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L'ultimo saluto a Cico De Palma

Non c'erano soltanto le diverse generazioni di militanti fascisti che hanno accompagnato il percorso politico di Cico De Palma a celebrarne stamattina il rito funebre nel maneggio di Montagna spaccata. Ma anche uomini e donne della buona borghesia napoletana che con lui condividevano l'altra passione della vita: l'equitazione. E non deve suonare bizzarro che uno dei momenti di più alta emozione sia stato il saluto del suo cavallo alla bara, avvolta in una bandiera con la celtica e i tre colori della tradizione (bianco, rosso, nero). In qualche modo a rasserenare gli animi dei suoi camerati affranti - e devastati dal dubbio di una possibile salvezza mancata - è giunta la testimonianza dell'amico che Cico aveva chiamato per l'ultimo saluto: "E' finita". Una fine decisa con freddezza e raggiunta con determinazione. 
E continuano ad accumularsi le testimonianze sul coraggio fisico, sulla tempra morale del giovane uomo che fu tra i capibanda di una delle piazze "nere" più violente della Napoli di fine anni Settanta, nel cuore del Vomero.
Racconta Mario Mascolo: una mattina feci filone a scuola per andare, insieme a Cico e ad altri pochi camerati, sotto una scuola rossa per tutelare l'incolumita' di uno di noi......avevo 13 anni , Cico mi disse che dovevo aspettare gli altri che arrivavano e che quindi non potevo andare con lui che si avviava per controllare la zona; era una sana bugia .....tornarono dopo 30 minuti e tutti e 9 i camerati erano feriti.... lo scontro era impari , lui lo sapeva..... Dopo qualche anno fu arrestato per il famoso attentato di v L Giordano.....6 mesi di galera gratis.... lui non aveva partecipato all'assalto....era con me ed io ero l'unico suo testimone insieme ad un tabacchino del Vomero....non ha mi citato come teste a suo favore .... questo era Enrico De Palma detto Cico!
Conferma Rino Vollaro, che fu suo coimputato per l'assalto a colpi di molotov contro un'assemblea in corso in una sezione del Pci nell'anniversario di Ramelli e Pedenovi: "Cico non c'entrava niente, lo accusò a torto uno dell'ambiente che sarebbe offensivo chiamare camerata, eppure si fece la carcerazione con grande dignità e spirito costruttivo". Si ferma un attimo e tira fuori dall'agenda una vecchia lettera che gli aveva spedito dopo che, al termine del processo di primo grado, li avevano smistati in altri carceri. "Era tipico di Cico. Anche nelle esperienze negative cercava di cogliere l'aspetto positivo e di trasmettercelo. Lui finì a Bari, lo misero in cella con Azzi che era sottoposto a grande sorveglianza e così niente televisione e solo due ore di celle aperte. Eppure mi scrisse senza lamentarsi: 'Per fortuna abbiamo un sacco di libri e così il tempo passa presto e io imparo un sacco di cose' "
Ricorda ancora Maurizio Ruggiero: per noi era Cico l'imperatore, un piccolo grande uomo, molto coraggioso. La nostra al Vomero era una grande comunita', uniti come pochi, eravamo circondati e di numero inferiore, ma ci temevano. Alcuni di noi eravamo dei miti per l'ambiente, poi la mia storia e' da libro, con mio fratello uno dei capi di autonomia [e della frangia più violenta, ndb]. Il mio compleanno di 18 anni, festeggio a casa con i camerati e mio fratello [che era fisicamente il doppio, ndb] ebbe uno scontro con Cico, non si sopportavano. Sabato scorso ci siamo rincontrati tutto il Vomero, la vecchia guardia, ma Cico che doveva venire non si e' visto. Si vede che gia' aveva maturata l'idea di farla finita. Che rabbia di non aver capito il suo stato d'animo. Ti racconto una breve storia che fa capire il coraggio che Cico aveva nonostante l'altezza. Andammo al liceo Galilei al Vomero, io, enrico e altri quattro per aiutare un camerata barricato dentro scuola. All' improvviso l'agguato, uscirono una cinquantina di compagni armati di tutto. nonostante la superiorita' numerica, Enrico chiamo' la carica, Odino, e per l'ennesima volta dimostrammo che uno di noi ne valeva dieci di loro. Sbaragliammo. Era un piccolo grande uomo

3 commenti:

  1. Trovo sinceramento infantile raccontare momenti e storie che non vanno menzionate.Spero che ritorni la ragione e si analizzi solo unicamente l'aspetto sociopolitico del conflitto politico. Marino.

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  2. caro Marino, permettimi un ossimoro: hai ragione ma hai torto. Pretendere di ricostruire gli anni di piombo a partire dalle narrazioni dei protagonisti, dei comprimari e finanche delle comparse è impresa matta prima che stupida. Perché si rischia di cadere nella sindrome della carta dell'impero cinese mirabilmente raccontata da Borges. Eppure il vissuto e la sua restituzione sono fondamentali proprio per cogliere quello che resta al di là, al di sotto e (io penso) al di sopra dell'evenementielle (da qualche parte ci vogliono gli accenti ma notoriamente io non parlo francese): ed è la dimensione umana, l'antropologia della comunità, il senso di sé e del mondo che da queste storie di vita promana. ed è la cosa che da un po' di tempo più mi attrae, mi appassiona e mi sembra utile ...

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  3. Quando avverti la morte così da vicino , quando pensi alle migliaia di porte chiuse ,ai sogni delusi ,a gli ideali infranti , all'amore perduto , ai sentimenti che ti hanno tradito , allora solo allora ti rendi conto di quanto insopportabile sia la solitudine .
    D'improvviso tutto ti appare chiaro e i pensieri si trasformano in delusione , i sogni in irrealizzabili chimere , i sentimenti in illusioni . Ti ritrovi lambito dalla lingua calda e il naso umido di un cane che forse è l'unica persona che ti ha amato di amore incondizionato .Con lui puoi parlare , lui ti ascolta e non ti contraddice , condivide silenziosamente il tuo dolore, la tua solitudine .Così una sera di primavera ritorni a casa , spalanchi la porta e ti accorgi che il vuoto, quel vuoto si fa più insistente , la solitudine diventa insopportabile, le delusioni diventano macigni che schiacciano il tuo cuore di guerriero ,ferendolo in maniera irreparabile , magari avrai pure tentato di alzare il telefono in cerca di una parola amica o di quella comprensione che spesso nella vita ti fu negata , che talvolta hai cercato nella direzione sbagliata, quella comprensione e quella solidarietà umana di cui in tanti si riempiono la bocca, salvo poi lasciarti solo nei momenti determinanti e cruciali . Ebbene ,si , è il grande teatro della vita che incombe su ognuno di noi e che puntualmente tra farsa e commedia alterna e distribuisce i vari ruoli ,quali vittima, carnefice, vincitore , vinto , lasciando dietro il copione un vuoto pneumatico da far spavento . Allora accade come è accaduto a te Enrico , di chiuderti a riccio ,un po' per dignità un po' per rassegnazione , e quindi come una bestia da soma ti butti a capofitto nel lavoro, rincorri il sogno del grande evento da realizzare e........quando lo hai quasi raggiunto, quando puoi coronarlo , il peso della vita è diventato schiacciante a tal punto dal volertene congedare.Ci sono mille modi di uccidere un uomo e non solo con le armi , un uomo lo si uccide anche sbattendogli portoni in volto , anche deludendo i suoi sentimenti , anche non avendo la sensibilità di comprendere ciò che lui per pudore non avrebbe mai chiesto , un uomo lo si uccide più semplicemente quando gli si propone una realtà più brutta e più cattiva di quanto avesse mai potuto immaginare , o più semplicemente trasformando illusioni e sogni in un inferno da espiare in terra , dove volti amici diventano sbiaditi ricordi, e rettitudine e coerenza non trovano collocazione in questo mondo opportunista . Enrico tutti noi ti abbiamo voluto e ti vogliamo bene , alcuni te ne volevano di più , altri di meno ,altri non te lo hanno saputo dimostrare ,ma tutto questo non ha molta importanza ,quello che purtroppo ha importanza e che tu hai deciso e nessuno di noi ha compreso quanto avessi avuto bisogno di una comunità umana che ti sorreggesse forse nel momento più buio e di solitudine della tua vita. Vittoria

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