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Dalla casa di Montecarlo al buco nel tesoretto di Alleanza nazionale

di Giuseppe Parente
Sono passati oltre due anni da quando una denuncia presentata da 2 consiglieri comu-nali del movimento de la Destra di Storace ha reso noti i contenuti del testamento di una contessa romana, Anna Maria Colleoni, che nominava come unico erede l’allora segretario nazionale di Alleanza Nazionale, Gianfranco Fini, in virtù del quale tutti i beni della nobildonna veniva lasciati al partito, nella persona del segretario nazionale, per condurre con maggior forza, la buona e giusta battaglia.

Tra i beni lasciati dalla contessa al partito, spiccava un appartamento di 75 metri qua-dri, con terrazzo sito al numero 14 di Boulevard Princess Charlotte, finito non si sa ancora come, nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta nuova compagna del presidente Fini.
Con una determinazione davvero forte, accompagnata da una curiosità quasi morbo-sa, i giornalisti dei quotidiani Libero ed il Giornale hanno informato l’opinione pub-blica che nel biennio 2008-2009 sono iniziati i lavori di ristrutturazione della casa. Commissionati da una società off shore, e che duranti i lavori, sono stati visti a Mo-naco, da alcuni inquilini del palazzo, il presidente Fini con la compagna Tulliani.
L’inchiesta  relativa alla casa di Montecarlo ha appassionato gli italiani nel corso dell’estate di due anni fa, per la quale sono stati indagati per truffa il senatore napole-tano Francesco Pontone  ed il presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini, in qualità rispettivamente di ex amministratore ed ex presidente della fondazione Al-leanza Nazionale.
Nulla interessa al tribunale di Roma che il prezzo cui è stato venduto l’appartamento di Montecarlo fosse al di sotto di quello di mercato e neppure a chi sia stato realmen-te venduto, anche se i sospetti convergono su Giancarlo Tulliani, cognato di Fini.
Per il giudice per le indagini preliminari, qualsiasi partito altro non è che una associazione non riconosciuta la cui amministrazione patrimoniale è affidata al presidente ed al segretario amministrativo, quindi non ci sarebbe stato alcun raggiro e nessun reato.
Negli ultimi giorni il patrimonio di quella che fu Alleanza Nazionale torna ad essere oggetto di indagini da parte, questa volta, degli ispettori incaricati dal Tribunale civile di esaminare i movimenti della fondazione destinataria del patrimonio del disciolto partito.
La vicenda del tesoretto di 26 milioni di euro scomparsi dalla Fondazione di Alleanza Nazionale, nata nell’aprile del 2009 dopo l’ultimo congresso di An nel corso del qua-le si decise di far confluire l’eredità post missina nel Popolo delle libertà si addensano tante nubi.
Lo scenario è quello di un duello, senza esclusioni di colpi, tra ex alleati nazionali convertiti al berlusconismo della seconda maniera e futuristi rimasti fedeli al presi-dente Fini, per il controllo di un patrimonio stimato  tra beni mobili, immobili e liqui-di in circa 400 milioni di euro.
I mesi scorsi sono stati caratterizzate da denuncie di appropriazione indebita e addirit-tura di furti di reliquie come ha denunciato l’onorevole Roberto Menia alla fine del 2011, lamentando la sottrazione di alcuni beni custoditi nella storica sede missina di Trieste.
Simone Manfredi e Giuseppe Tepedino, nominati commissari liquidatori dal giudice che, di fatto, ha commissariato il tesoretto di Alleanza Nazionale, hanno confrontato il patrimonio netto contabile dell’associazione al 22 marzo 2009 con quello al 18 no-vembre dimostrando come l’associazione Alleanza Nazionale sia stata gestita con cri-teri di continuità e non di liquidazione.
La differenza tra i due valori, risulta essere negativa per circa 26 milioni di euro, a conferma che nel lasso temporale l’associazione ha continuato ad essere gestita come prima delle determinazioni congressuali, con i relativi oneri che hanno determinato la riduzione del patrimonio netto dell’associazione stessa.
Fra le altre cose viene citata dai liquidatori la nota di uno studio legale attraverso la quale si raccomanda l’associazione di inserire nei bilanci del 2011 la cessione dei ti-toli derivanti dall’eredità Colleoni, la defunta contessa che aveva nominato come ere-de l’ultimo segretario di Alleanza Nazionale affidandogli i suoi beni per condurre la buona battaglia, nonostante la cessione fosse avvenuta un anno e mezzo prima.
Nel capitolo relativo alle spese legali si accenna anche ad un atto di pignoramento a carico di un immobile di proprietà del sindaco di Roma,Gianni Alemanno effettuato dall’ex collaboratrice della federazione romana di An Patrizia Cancelli, poi un contri-buto di un milione di euro al Pdl in occasione delle ultime elezioni regionali al quale si aggiunge un prestito di 3,7 milioni, e soprattutto il trasferimento dall’Associazione An in liquidazione alla Fondazione An della somma di 55 milioni di euro, provenien-te dai fondi elettorali che potrebbe rappresentare un pregiudizio per i creditori della liquidazione stessa.
Gli ex An rimasti fedeli al popolo delle libertà ed al suo leader Berlusconi, hanno presentato una memoria alla corte di appello di Roma, con la quale contestano il lavo-ro svolto dagli ispettori, a cominciare dalla destinazione dei 26 milioni di euro che sa-rebbe chiara e limpida come l’acqua.
Circa il potenziale pregiudizio dei creditori, gli ex an affermano che i creditori posso-no dormire sogni davvero tranquilli in quanto l’importo depositato sui conti correnti dell’associazione è pari a quasi 12 milioni di euro a fronte di un monte crediti stimato dagli ispettori in un milione e mezzo di euro.

2 commenti:

  1. La prima che parlò dell'eredità Colleoniu, fu Ercolina Milanesi, nel 2000.
    Trovate quel testo. E' una vera profezia di ciò che successe dopo.
    A proposito: cosa ne sembra del libro di Tremonti?
    Ciao
    Lello

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  2. Ecco il link:
    http://groups.google.com/group/it.cultura.antagonista/browse_thread/thread/4cb97f753e282c59/dd3de68310de145c?hl=it&ie=UTF-8&oe=UTF-8&q=%22eredità+colleoni

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