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Gli scontri di Lecce: tra gli otto denunciati di CasaPound molti dirigenti territoriali

C'è una strana cabala che segna il percorso politico di CasaPound. Pur essendo costretta a scontrarsi - a suo dire - sistematicamente in condizioni di inferiorità numerica conto gli avversari dei centri sociali, al momento della repressione, forze dell'ordine e magistratura la colpiscono con maggiore severità rispetto alla controparte. L'ultimo episodio, nella notte tra domenica e lunedì, ha visto a Terni un manipolo di militanti di CPI aggrediti - secondo la testimonianza del leader umbro Bonomi sei contro trenta - da una ciurma di antifascisti decisi a impedirgli di rimettere a posto la corona commemorativa delle vittime delle foibe gettata nel fiume.
Era già successo qualche settimana fa, a Cremona: per la rissa che aveva mandato in gravissime condizioni in ospedale un militante del CSOA Dordoni, sono stati denunciati cinque camerati e cinque compagni. La storia si è ripetuta ieri a Lecce. Per la maxirissa notturna scatenata, lo scorso 5 settembre, alla vigilia del raduno nazionale di CasaPound,  nel centro storico di Lecce, sono stati sottoposti alla misura cautelare del divieto di dimora 8 fascisti (residenti nelle province di Arezzo,  Bologna, Lucca, Milano, Parma, Pistoia, Roma e Torino) e 4 anarchici e antagonisti salentini. Il Corriere del Mezzogiorno, oltre a diffondere un video sugli scontri, riporta l'elenco completo degli indagati: tra questi spiccano i nomi di numerosi dirigenti di lungo corso di realtà regionali e provinciali di CPI. Alla selvaggia battaglia di strada, combattuta a colpi di sassi, cinghie e bottiglie, parteciparono più di 40 persone, con numerosi feriti e abbondanti tracce di sangue lasciate sul campo, ma una sola persona fu costretta a presentarsi in ospedale per le cure del caso.


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