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Speciale Acca Larentia/9 - Per Menia fu la prova generale di via Fani. Per me si sbaglia

La strage di Acca Larentia fu l'esordio operativo della colonna romana delle Brigate Rosse, che di lì a poco avrebbero effettuato il sequestro Moro; l’episodio fu dunque un allenamento, un test per le armi, che gli investigatori e molti politici trascurarono di approfondire. Sembra impensabile oggi, ma fu realmente e maledettamente così. E questo dovrebbe perlomeno indurre a una seria riflessione coloro i quali scherzano con il fuoco; quelli che sottovalutano certe violenze di piazza; o chi giustifica i pacchi bomba nelle sedi di Equitalia. La vera sfida politica è questa: difendere le proprie radici e fare patrimonio delle tante tragiche esperienze di un popolo, di una comunità, ripetendo senza stancarsi mai un: "Mai più".

(umt) Nella sua riflessione per l'anniversario della strage Roberto Menia, allora leader del Fuan triestino, oggi proconsole di Fini,  parte da una verità storica controversa e suggestiva per motivare la sua istanza politica contingente. Ma non è affatto pacifico il nesso tra il 7 gennaio e il 16 marzo 1978. La sua ipotesi non è campata in aria ma affonda le radici in un'importante operazione politico-culturale, la controinchiesta di Luca Valentinotti e Valerio Cutonilli che ha prodotto il libro su Acca Larentia a cui abbiamo dedicato ampi spazi e riflessioni. Una tesi storica e un (nobile) intento che i due autori hanno così riassunto nei giorni scorsi:
Sosteniamo, e a tutt’oggi non c’è alcun motivo per mutare opinione, che durante gli anni settanta nell’estrema sinistra della capitale ha agito una struttura denominata di “cerniera”. Questa struttura operava nello spazio compreso tra le squadre armate dei comitati comunisti e le organizzazioni clandestine combattenti, Brigate Rosse comprese. La “cerniera” era particolarmente attiva lungo la direttrice di Roma Sud, nell’area che parte dall’Alberone e giunge sino ai Castelli Romani. Passando ovviamente per Cinecittà, come ha voluto ricordare di recente l’ex brigatista Antonio Savasta. Questa struttura si rese responsabile della strage di Acca Larentia. Lo fece utilizzando, tra l’altro, una pistola mitragliatrice Skorpion che continua a suscitare imbarazzo. Ciò al punto che nel giugno scorso un Deputato della Repubblica, Francesco Biava, ha formulato un’interrogazione parlamentare dai contenuti sconvolgenti. L’Onorevole Biava ha chiesto alle autorità competenti se sia vero o meno il fatto che la Skorpion giunse agli assassini di Acca Larentia da un funzionario di PS del Commissariato Tuscolano. Ad oggi nessuno ha ritenuto opportuno rispondere all’interrogazione parlamentare. Eppure sarebbe di vitale importanza diradare quelle nebbie che da sempre avvolgono i fatti del 7 gennaio 1978, agevolando spesso la diffusione di teorie sconclusionate e talvolta deliranti. Sì perché l’eccidio di Acca Larentia non rappresentò affatto un gesto schizofrenico partorito dal cosiddetto terrorismo diffuso. Esso costituì il momento apicale dell’antifascismo omicidiario inaugurato a Roma con il rogo di Primavalle e proseguito con l’uccisione di Mikis Mantakas e la “punizione” di Mario Zicchieri. La verità, che lo Stato ieri non ha voluto o saputo dire, va ristabilita in nome della pacificazione. E non per alimentare sentimenti di vendetta. Questa finalità l’abbiamo voluta evidenziare in modo netto, ricordando nel libro, con la stessa identica partecipazione, i ragazzi caduti nell’altro fronte per mano neofascista. Walter Rossi, Roberto Scialabba e Ivo Zini. La guerra civile, riemersa dai sotterranei del dopoguerra durante gli anni di piombo, è servita unicamente a lastricare le nostre strade di lapidi commemorative. Essa è figlia legittima del novecento e affonda le sue radici negli ultimi anni della seconda guerra mondiale. L’odio subito e inflitto da entrambe le fazioni è fermentato in modo del tutto spontaneo. Quasi nessuno scelse la strada della violenza per favorire poteri deviati o potenze straniere, amiche od avversarie del nostro paese. Lo fece per mera rivalsa o secondo scopi più ambiziosi, drammaticamente coerenti con le proprie finalità rivoluzionarie. Lo fece disumanizzando il proprio avversario, degradando la persona a simbolo e poligono di tiro. Eppure le ingerenze esterne ci furono e provennero da più parti. Esse assunsero, proprio in quel maledetto 1978, proporzioni gravi e inquietanti. Ciò grazie anche alle complicità interne alle nostre istituzioni e alla miope vigliaccheria della classe politica italiana. Una classe politica capace di barare cinicamente sia in nome sia in danno del compromesso storico tra DC e partito comunista. Questo oggi possiamo e dobbiamo dirlo con chiarezza. Così come vanno ricordate le responsabilità, ben peggiori di quelle materiali, di quanti istigarono la carneficina degli anni di piombo dalle redazioni dei giornali e dagli scranni dorati di un set teatrale o cinematografico. A costoro, destinati a rimanere impuniti, va il nostro più sentito biasimo. E se qualcuno non gradisse le nostre parole troppo schiette, dovrebbe solo provare a farsene una ragione. La pacificazione passa attraverso la verità.
Pur condividendo in pieno il progetto della pacificazione - sarebbe ora -  resto comunque assai perplesso sull'ipotesi storica di Cutonilli e Valentinotti, un'edizione riveduta e corretta del teorema Calogero. Così come non esisteva una direzione centralizzata unica tra Br e Autonomia, così i conflitti che laceravano l'area degli ex Potop romani, divisi in almeno tre strutture politico-militari in competizione tra loro, erano reali. 


1 commento:

  1. Si, Menia sbaglia , per ignoranza assoluta dei fatti e per innegabile presunzione.
    Innanzitutto la "colonna romana" delle BR esisteva già da fine 1975 ed aveva svolto la sua prima azione, contro il magistrato Traversi, nel 1976 e poi molte altre nel corso del 1977.
    Quindi l'esordio operativo di tale colonna a Roma, alla data di Acca Larenzia, c'era già stato da un pezzo, senza contare poi l'assoluto disinteersse, dopo il 1974, delle BR per obiettivi di estrema destra.
    E sbaglia ritirando fuori pezzi del defunto teorema Calogero.
    Autonomia e BR non solo non erano facce della stessa organizzazione, ma addirittura erano antagoniste tra loro.
    E' vero che una parte del vecchio Potere Operaio romano, sciolto nel 1973, dopo svariati tentativi organizzativi armati e non ( Comitati Comunisti, Lapp, Fca ), era confluita, con a capo Morucci, nelle BR.
    Ma si trattava sostanzialmente del vecchio Comitato Comunista di Centocelle, e nemmeno tutto, e niente più.
    Mentre altri ex PotOp romano, la maggioranza, avevano fatto tuttaltre scelte, sia di tipo armato ( Ucc) che non ....
    L'autonomia a Roma, poi, per definizione non erano gli ex PotOp bensì i Comitati Autonomi Operai ( volgarmente Volsci), lontani mille miglia dall'impostazione e dall'ideologia BR.
    Ad Acca Larenzia, poi, realisticamente non hanno agito nè ex potoppini nè tantomeno brigatisti, altrimenti, con la miriade di pentiti che ci sono stati in detti schieramenti, qualcosa di serio si sarebbe certamente saputo.
    Più realistico che abbiano agito cani sciolti, magari ex Lotta Continua ( sciolta a fine 1976), che numericamente erano molti di più e più eterogenei e frastagliati e che, in quella fase, erano politicamente allo sbando più completo.
    Senza dimenticare che, in quella zona ( Centocelle, Prenestino, Appio-Tuscolano - Cinecittà), agiva pure un gruppo composto prevalentemente da ex malavitosi, Guerriglia Comunista, che, pur occupandosi quasi esclusivamente di azioni contro lo spaccio di eroina, avevano fatto anche pesanti iniziative antifasciste ( ricordo quella contro Angelino Rossi, ma non solo) solo per caso non omicidarie.
    Quindi Menia toppa pesantemente e nulla significa il fatto che quella mitraglietta ricompaia un decennio dopo in mano alle BR, mi sembra a Firenze, i giri che può fare un arma illegale in un decennio sono veramente infiniti ed impossibili da ricostruire.
    C'è del vero invece nella storia del poliziotto.
    Quell'arma, regolarmente acquistata nei primissimi anni 70 in armeria dal cantante Jimmy Fontana, fu poi da lui, illegalmente ed in nero, rivenduta ad un poliziotto dell'antidroga che il cantante indicò per nome e per cognome.
    Non risulta però che questo poliziotto sia mai stato seriamente ascoltato su questa vicenda.
    Naturalmente questo non vuol dire che il poliziotto abbia direttamente fornito la mitraglietta agli attentatori di Acca Larenzia, magari pure lui se la sarà rivenduta in nero a chissà chi che poi ha sua volta l'ha rivenduta agli attentatori ... però indubbiamente la circostanza appare come molto inquietante

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