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Ancora sulla presenza di Ramelli agli scontri del giovedì nero: una replica a Saverio Ferrari

Saverio Ferrari replica sul suo "Osservatorio democratico" ai miei due post sul suo "scoop" (il riconoscimento di Sergio Ramelli nel cuore degli scontri del "giovedì nero" a Milano) accusandomi di aver fatto da sponda a Maurizio Murelli nel mettere in dubbio l'identificazione. A onor del vero è successo il contrario. E' stato Murelli a rispondere a un mio dubbio, collocato alla fine del primo post, che era dedicato a tutt'altra questione. Questione che, per altro, resta, a mio giudizio, essenziale.
Il valore storico del documento fotografico riportato alla ribalta dallo stesso Ferrari. Ognuno ha la sua vocazione: c'è chi nasce pm e chi nasce avvocato difensore. Ognuno ha le sue strategie delle rilevanze. Io, checché ne pensi qualcuno, preferisco coltivare il dubbio che pascermi nelle certezze. E se ho enfatizzato la potenza esplicativa della foto dello scoop è proprio perché, a suo tempo, la testimonianza di Murelli a Rao, con la lezione di tecnica militare sul diverso uso e caratteristiche delle Srcm mi aveva lasciato perplesso, partendo dall'idea acquisita che se scendi in piazza con ordigni del genere è perché vuoi fare danni e non per uso difensivo, come da lui sostenuto. E invece no: proprio perché questa immagine fissa precisamente l'attimo del lancio conferma quanto da lui raccontato una decina di anni fa. Murelli è da solo, ha portato con se le Srcm, non ha nessuno al fianco a cui consegnare la busta per poter lanciare più comodamente l'ordigno. Tant'è che per strappare la linguetta si cala il foulard e usa i denti, lasciandosi così immortalare dallo scatto puntualissimo del compagno fotografo. E il lancio è in direzione opposta al movimento dei suoi camerati, cioè per favorirne la ritirata rallentando l'attacco della polizia non per chiamare all'assalto.
Ciò ribadito, torniamo alla questione che sta a cuore a Ferrari: la presenza di Ramelli nel gruppo dei sanbabilini. Io non so se il giovane indicato col cerchio rosso sia Ramelli (e sono convinto che Ferrari abbia titolo e autorevolezza per identificarlo con certezza) o il neofascista monzese indicato con qualche dubbio da Murelli. Capisco l'appello di Ferrari a questo ultimo di farsi avanti ma ritengo che dopo quarant'anni costui possa anche trovare riparo nell'oblio. Ad ogni modo resta la questione di fondo: atteso che nessuno dei colpevoli del suo omicidio in sede processuale ha invocato come attenuante la sua pericolosità sociale, il fatto che possa aver preso parte alla manifestazione violenta del 12 marzo 1973 lo rende Ramelli meno vittima? Io continuo a pensare di no.

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