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La Cassazione conferma: il saluto romano al Presente non è reato

  Non è reato il saluto romano quando ha intento commemorativo perché può essere considerato una libera "manifestazione del pensiero" e non un attentato concreto alla tenuta dell'ordine democratico.  La Cassazione ha così definitivamente assolto Marco Clemente e Matteo Ardolino, due militanti milanesi di CasaPound (il primo oggi è vicepresidente nazionale), che durante la commemorazione dei tre caduti del 29 aprile 2014 , rispondendo alla "chiamata del presente" avevano alzato il braccio destro facendo il saluto fascista. erano stati perciò accusati "concorso in manifestazione fascista", in base all'articolo 5 della legge Scelba. La Cassazione ha respinto il ricorso del pg di Milano, confermando le decisioni del gup e della Corte d'appello di Milano del 21 settembre 2016. La legge non punisce "tutte le manifestazioni usuali del disciolto partito fascista, ma solo quelle che possono determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste", e i gesti e le espressioni "idonei a provocare adesioni e consensi". Il saluto romano fatto dagli imputati non è stato ritenuto tale. I giudici di merito hanno ritenuto puramente commemorativa la natura corteo, organizzato in onore di Bersani, Ramelli e Pedenovi, senza "alcun intento restaurativo del regime fascista". La manifestazione - come contestava invece il pg di Milano - era stata regolarmente autorizzata dalla questura, ma nei giorni precedenti gli organizzatori erano stati diffidati dall'utilizzare simboli come le croci celtiche.
Nonostante l'inosservanza del divieto, si era scelto di far proseguire il corteo solo per ragioni di ordine pubblico. Anche se erano stati ostentati simboli proibiti, i giudici hanno escluso che la manifestazione potesse suggestionare e indurre "sentimenti nostalgici in cui ravvisare un serio pericolo di riorganizzazione del partito fascista". La Cassazione ha fatto degli esempi in cui al contrario vanno ravvisati gli estremi del reato di manifestazione fascista: è il caso di chi intona "all'armi siamo fascisti", considerato una professione di fede e un incitamento alla violenza, o di chi compie il saluto romano armato di manganello durante un comizio elettorale. 
La Suprema Corte ricorda inoltre, un precedente identico, riguardante i coimputati dei due manifestanti. In quell'occasione la stessa Cassazione aveva sottolineato che il reato previsto dalla legge Scelba "è reato in pericolo concreto, che non sanziona le manifestazioni del pensiero e dell'ideologia fascista in s
é, attesa le libertà garantite dall'articolo 21 della Costituzione, ma soltanto ove le stesse possano determinare il pericolo di ricostituzione di organizzazioni fasciste, in relazione al momento ed all'ambiente in cui sono compiute, attentando concretamente alla tenuta dell'ordine democratico e dei valori ad esso sottesi". 

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