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Salvini «in cantiere» per un nuovo partito


(G.p)Per il felpato Matteo Salvini, leader della Lega Nord per l'indipendenza della Padania ed aspirante leader dell'italico centro destra nell'eventualità di primarie di coalizione sono giorni davvero difficili. I risultati elettorali, da Nord a Sud hanno ridimensionato la Lega e la sua costola centro meridionale Noi con Salvini, per cui gli slogan ad effetto e la ruspa non bastano più. Sarebbe giunta l'ora di costruire qualcosa di altro ed alto, come ci racconta il collega Antonio Rapisarda, con un interessante articolo, pubblicato su Il Tempo, storico quotidiano romano.
Articolo che pubblichiamo per intero.



La ruspa non basta più. È giunto il momento di costruire. Lo ripete sempre più spesso Matteo Salvini, a maggior ragione dopo il risultato altalenante di domenica. Del resto già al primo turno, con il risultato di Roma che aveva dimostrato plasticamente a suo avviso l’endorsement sbagliato di Berlusconi nei confronti di Marchini, il leader della Lega aveva già annunciato l’appuntamento del 25 giugno come una data «di costruzione» del raggruppamento che dovrà lanciare la sfida a Renzi. Da Parma, con «Il Cantiere: il Futuro in costruzione», allora partirà sì il processo per candidarsi alla guida del Paese, come ha già tracciato lui stesso nella biografia Secondo Matteo; solo che, come anticipa il vicepresidente di Noi con Salvini Raffaele Volpi a Il Tempo, «Salvini in questo momento vuole solo rimettere la palla al centro. Facciamo come all’oratorio: le squadre scendono in campo, vediamo che tipo di formazione scegliamo, che schema. Non è una provocazione, non è un incontro esclusivo. Aspettiamo anche gli altri». Se il pasticcio di Roma, in casa Carroccio, ha fatto emergere una consapevolezza – ossia che Berlusconi ha perso un’occasione per essere il padre nobile – dall’altra il mancato sfondamento del Carroccio a Milano e la faticosa discesa al Sud alimentano la necessità di un «tagliando», di un passaggio con la realtà sociale, per la Lega e per tutta la coalizione. Il punto quindi, spiega Volpi, «non è adesso la leadership. Ciò che vogliamo proporre è uno spazio di confronto. Perché è evidente che occorre immaginare qualcosa di diverso dal centrodestra degli ultimi vent’anni». Ecco perché al «Cantiere» saranno i politici gli spettatori, mentre il palcoscenico sarà occupato da economisti, professori e rappresentanti della società civile non proprio in linea con l’agenda di Bruxelles. E pure questa «formula» rientra in un modello di proposta politica: che non è, come tutti immaginano, il Front National «ma il Rassemblement blue Marine, nato per coinvolgere gli attori sociali». Dal modello «nazionalista» francese si intende prendere, poi, il contrappeso delle identità regionali come mezzo per individuare un nuovo programma. L’idea, dunque, non è quella di celebrare investiture ma quella di rovesciare la piramide e irrobustire quel «populismo patrimoniale» che deve diventare «dopo i ballottaggi proposta di governo», come chiarisce Volpi. Per questo motivo quella del 25 è solo «l’apertura del cantiere che sarà aperto fino all’autunno». Una risposta esplicita all’invito di Giovanni Toti (che, si dice, dovrebbe essere presente a Parma), una delle anime dell’asse del Nord, a organizzare insieme gli Stati generali del centrodestra. «Il Cantiere può essere un inizio. Anche perché è giusto che vadano recuperate delle situazioni: a partire da Raffaele Fitto che in Europa ha fatto una scelta chiara abbandonando il Ppe». Ovviamente c’è uno step da rispettare: quello di FI e del recupero post-operatorio di Berlusconi. «Non vorrei che c’è chi leggesse questo evento con "o ci siete oggi o non ci sarete mai più" – continua il big leghista - È chiaro che qualcuno non ci potrà essere, come è chiaro che qualcun altro starà riflettendo. Noi diciamo che apriamo la porta del capannone, cominciamo a spazzare per terra e mettere i banconi dove si lavora». Se è vero che tra gli azzurri questo momento vi è un fermo inevitabile, ossia che nessuno voglia fare qualcosa contro Berlusconi, è altrettanto vero però che «qualcuno lì dentro ha voglia di ritornare allo spirito del ’94. Più che asse del Nord mi sembra un’asse della saggezza su dei principi di riorganizzazione che non ci sono più da diverso tempo». E Parma si trova fatalmente proprio nella direttrice di quest’asse. Se non è un crocevia, poco ci manca

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