 60 mila pratiche presentate dalle donne violentate per l’accertamento finalizzato al loro riconoscimento di vittime civili di guerra, ma senza nessun apprezzabile riscontro da parte della burocrazia, nelle cui agghiaccianti voragini si sono lasciate spegnere le speranze di un riscatto”

Ma cosa successe davvero quel giorno?

“Nei giorni che seguirono la caduta di Esperia, avvenuta il 17 maggio 1943, 7000 ‘goumiers’ marocchini devastarono, rubarono, razziarono, uccisero e violentarono circa 3500 donne, di età compresa tra gli 8 e gli 85 anni. Vennero sodomizzati circa 800 uomini, tra cui alcuni ragazzi e anche un sacerdote, don Alberto Terrilli, parroco di Santa Maria di Esperia, che morì due giorni dopo a causa delle sevizie. E molti uomini che tentarono di proteggere le loro donne vennero impalati”.
In una relazione degli anni Cinquanta si legge poi che “su 2mila donne oltraggiate, il 20 per cento fu riscontrato affetto da sifilide, il 90 per cento da blenorragia; molti i figli nati dalle unioni forzose. Il 40 per cento degli uomini risultarono contagiati dalle mogli. Senza contare la distruzione dell’80 per cento dei fabbricati, la sottrazione di gioielli, abiti, denaro e del 90 per cento del bestiame”.
“E, cosa ancora più triste – conclude Signorelli- le truppe omicide furono fatte sfilare, come “marcia premiale” il 4 giugno 1944 a Roma, in via dei Fori Imperiali.

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