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29 maggio 1979: Francesco Cecchin vola sull'asfalto di un cortile



“E Francesco che è volato sull’asfalto di un cortile,
con le chiavi strette in mano, strano modo per morire…


Queste le parole della canzone “Generazione ‘78” che Francesco Mancinelli dedica a tutti i caduti di quegli anni di piombo maledetti.
Nel 1980 Francesco Cecchin ha 17 anni, è un attivista del Fronte della gioventù del quartiere Trieste ma è amico di tanti camerati di Terza posizione, che sono molto radicati in zona. La notte tra il 28 e il 29 maggio, rientrando a casa con la sorella, è intercettato da una ciurma di compagni (secondo gli investigatori del Pci sezione Salario: un quadro del quartiere sarà anche processato ed assolto). Tenta la fuga ma è raggiunto e pestato: lo ritrovano gravemente ferito ai piedi di un muro alto 5 metri in via Montebuono 5, a pochi metri da piazza Vescovio (a sinistra). In pugno stringe le chiavi, patetico strumento di difesa. La sua agonia dura quasi venti giorni. Secondo le perizie è stato gettato nel vuoto dopo aver perso i sensi. Muore il 16 giugno. Per questo omicidio non pagherà mai nessuno, anche grazie alla al Pci che ha sempre coperto l’unico imputato. Francesco vive, come tanti caduti degli anni di piombo, nel ricordo di quanti ogni anno lo commemorano, nei giardinetti a lui dedicati a piazza Vescovio (in basso) grazie all'impegno di militanti come Stefano Cortini 

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