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Strage di Brescia, la certezza dei periti: è gelignite. Ma si riparla di vitezit

Ieri, a Brescia, un'udienza importante. Hanno portato la loro testimonianza il prof. Brandone e il generale Schiavi, i primi periti chiamati a pronunciarsi sulla bomba esplosa in piazza della Loggia. I risultati delle loro osservazioni e dei molti test eseguiti all'epoca del primo processo per la strage li hanno portati a formulare una descrizione dell'ordigno che combacia con quella fornita da Carlo Digilio: una conferma importante alle parole del "pentito", ritenuto non credibile dai giudici di primo grado. Alla luce della testimonianza di Schiavi e Brandone, la Corte d'appello formulerà forse una valutazione diversa? Per ora una cosa è certa: ieri è stato ribadito "al di là di ogni ragionevole dubbio" che il lavaggio della piazza subito dopo lo scoppio della bomba ha danneggiato gravemente le indagini, contro le sconcertanti affermazioni riduttive contenute nella sentenza di primo grado.  Da martedì prossimo prenderà via la requisitoria dei PM. Seguiranno le arringhe delle parti civili e della difesa. La Corte potrebbe entrare in camera di consiglio ad aprile.
(umt) Così Benedetta Tobagi ha fattto il punto sul processo d'appello, oggi, sulla pagina facebook dedicata al processo per la strage di Brescia: Monica Zornetta, invece, dalla pagine bresciane del Corriere della sera, rilancia la pista del Vitezit, l'esplosivo militare jugoslavo che ricondurebbe a Ordine nuovo veneto e agli ustascia, e un cui candelloto sarebbe stato trovato a casa di Silvio Ferrari, morto per lo scoppio accidentale dell'ordigno che trasportava pochi giorni prima della strage. E' l'ipotesi lanciata da Paolo Cucchiarelli nel suo ponderosissimo volume sul doppio attentato di piazza Fontana. A parlare di Vitezit 30 è stato Vinciguerra, che attribuisce l'informazione alle confidenze ricevute durante la comune latitanza in Argentina da Pierluigi Pagliai, il neofascista milanese accusato da Zani di essere l'autore della strage.
 

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