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17 settembre 1971, Reggio C.: una pallottola vagante uccide un cameriere

  

Un morto, parecchi feriti, due esplosioni stasera, a Reggio Calabria, sconvolta da una nuova ondata di violenza, (ili incidenti sono avvenuti sul ponte Calopinace, durante una manifestazione (non autorizzata) per commemorare l'autista Angelo Campanella, morto un anno fa durante gli incidenti della « battaglia » per il capoluogo. 
 Verso le 15,30 cinquecento persone, in gran parte giovani, formavano un corteo in via Torricelli, nel rione Pescatori; in testa c'erano due corone di fiori, dalla folla si alzavano grida di « Reggio, Reggio ». 

I manifestanti, raggiunto il ponte del Calopinace, si sono trovati la strada sbarrata da agenti di pubblica sicurezza e da carabinieri. Le forze dell'ordine hanno intimato ai giovani di sciogliere il corteo, dato che, per Reggio, è ancora in vigore il decreto ministeriale che vieta qualsiasi assembramento. 

I dimostranti rispondevano con una fitta sassaiola (una pietra colpiva a una gamba il capo della «Mobile», Alberto Sabatino); la polizia lanciava candelotti. I giovani, attestati sul ponte Calopinace, hanno eretto una barricata, mentre i passanti si rifugiavano nelle vie laterali. 
Da dietro un muretto un dimostrante (pare che avesse una maschera sul volto) sparava con una pistola contro gli agenti,  e un proiettile colpiva un civile. Questi, Carmelo Jaconis, un barista di 26 anni che lavorava nel « nightclub » attiguo all'albergo «Excelsior», pare che stesse osservando gli scontri riparandosi dietro un muretto sulla sponda destra del fiume Calopinace, dove le forze di polizia si erano ritirate dopo i primi incidenti. 

L'episodio non è ancora stato ricostruito con esattezza; secondo quanto ha dichiarato il questore Santillo, gli agenti e gli ufficiali di pubblica sicurezza sono stati costretti più volte a ripararsi, per evitare i colpi di pistola sparati dall'altra sponda. Uno di questi proiettili avrebbe raggiunto il giovane barista al cuore. Un uomo, che teneva un bambino per mano, un ufficiale e un agente di polizia, sempre secondo quanto ha dichiarato il questore, hanno soccorso Carmelo Jaconis, che è subito apparso in gravi condizioni. 

Il giovane è stato adagiato su un'auto e trasportato all'ospedale civile; mentre veniva posto sul lettino del pronto soccorso, è morto. Il giovane che ha assistito al ferimento del barista è un rappresentante di medicinali: il bambino che era con lui è un suo fratellino. Egli avrebbe confermato al procuratore della Repubblica che Carmelo Jaconis è stato ferito da colpi di pistola sparati dai dimostranti. L'uomo si trovava nella sua abitazione, poco distante dai luogo dove sono avvenuti gli incidenti, quando ha sentito provenire urla dal ponte del Calopinace. Incuriosito, è sceso in strada con il fratellino, -fermandosi all'estremità di corso Garibaldi, alle spalle delle forze di polizia schierate per fronteggiare i manifestanti, che erano sull'altra estremità del ponte. 

Un ufficiale ed altri militari lo hanno invitato ad allontanarsi; lo stesso invito è stato rivolto ad un altro giovane (lo Jaconis) che era a poca distanza. Dall'altra parte del ponte, infatti, venivano lanciati in continuazione sassi e bottiglie incendiarie. Il rappresentante ha dichiarato di aver sentito il sibilo di due-tre proiettili di pistola che lo sfioravano; si è girato per andare via con il fratello, quando ha visto lo Jaconis crollare in una pozza di sangue. 

Dopo i colpi di pistola che hanno ferito gravemente lo Jaconis, secondo quanto afferma la polizia, ne sono stati sparati altri trenta circa, ad un intervallo di pochi secondi l'uno dall'altro. Gli agenti, su ordine del questore Santillo, che dirigeva di persona le operazioni, sono stati fatti ritirare nelle vie adiacenti. Anche molte persone che avrebbero dovuto attraversare il ponte per recarsi alle loro abitazioni nel rione Quinto sono state costrette a riparare nelle strade laterali. 

Ai due pali della corrente elettrica che sono sul ponte sono stati notati simboli di legno del movimento di estrema destra «Avanguardia Nazionale». La situazione, dopo la sparatoria, si è normalizzata anche in seguito ad un violento temporale. Durante i primi incidenti, una carica di tritolo era stata fatta scoppiare davanti all'Istituto autonomo delle case popolari sul ponte della Libertà, nei pressi del rione Santa Caterina. L'esplosione ha divelto il cancello d'ingresso. Due ore dopo, un'altra carica di tritolo è stata fatta scoppiare sotto un'automobile parcheggiata in via Mendola, all'altezza di una sezione del partito comunista. L'esplosione ha fatto andare in frantumi i vetri delle abitazioni circostanti senza danneggiare la sede del partito. 
Fonte: La Stampa, 18 settembre 1971

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