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Lovere(Bg):tensione per commemorazione caduti della Rsi, 2 feriti

(G.p) Momenti di forte tensione oggi a Lovere, in provincia di Bergamo, dove alcune decine di persone hanno partecipato ad una manifestazione in ricordo dei repubblichini Emilio Le Pera e Francesco De Vecchi uccisi dai partigiani l'8 giugno del 1945 a guerra conclusa da tempo.
L'Ansa, principale agenzia informativa italiana dedica all'evento un interessante lancio che pubblichiamo per intero, mentre il collega Antonio Pannullo dalle colonne de Il Secolo, quotidiano on line della Fondazione Alleanza Nazionale ci descrive sapientemente chi erano Le Pera e De Vecchi e la loro tragica morte.



Forte tensione oggi a Lovere, nel Bergamasco tra chi commemorava aderenti alla Rsi e antifascisti.
Due persone sono rimaste ferite.
Come ogni anno attivisti di estrema destra hanno raggiunto il paese sul lago d'Iseo per commemorare i repubblichini Emilio Le Pera e Francesco De Vecchi, della Legione Tagliamento, uccisi dai partigiani il 28 aprile 1945. Un gruppo di manifestanti si è piazzato sulle scale che portano al cimitero di Lovere con l'obiettivo di impedire il passaggio dei partecipanti all' iniziativa. Le forze dell'ordine hanno creato un cordone per evitare lo scontro, ma in un momento di concitazione è stato necessario l'intervento degli agenti.
Un manifestante antifascista ha ricevuto un colpo alla testa.
L'uomo ha raggiunto il Pronto soccorso insieme all'ex assessore comunale di Bergamo Francesco Macario, anche lui colpito. La situazione è poi tornata sotto controllo, soprattutto dopo la fine del raduno.


Le Pera e De Vecchi furono torturati e gettati vivi nel lago
De Vecchi e Le Pera erano due militi della Tagliamento. Dopo uno scontro armato con i partigiani, alcuni legionari rimasero feriti, tra cui Le Pera, 22 anni da catanzaro, rimasto gravemente ferito alle gambe, e De Vecchi, 19enne nato nell’Alessandrino. Traferito all’ospedale di Lovere, rimasero degenti vegliati dalle loro famiglie. I partigiani garibaldini erano frattanto arrivati a Lovere, e i superstiti militi della Gnr si arresro a loro. Il 30 aprile vennero tutti fucilati all’esterno del cimitero. I due feriti soffrivano atrocemente, erano sedati con la morfina. Ciononostante, secondo le testiminianze, i partigiani entravano nell’ospedale per insultarli e minacciarli. Finché, la sera del 7 giugno arrivarono quattro partigiani armati e li portarono via di peso, dopo aver tagliato i fili del telefono dell’ospedale. Alle famiglie che cercavano di fermarli dissero che li avrebbero sottoposti a processo. Fu un’altra menzogna: i due giovani agonizzanti vennero gettati in riva al lago, sul molo di sant’Antonio, e percossi con sbarre di ferro. Alla fine, li buttarono nel lago, probabilmente ancora vivi, anche se in condizioni disperate. Il lago d’Iseo non restituirà più i loro corpi. Fu un’efferatezza ingiustificabile: se è già grave uccidere dei prigionieri senza processo e a guerra finita, torturarli e assassinare prigionieri feriti è una colpa ancora peggiore. Bastano episodi come questo, in mancanza di scuse e di pentimento, per gettare fango sulla lotta partigiana, anche perché non ci sono notizie che i colpevoli siano stati mai sottoposti a processo.

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