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Guerriglia a Roma. Bonini: i servizi avevano lanciato l'allarme

(umt) Il Viminale sapeva che ieri sarebbe stata una battaglia campale. A lanciare l'allarme sono stati i nostri servizi di sicurezza che, alla vigilia, avevano prodotto una dettagliata analisi delle tendenze del movimento antagonista. Un significativo stralcio è riportato nell'articolo di Carlo Bonini che, dalle colonne di Repubblica, fa, ovviamente, il paio con quello di Bianconi sulla responsabilità delle frange radicali dell'antagonismo sulla guerriglia urbana di ieri. 
 "La mobilitazione del 15 - si legge - segna un punto di non ritorno e lo snodo per le future dinamiche contestative". Il 15 ottobre doveva essere ed è stato uno spartiacque. 
Per chi? "Dire genericamente centri sociali o antagonisti è un errore - spiega un alto dirigente della nostra Antiterrorismo - Non aiuta la comprensione. Chi ha colpito a Roma, lo aveva pianificato. È una frangia di sofferenza sociale e politica assolutamente minoritaria che non ha neppure una parvenza di struttura organizzativa che non sia un servizio di messaggistica su blackberry o I-phone. Che indubbiamente gravita intorno ad alcuni luoghi. Alcuni centri sociali. Non tutti. Che nulla ha a che vedere né con la sinistra politica, né con quella radicale. Che non ha nella sinistra politica e radicale i suoi "cattivi maestri". Ma proprio qui sta la loro pericolosità. Sono isolati. Non hanno altro progetto che non sia la manifestazione nichilista del loro odio. Annidano il germe di una possibile nuova stagione di violenza di stampo brigatista. E in questo contesto cercano di saldarsi con un disagio sociale che ormai abbraccia fette sempre più consistenti del Paese. A cominciare dagli studenti e gli operai".
Anche Bonini offre una mappa abbastanza articolata dei protagonisti degli scontri 
- Racconta chi non si è girato dall'altra parte - e ora raccomanda Iddio di non essere citato con nome e cognome - di aver riconosciuto tra i "neri" i torinesi di "Askatasuna", i "Carc" di Rovereto, i padovani di "Gramigna". Qualcuno assicura di aver intravisto facce note dei romani di "Acrobax". Qualche ultras della Roma e del Cosenza. Addirittura operai di Pomigliano, "o almeno così dicevano di essere". Già, "i neri". Ma chi sono, davvero? Chi sono i 500, i 1000, i 1.500 (i numeri sono e resteranno ballerini) che, in un solo pomeriggio, si sono presi una piazza che non è la loro e un movimento che grida di non volerli?
A questo punto però tocca domandarsi il senso della scelta scellerata del Viminale di lasciare campo libero alle frange violente, mantenendo le truppe in posizione di interdizione fino alla battaglia finale di San Giovanni, quando i facinorosi avevano aumentato la massa, calamitando singoli soggetti e piccoli gruppi. Determinando proprio quella saldatura denunciata come pericolo nell'analisi dell'Antiterrorismo. Questo il racconto di Valerio Gualerzi, sempre per "La Repubblica":
Tutto inizia poco prima delle 15 verso la fine di viale Cavour mentre la giornata sembra procedere in maniera pacifica. Arrivano alla spicciolata, prima sfondano la vetrina di un supermercato, poi incendiano un'auto, poi un'altra e in mezzo spaccano vetri e pompe di benzina. Il camion dei Cobas gli cammina appena dietro e cerca di fermarli. Quelli che di solito vengono dipinti come duri e puri stavolta fanno la parte dei moderati, ma è inutile. Le devastazioni vanno avanti e di forze dell'ordine non c'è traccia. Gli agenti sono asserragliati lungo le traverse laterali per impedire al corteo di deviare verso il centro storico e "politico" della città, ma sul percorso principale non si affacciano neppure. Su via dei Fori Imperiali i "neri" si compattano e marciano con passo marziale. Il corteo cerca di isolarli, partono fischi e urla, ma non serve a nulla. Hanno tutti il volto coperto e impugnano mazze e manici di piccone malamente mascherati da aste di bandiera con piccoli drappi neri. Basta guardarli per capirne le intenzioni, ma anche lungo questo cruciale tratto del percorso non c'è traccia di forze dell'ordine. Un invito a nozze, che gli incappucciati non si lasciano scappare assaltando tutto ciò che trovano lungo la loro strada: prima un residence, poi la sede di un'agenzia per il lavoro interinale, poi alcuni uffici del ministero della Difesa e della Guardia di Finanza. Qui riescono anche a sfondare i vetri e ad appiccare il fuoco all'interno degli uffici fino a provocare il crollo del tetto. Dal Colosseo a piazza San Giovanni, passando per via Labicana e viale Manzoni, fanno assolutamente quello che vogliono: incendiano, spaccano, lanciano bombe carta, terrorizzano chi cerca di fotografarli o riprenderli. L'impressione è che tanta "audacia" impunita faccia da calamita a tutti i violenti potenziali presenti all'interno del corteo, facendo ingrossare le loro fila.

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