Header Ads


Strage di Bologna, Anna Di Vittorio: mio fratello aveva una sola ferita e non era carbonizzato



(umt) Paolo Persichetti ha arricchito la controinchiesta su Mauro Di Vittorio, l'ultima vittima identificata della strage di Bologna, promossa da Enzo Raisi a responsabile dell'esplosione, mettendo on line sul suo blog le testimonianze dei "compagni di Torpignattara" che smontano tutte le illazioni. Nel suo reportage l'ex militante dell'Unione dei comunisti combattenti riporta le dichiarazioni della sorella Anna e del cognato, integrate da un articolo coevo di "Paese sera": 
Il deputato post-missino, citando una testimonianza rilasciata 26 anni dopo i fatti dalla sorella maggiore di Di Vittorio, Anna, a Giovanni Fasanella e Antonella Grippo nel libro “I silenzi degli innocenti” (Bur, 2006), lascia intendere che la «strana telefonata» che informò i familiari del rinvenimento a Bologna della carta d’identità di Mauro, non proveniva dalla questura ma da probabili complici del giovane. (...) In realtà, come ci ha spiegato Anna Di Vittorio, «non è mai esistita nessuna telefonata misteriosa». D’altronde quanto riportato nel libro non trova riscontro nelle dichiarazioni rilasciate dagli altri familiari il giorno del riconoscimento ufficiale della salma di Mauro. Luciana Sica di Paese sera, in una cronaca apparsa il 13 agosto 1980, racconta le ore passate nella casa di via Anassimandro, nel quartiere romano di Torpignattara. Descrive il clima attonito di una famiglia che per dieci lunghi giorni non ha voluto credere ai ripetuti segnali che annunciavano la tragica fine del loro congiunto, come la telefonata della questura felsinea del 3 agosto che – forse per un eccesso di cautela – riferiva soltanto del generico ritrovamento della sua carta d’identità in città. La cronista raccoglie le prime dichiarazioni del fratello più piccolo, Marcello, e quelle della zia che ancora non riescono a capacitarsi di quella rimozione. Riferisce dell’interessamento dei vicini che invece hanno sentito in televisione la descrizione dei corpi ancora non identificati ed hanno subito capito; finalmente Anna dopo una telefonata all’obitorio decide di partire verso la capitale emiliana insieme a due amici. E’ lunedì 11 agosto, giunta all’istituto di medicina legale entra, sono le nove di sera e all’interno c’è poca luce, i suoi amici non resistono all’odore, tutt’intorno ci sono resti di cadaveri, Anna «vede il corpo del fratello, esce e dice di non averlo riconosciuto». Chiama Marcello a Roma per sapere se Mauro avesse dei pantaloni di velluto grigio. La risposta non offre scampo: «E’ lui». 
Un aspetto particolarmente crudele della vicenda è che Anna e il marito, che si sono conosciuti attraverso l'Associazione delle vittime - lui era il migliore amico di un altro dei morti nella stazione - al culmine di un dolorosissimo e luminoso percorso umano sono giunti a perdonare Francesca Mambro e Valerio Fioravanti, un percorso che è passato anche attraverso il distacco dall'Associazione e ha favorito la concessione della libertà condizionata per la donna.
«Quest’accusa – replica Gian Carlo Calidori – ci sta facendo vivere un’esperienza sgradevole, ma nonostante ciò continuiamo a confidare, come sempre, nelle Istituzioni della Repubblica Italiana». E Anna aggiunge: «Nell’agosto del 1980 sono andata a Bologna. Ho visto il cadavere di mio fratello Mauro: era intatto; non carbonizzato; con una sola ferita, mortale, nel costato. Poi, ho incontrato la Polizia Ferroviaria che, molto umanamente, mi ha consegnato gli effetti personali di mio fratello, tra cui il diario di Mauro».

Nessun commento:

Powered by Blogger.