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E alla fine la sinistra deve pure ringraziare la diga Grillo che ha incanalato l'ondata antisistema

(umt) Per la prima volta nella storia repubblicana le elezioni politiche si concludono senza una maggioranza omogenea. Il combinato disposto tra un'ondata clamorosa di protesta e una demenziale legge elettorale consegna una maggioranza ampia al centrosinistra alla Camera e il totale stallo al Senato. Lo stesso recupero del centrodestra che è inatteso nelle proporzioni e consente di far velo sulle gravissime perdite subite (un terzo dei voti dal 2008) va letto proprio nel quadro di uno scenario in cui l'alternativa era fissata tra centrosinistra autonomo e ruolo determinante di Monti al Senato. Così Berlusconi, che è uno straordinario animale da campagna elettorale, ha potuto sfoderare alcuni dei numeri migliori del suo repertorio demagogico e piacione sapendo perfettamente che non sarebbe stato mai chiamato a dover gestire la restituzione dell'Imu. 
Il dato politico da cui deve partire ogni analisi è per me chiarissimo: quasi  metà degli elettori (una buona quota del 30% del centrodestra e il 25% grillino) ha espresso un voto di radicale contestazione e rottura con le ossessioni europeiste del tecnocrate Monti e di un centrosinistra subalterno che della matrice veterocomunista conserva sicuramente il rispetto paranoico delle compatibilità del sistema. Ampi strati sociali dissanguati dalla pressione fiscale e dal primato dei conti in ordine rispetto alle esigenze di politiche di rilancio hanno lanciato così un messaggio chiarissimo. E a questo punto toccherà veramente ringraziare (o maledire, a seconda delle appartenenze) Grillo se lo tsunami antipartitocratico e antifiscale non si è sedimentato in un massiccio spostamento a destra dell'elettorato, che è il normale effetto delle crisi economiche più violente. Pericolo da lui evocato con il richiamo ad Alba dorata: il problema è che noi oggi abbiamo, a differenza della Grecia, una maggioranza di elettori che ha votato apertamente contro i diktat tedeschi. E seppure è evidente che il fenomeno Cinque stelle ha una struttura di destra, è altrettanto chiaro che molti punti programmatici sono cari all'elettore medio di sinistra. Comunque mai, come in questo caso, la rappresentanza parlamentare che, ad esempio, assicura per la terza volta la possibilità di eleggere un presidente senza i voti di centrodestra (continua la sfiga berlusconiana nel ciclo delle elezioni quirinalizie, sempre coincise con i successi del centrosinistra), non rispecchia la realtà del Paese profondo. 
Dai massimi sistemi passiamo alle pinzillacchere, che poi sono il core business di questo blog. C'è dell'ironia nel fatto che nel momento in cui un quarto dell'elettorato (in prevalenza ma non esclusivamente di sinistra) si libera da lacci e lacciuoli di appartenenze e di apparati la sinistra radicale, che si è volontariamente messa sotto la cappella protettiva della frazione più radicale del "partito dei giudici", letteralmente scompaia. E non fa certo onore al padre putativo di "Rivoluzione civile", il sindaco di Napoli Luigi de Magistris, prendere le distanze dal sodale Ingroia e scappare dalla nave affondata, rifugiandosi nel regno dei sogni. 
Alle sue dimensioni di scala risulta non pervenuta  la presenza non solo dei gruppi radicali (Forza Nuova, Fiamma e CasaPound) ma anche della stessa Destra di Storace che pure ha goduto del traino delle Regionali del Lazio, di un discreto afflusso di quadri pidiellini e di significative risorse finanziarie. In quattro arrivano a 1.2 cioè meno del risultato di Fiamma e Alternativa sociale nel 2006, quando Storace e i suoi erano ancora in Alleanza nazionale. Cantano invece vittoria i tanti fascisti che, come Staiti, hanno deciso di puntare sulla carica antisistema di Grillo. Un'ultima notazione di colore. Nel parlamento delle donne e degli uomini nuovi c'è ancora traccia di reduci dall'antica militanza rivoluzionaria nelle forme che si erano date nel secolo breve e che oggi appaiono in tutta la loro evidenza di natura archeologica: il tippino Vincenzo Piso (eletto nel Lazio dal Pdl), il leoncavallino Daniele Farina (candidato da Sel in Lombardia).

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