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La Lega chiude i porti ai migranti di Forza Italia

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Porti leghisti chiusi alle "navi" di transfughi di Forza Italia. L'operazione del leader leghista Salvini è quella di strappare gli elettori, non gli eletti, d'altronde la Lega non è un taxi su cui salire, come ci racconta il collega Antonio Rapisarda, dalle colonne de Il Tempo, storico quotidiano romano, in un interessante punto sulla Lega, movimento politico che intende mettere un punto e a capo.
Articolo che riportiamo per intero.

In attesa di capire che cosa ne sarà della Lega, in vista dell’attesissimo responso del Riesame del 5 settembre sul blocco dei conti correnti, un dato è certo: a una mese dal “decreto flussi”, ossia dall’apertura di Matteo Salvini ai transfughi di Forza Italia ben poco si è mosso in entrata, per lo meno per ciò che riguarda i big e i cosiddetti “signori del voto”. Il motivo? Semplice, per chi conosce il leader: la vera Opa ostile di Salvini è quella sull’elettorato forzista, non sugli eletti. Lo spauracchio, allora, sembra essere tutt’al più un diversivo e un ammonimento agli alleati perché qualunque sia la forma partito che il Carroccio prenderà, lo farà «con chi in questi anni ha lavorato nei territori, montato banchetti, portato la Lega in luoghi impensabili fino a qualche tempo fa», spiegano a Il Tempo autorevoli esponenti nella newco salviniana. 

Per questo motivo, nonostante i rumor e le decine di richieste di incontro che da Milano a Catania intasano gli smarthpone dei responsabili federali, la transumanza (così temuta dai vertici azzurri ma anche, per motivi diversi, dalla base leghista) non è avvenuta: o meglio, ad aderire sono stati diversi esponenti di Forza Italia presenti nei consigli comunali, nel mondo delle professioni o riferimenti del mondo giovanile. I nuovi acquisti, comunque, non saranno candidati alle prossime Regionali né alle Europee. Se è giunto il momento, adesso, di premiare chi non ha trovato spazio alle Politiche, compito dei nuovi arrivati sarà «rafforzare il partito lì dove è necessario».

Nel Lazio, ad esempio, dopo l’ingresso degli ex FdI del gruppo Iadicicco-Sartori, le porte sono semichiuse. «La selezione è di alto profilo, come abbiamo dimostrato. E ciò che chiediamo a coloro che entrano è di sposare un progetto, una mentalità, un vero e proprio cammino: non c’è posto per chi immagina la Lega come un treno su cui salire», spiega Francesco Zicchieri, deputato e coordinatore laziale che non nasconde come «le richieste da parte di esponenti di Forza Italia sono tante». Dei big di cui si vociferava ad inizi agosto, però, nessuno è dato in entrata anche se con alcuni giovani parlamentari azzurri del Lazio sarebbe in corso un’interlocuzione. Di certo questa è già realtà nei territori: a Frosinone, ad esempio, si è formato il gruppo in Consiglio della Lega con gli ex Fi Sara Bruni, Taira Mangiapelo ed Enrico Cedrone mentre a Terracina è atteso a giorno l’arrivo dell’attuale capogruppo azzurro Valentino Giuliani.
Stesso discorso 600km più a Nord. «Il 15% del mio tempo lo impiego a gestire appuntamenti di chi si dice pronto a passare di qua», racconta Paolo Grimoldi, segretario della Lega lombarda. Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo la complessa liturgia che fa di un politico un leghista: «Bisogna fare la richiesta di militanza, poi passano dei mesi fino a che si diventa aderenti, poi...». Tante le voci di ingressi di peso da parte di Forza Italia e FdI ma, sia per ciò che riguarda Silvia Sardone che per Viviana Beccalossi, in casa Lega escludono adesioni: «Sono esponenti che dialogano e che stanno sulle nostre posizioni ma non sono in entrata». Per capire i movimenti degli azzurri in direzione Carroccio, allora, l’indizio è quello che in Lombardia chiamano «anticamera», ossia il prepassaggio dalla Lista Fontana: in tal senso gli occhi puntati sono sul consigliere regionale Basaglia Cosentino, ex di Forza Italia.
All’estremo Sud, in Sicilia, il discorso non cambia. «Qualcuno spera che la Lega diventi un autobus su cui salire, ma si sbaglia», spiega Fabio Cantarella, assessore leghista di Catania. L’esortazione giunta dal leader, infatti, è quella di non guardare ai big isolani quanto invece agli eletti nei territori. Nulla da fare, allora, per i deputati regionali di Udc e FI Figuccia, Caronia, Lentini. In attesa di capire che cosa farà Diventerà bellissima, il partito del presidente di Regione Nello Musumeci (diviso fra due anime, uno vicina al Carroccio, l’altro a FdI) porte aperte, quindi, solo a sindaci ed amministratori locali come gli ex Elio Ficarra, consigliere comunale a Palermo, Oscar Aiello e Saverio Cuci, entrambi consiglieri comunale ad Enna. Acquisti di peso, infine, a Messina dove Dino Bramanti, ex candidato sindaco azzurro, ha aderito alla Lega insieme ai consiglieri della sua lista Salvatore Serra, Giovanni Scavello e Giovanni Caruso.
Stesso discorso nel resto del Meridione. «Il ponte elevatoio è alzato», assicurano i dirigenti. Spazio quindi «solo alla base e al merito». Ad esempio a Fabio Romito che viene dal mondo Forza Italia e che la Lega vuole candidare come sindaco di Bari «perché rappresenta la parte migliore del centrodestra che non si è più sentita rappresentata dai partiti tradizionali che qui hanno fallito», afferma il deputato pugliese Rossano Sasso. Anche a Cosenza, infine, la Lega è entrata in Consiglio con l’adesione degli ex Fi Vincenzo Granata e Davide Bruno: «Sono stati a Pontida e si sono già calati nella dimensione Lega», racconta Domenico Furgiuele che segue con severità i dossier in Calabria dato che «l’obiettivo resta formare la nostra classe dirigente. Ci abbiamo messo cinque anni per eleggere due parlamentari qui, non abbiamo problemi ad impiegarne altri cinque per raddoppiarli. Ecco perché non abbiamo bisogno di transfughi».

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