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Strage di Brescia: la condanna di Maggi e un ricordo di Maurizio Murelli

La Cassazione ha confermato le condanne all'ergastolo per i neofascisti Carlo Maria Maggi, medico veneziano e reggente regionale della componente di Ordine nuovo rientrata nel Msi, e Maurizio Tramonte, informatore dei servizi segreti, accusati per la strage di piazza della Loggia avvenuta a Brescia il 28 maggio 1974. Il verdetto conferma la sentenza emessa in Corte d'assise d'appello di Milano il 22 luglio 2014, nel processo d'appello bis. Il pg della Suprema Corte aveva chiesto la conferma del carcere a vita ricordando i depistaggi delle indagini e dicendo che per il popolo italiano "è arrivata l'ora della verità" su questa vicenda "che ha inciso il tessuto democratico". E' la prima condanna definitiva per la stagione delle "stragi fasciste" (1969-1974) visto che l'ultimo processo per piazza Fontana si è concluso con la prescrizione per il fabbricante dell'ordigno, Carlo Digilio, e quello per l'Italicus con l'assoluzione degli imputati.

Murelli: così mi ricordo di Carlo Maria Maggi
Il ricordo che ho di Carlo Maria Maggi. Ero detenuto nel carcere di Saluzzo, primi anni '80. Un detenuto politico della mia stessa area riuscì a far venire in carcere come proprio medico di fiducia, per una visita specialistica, Carlo Maria che era un primario quotato di non ricordo quale ospedale di Venezia. Per il carcere si sparse la voce che c'era uno specialista in medicina, un luminare. In breve, presso l'infermeria si creò una fila di oltre una cinquantina di detenuti che si fecero visitare. Ce n'erano di tutti i tipi: camorristi, criminali comuni, un brigatista e diversi nappisti... Pazientemente tutti furono visitati, tutti, senza alcun discrimine. E siccome un giorno non bastò, si fermò anche la mattina dopo. Questo è Carlo Maria Maggi. Lo vidi solo quella volta e poi mai più. Ma mi bastò la mezz'oretta trascorsa con lui in infermeria per "pesare" l'uomo. Un "aristocratico" (non per blasone ma quanto meno nello spirito) veneziano, disponibile, solare. Ora lo hanno trascinato nel fango. Ha oggi 83 anni e avrà l'amarezza di "andare oltre" con sulle spalle l'ignominia di essere il mandante di una strage solo per soddisfare teoremi ideologici che tutto hanno cercato fuorché la verità. Per arrivare a questa "verità" la Procura ha esibito documenti cartacei poi digitalizzati che vanno ben oltre il milione di fogli: una nebbia cartacea che solo chi è stipendiato dallo stato può permettersi il lusso di vagliare, non certo un qualsiasi studio legale. Da quel che si sa della tesi del procuratore della Cassazione (poi leggeremo il dispositivo) l'accusa si basa sul nulla pneumatico, teoremi spompi messi in circolo dalle componenti ideologiche. Oggi, in questa repubblica, la "prova giudiziaria" è solo un optional per i potenti. Oggi i media gongolano e parlano di "ora della verità". Nessuno che si prende il lusso di una inchiesta indipendente. La carriera è carriera...

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