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Qui ebrei. Il figlio: più che paura provo tristezza

Aldo Rolfi, figlio di Lidia Rolfi, partigiana deportata nel 1944 a Ravensbruck, vuole credere che la scritta antisemita trovata sulla porta di casa a Mondovì "sia il gesto di qualche ragazzotto sconsiderato. Se così non fosse, visto che la zona è relativamente tranquilla, allora ci sarebbe da preoccuparsi". L’uomo, che ha formalizzato ai Carabinieri la denuncia per odio razziale, ne parla in interviste con il Corriere della Sera e La Stampa.

"Questa è una settimana calda per molte ragioni. Stiamo arrivando al giorno della Memoria e poi ci sono importanti elezioni in Emilia-Romagna e Calabria - commenta - Ho anche scritto una pagina sul giornale locale dove faccio parlare mia madre e riprendo un articolo di Fiamma Nirenstein di 15 anni fa nel quale faceva notare come la crescita della Memoria sia accompagnata dalla crescita dell’antisemitismo. Forse questo può aver urtato la sensibilità di qualcuno".
La scritta trovata sulla sua porta, ’Juden hier’, era usata dalla Gestapo per indicare dove abitavano le famiglie ebree: "E questo dimostra soprattutto l’ignoranza di chi l’ha scritta, visto che la mia famiglia non è ebrea". La madre, insegnante, che aiutava i partigiani della 15/a divisione Garibaldi, il 30 giugno del 1944 fu deportata a Ravensbruck con il primo trasporto di deportate non razziali". Oggi lei "si farebbe una feroce risata" perché "era così, molto ironica e forte. E poi avrebbe detto che abbiamo fallito. Perché se questo è il messaggio dopo l’orrore dei campi, allora è un fallimento per tutti". E’ una prova "di una regressione generale. Anche del sistema scolastico". La scritta sulla porta "è un gesto ignobile ma più che paura ho provato dispiacere e tristezza".

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