Header Ads


Strage di Bologna, dura replica di Pelizzaro ad Adinolfi. E su Di Vittorio niente riscontri

di Gian Paolo Pelizzaro 
Non è mio costume intervenire e commentare articoli o interviste di altri, ma in questo caso sento il dovere di farlo, vista la mole delle sciocchezze farneticanti pubblicate nell’intervista rilasciata da tale Gabriele Adinolfi sulla strage di Bologna.
Sono anni che questo signore scrive e commenta in piena libertà, ergendosi a giudice e censore del lavoro altrui, imbarcandosi di volta in volta in teoremi sempre più grotteschi e infondati.
Questa volta la misura è colma.
Senza entrare nel merito dell’ultimo delirio di questo personaggio quando scomoda la Trilateral, i fanatismi messianici, sgangherate congetture su un Nuovo Ordine Mondiale o il caos globale governato da quelle che – in altri tempi probabilmente cari all’intervistato – venivano definiti “complotti pluto-giudaico-massonici”, desidero puntualizzare un paio di questioni toccate dalle temerarie affermazioni di Adinolfi.
La prima: l’ipotesi, o meglio, la leggenda metropolitana secondo la quale ci sarebbe una ottantaseiesima vittima dell’attentato del 2 agosto 1980 della quale sarebbe stato ritrovato soltanto un “arto senza corpo”.
La seconda: che tale leggenda metropolitana sarebbe addirittura comprovata da un rapporto dell’allora Sisde, che proverebbe l’esistenza di un fantomatico “trasportatore sacrificato”.
Ebbene, sulla questione numero uno – avendo analizzato ed elaborato tutte le informazioni contenute nelle schede medico-legali intestate alle vittime della strage agli atti del processo – è vero l’esatto contrario e cioè che, rispetto ai corpi ritrovati, mancano all’appello degli arti, soprattutto inferiori.
Nel dettaglio, sono stati repertati come "resti umani" tre piedi destri e un pezzo di piede sinistro.
Fra le vittime, vi sono un uomo che ha perso l’intera gamba destra, una donna di cui è stata trovata soltanto la testa e un frammento di femore, una donna con il piede sinistro e il semi-piede destro amputati, una donna con mano e piede destro amputati, un uomo con piede destro amputato e un uomo con l’avampiede sinistro amputato. Inoltre, due vittime avevano il piede destro maciullato e un’altra lo sfacelo dell’intera gamba sinistra. Quindi dai corpi mancano quattro piedi destri e mezzo (a questi che non sono stati ritrovati vanno aggiunti due piedi destri completamente maciullati) e due piedi e mezzo sinistri. Se a questi sottraiamo i tre piedi destri e mezzo piede sinistro repertati, scopriamo che mancano per difetto all’appello: un piede destro, un semi-piede destro e due piedi sinistri. Pertanto, non c’è nessuna ottantaseiesima vittima perché non c’è nessun arto in più rispetto ai corpi.
Sulla questione numero due - avendo letto e studiato quel documento che Adinolfi afferma di aver scoperto da poco, e questo perché ne ha avuto copia di recente – il riferimento a quella che l’intervistato definisce un’informativa del Sisde (fondamentale per “sorreggere” il castello di carte) andava fatto in modo corretto. Ma, evidentemente, la lettura integrale dell’atto rischiava di compromettere il delirante ragionamento relativo alla presenza di fantomatici “trasportatori” (della bomba) sacrificati.
Infatti, è allo stesso modo illuminante e tombale per le scemenze che propala l’intervistato riportare quanto ebbe a scrivere l’allora vice direttore del servizio segreto civile nella nota di trasmissione, datata 24 luglio 1981, al giudice istruttore di Bologna, Giorgio Floridia. Parisi, infatti, scrive testuale: «Di seguito ad intese intercorse per le vie brevi in data odierna tra la S.V. e funzionario di questo Servizio, si trasmette copia di uno “studio”, elaborato a titolo personale e in modo del tutto informale da un ufficiale della riserva (all’epoca docente presso la locale Scuola), che si è avvalso per la stesura del documento unicamente da notizie giornalistiche. È opportuno, al riguardo, sottolineare che il colonnello Ciccozzi concepì e curò lo “studio” di cui sopra “a tavolino” senza cioè aver effettuato alcun sopralluogo».
Ecco la validità dello “studio” evocato da Adinolfi per dare corpo alle sue elucubrazioni. Ma ecco soprattutto la “prova” dell’«avallo» da parte di Vincenzo Parisi. Il quale, da grande professionista qual era, fece esattamente il contrario di quanto afferma questo Adinolfi. Lo “studio” del colonnello Ciccozzi, infatti, era basato su ritagli di giornale, venne scritto “a tavolino”, a titolo meramente personale e del tutto informale, senza avere effettuato alcun sopralluogo sul luogo dell’attentato. In poche parole, aria fritta per il vertice del Servizio, che disponeva di ben altri strumenti e fonti di informazione rispetto alle rassegne stampa...
Colgo l'occasione per alcune precisazioni di carattere personale:
Non sono né sono mai stato lo sherpa di qualcuno.
Non sono né sono mai stato il San Giovanni Battista di alcunché o alcuno (se poi mi spieghi cosa intendi dire).
Non milito né ho mai mitato in alcun movimento, partito o gruppo politico.
L'unica organizzazione presso la quale sono iscritto è l'Ordine dei Giornalisti.
Non tiro l'acqua nessun mulino ideologico.
E per quanto riguarda la vicenda di Mauro Di Vittorio questa pista non mi riguarda, non mi ha visto partecipe o protagonista, non mi ha mai visto né come ricercatore né come suggeritore palese o occulto. Anzi, sul tema coltivo profondi dubbi e interrogativi vista la totale - per ora - assenza di qualsivoglia riscontro al riguardo.

10 commenti:

  1. IL BUE CHE DA DEL CORNUTO ALL'ASINO...

    RispondiElimina
  2. Io sò solo che il segreto di Stato è un'infamità verso le vittime, nè la Cancellieri nè Napolitano hanno detto di volerlo abolire, ma hanno fuffato di doveroso accertamento della verità. Buffoni. Questo finalmente unisce tutti: vogliamo la verità celata dietro quel segreto. Vogliamo finalmente sapere, credo fermamente in questo, quanto siamo servi di altri poteri, iniqui, e quanto la nostra Patria sia serva! Viva Mameli!

    RispondiElimina
  3. Riconoscendo l'Innocenza di Fioravanti, Mambro e Ciavardini, sono ugualmente d'accordo con questo passo di Pelizzaro.

    "Sono anni che questo signore scrive e commenta in piena libertà, ergendosi a giudice e censore del lavoro altrui, imbarcandosi di volta in volta in teoremi sempre più grotteschi e infondati.
    Questa volta la misura è colma.
    Senza entrare nel merito dell’ultimo delirio di questo personaggio quando scomoda la Trilateral, i fanatismi messianici, sgangherate congetture su un Nuovo Ordine Mondiale o il caos globale governato da quelle che – in altri tempi probabilmente cari all’intervistato – venivano definiti “complotti pluto-giudaico-massonici”, desidero puntualizzare un paio di questioni toccate dalle temerarie affermazioni di Adinolfi."

    RispondiElimina
  4. Concordo con quanto sostiene Pelizzaro pur riconosdcendo l'innocenza di Ciavardini, Fioravanti e Mambro,in particolar modo trovo davvero assurdo che questo santone,Gabriele Adinolfi,
    in piena libertà si erga a giudice e censore del lavoro altrui ed ad ogni mese di agosto ci propina sulla strage di Bologna teoremi sempre più fantastici grotteschi ed infondati.
    Magari l'anno prossimo leggeremo un teorema sul modello Sara Tommasi rapita dagli Ufo...
    Un minimo di serietà caro Tassinari, di questi maestri del nulla, ne abbiamo fino sopra alla testa.
    Vincenzo Marino

    RispondiElimina
  5. Se vogliamo restare nell'ambito delle verità ufficiali beh allora c'è la sentenza di Cassazione e la condanna di Fioravanti, piaccia o no.
    Se si vuole spingersi nel campo delle tesi da dimostrare, cosa legittima, non si può pretendere di affermare che una è valida e un'altra no in quanto tutte sono da verificare quella di Pelizzaro come quella di Adinolfi, quella di Raisi come quella di Vinciguerra.
    Per Pelizzaro, come mai ha preso la briga di riprendere Adinolfi mentre è rimasto muto davanti alle varie castronerie dette dal Sionista Raisi nei confronti di varie persone defunte ?
    A comunque ci saluti Affatigato.

    RispondiElimina
  6. " il caos globale governato da quelle che – in altri tempi probabilmente cari all’intervistato – venivano definiti “complotti pluto-giudaico-massonici”"
    Ma questo Pelizzaro è quello che scriveva su Area di DeAngelis dei 270bis o è quello della Parentopoli di Alemanno ???

    RispondiElimina
  7. "Tutto questo per dire che non credo che per l’Italia valga il principio che la storia la scrivono (o l’hanno scritta) i vincitori. Il nostro Paese è stato liberato dai vincitori anglo-americani quindi uno si aspetterebbe che la storia l’abbiano scritta o la scrivano autorevoli esponenti del think-tank di Washington o meglio di Londra. Niente affatto. In Italia, la nostra storia (soprattutto quella segreta, legata ai grandi misteri) è stata in gran parte egemonizzata non tanto dal Partito comunista, ma dal partito di Mosca, che ha pesantemente influito – nel corso degli anni – nei processi dinamici del giornalismo e della pubblicistica, dando vita ad una versione dei fatti manipolata e orientata, in cui veniva fatta salva l’ortodossia nei confronti della casa madre e, al contempo, veniva congedata una versione dei fatti sempre ostile e scomoda verso gli ex alleati (Stati Uniti e Regno Unito in testa), baluardo dell’Occidente e fondatori del Trattato del Nord Atlantico (firmato a Washington il 4 aprile del 1949). E così si arriva alla logica del “doppio Stato”, della “sovranità limitata”, della “strategia della tensione”. Tutte formule che partono da un assunto: l’esistenza di un fantomatico complotto perenne, ordito dagli Usa e attuato attraverso la solita Cia, con la manovalanza di uomini di mafia, servizi deviati, massoneria (leggi P2) e destra eversiva, finalizzato ad impedire al Pci di salire al potere.
    Attraverso questo teorema si è cercato di spiegare un po’ tutti i grandi misteri di questo Paese: dai fenomeni mafiosi e di criminalità organizzata ai sequestri di persona, dal terrorismo alle stragi, dai presunti colpi di Stato al sequestro Moro, dal disastro del Dc9 Itavia, alle stragi piazza Fontana, piazza della Loggia a Brescia, all’Italicus, a quelle di Bologna e del rapido 904 del dicembre 1984, per arrivare fino alla Falange armata e alla banda della Uno Bianca. Un’enorme, grottesca discarica della storia nazionale nella quale sono state riversate le pagine più orribili del dopoguerra, sempre con gli stessi presunti responsabili di cartone, con gli stessi mandanti occulti, le medesime ingerenze esterne (leggi americani). Ma questa teorizzazione della cosiddetta “periferia dell’impero” non è stata capace di spiegare, nel concreto, uno solo dei vari fenomeni che hanno interessato il nostro Paese. Il conformismo culturale, frutto di questo clima che ho sin qui descritto, ha prodotto nel tempo una serie di “grandi tabù”. Insomma, tutto il bene da una parte, tutto il marcio dall’altra. Si tratta di un modo infantile di interpretare la realtà, vittima del pregiudizio ideologico e di una umiliante visione manichea del mondo. Penso spesso a quello che una volta a pranzo mi disse Edgardo Sogno: «Siamo in Italia, caro mio, l’unico Paese del blocco socialista che fa parte della Nato…»."

    G.P.Pellizzaro a legnostorto.com il 13 giugno 2007.


    Pellizzaro ha scritto per "Area" ed è stato responsabile editoriale del periodico on-line dei dipendenti della municipalità -"Roma in Comune"-, emanazione dell'Ufficio Stampa del Comune di Roma.

    RispondiElimina
  8. "La Commissione parlamentare d’inchiesta sul dossier Mitrokhin ha fatto da palestra ad alcuni manipolatori più o meno occulti. Come abbiamo più volte scritto, il caso più eclatante di manipolazioni multiple riguarda il “Documento conclusivo” di minoranza, presentato il 23 marzo 2006 dai commissari di centrosinistra. A quella relazione lavorò un agguerrito pool di consulenti, composto da magistrati, storici, ricercatori, giornalisti e aspiranti tali, fra cui tale Nicola Biondo. Durante i lavori della Commissione, Biondo ha vissuto in una sorta di totale anonimato. Raramente è uscito allo scoperto, mai è stato delegato a svolgere attività istruttorie come ricerche d’archivio, in Italia o all’estero, rare le sue comparsate durante le audizioni, sporadiche le sue presenze a Palazzo San Macuto per lo svolgimento di quelle attività di studio e lettura degli atti. Questa sorta di apatia, però, ha subito uno scossone nel luglio del 2005 quando Gian Paolo Pelizzaro, dopo 25 anni di totale segreto, ha trovato negli atti della Questura di Bologna il nome di Thomas Kram, ossia del terrorista tedesco presente in città il giorno della strage."

    Da: liberoreporter.eu

    Pellizzaro sta difendendo il suo lavoro di ex componente della Commissione Mitrohkin: per capirlo mi sono occorsi circa quindici minuti su google...

    RispondiElimina
  9. Intanto Adinolfi non chiede soldi a nessuno mentre Pelizzaro per le sue "scoperte" veniva profumatamente pagato da noi contribuenti.
    X Vincenzo Marino Adinolfi sarà pure un "santone" ma tu chi sei ? Un attachè dell'ambasciata di Israele come Raisi ?

    RispondiElimina
  10. Pelizzaro tenta di screditare Adinolfi (che lo sovrasta di parecchie spanne)ricorrendo alla solita formuletta del "complotto demomassonicogiudaico". Questa affermazione ci consente di capire veramente chi sia costui. Un pigmeo che si scontra con un gigante.

    RispondiElimina

Powered by Blogger.