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Letture d'occasione/2: Campanile e Zicchieri, due vittime impunite

Nel trentanovesimo anno dal suo assassinio, il 29 ottobre alle dodici, a Roma, nel luogo del delitto, verranno inaugurati i giardini Mario Zicchieri. Il sedicenne martire fascista abbattutto a colpi di fucile all'uscita della sezione Msi del Prenestino. Perché, si sa, “i covi fascisti” andavano “chiusi con il fuoco” e “uccidere un fascista non era e non è reato”. E l'omicidio di Mario Zicchieri, come tanti altri, è rimasto infatti impunito.

(umt) Così Gabriele Adinolfi, con un lapsus abbastanza bizzarro (è il trentaseiesimo anniversario) chiama alla commemorazione di uno dei tanti "cuori neri" romani caduti negli anni di piombo e rimasto impunito (come Pistolesi, come Mancia, come le vittime di Acca Larentia).
A un'altra vittima impunita degli anni di piombo, di quell'anno in particolare, è dedicata invece 1975 Un delitto emiliano (Odoya edizioni, pp. 112, € 15), la graphic novel recentemente pubblicata da due giornalisti de Il Messaggero: Alberto Guarnieri ed Emilio Laguardia, con contributi di Lucio Dalla e Luca Telese: Alceste Campanile. Una storia controversa, con il padre ossessionato dalla colpevolezza dei suoi compagni e una sentenza giudiziaria (la condanna con prescrizione per il 'pentito nero' Paolo Bellini) che lascia aperti tanti dubbi e perplessità. La bella recensione che oggi dedica al volume sul Secolo d'Italia,  Roberto Alfatti Appetiti (anche qui con un refuso intrigante: Luigi D'Addio diventa D'Addario...) sottolinea come
la graphic novel non sposa alcuna tesi. È il racconto di un’epoca, liberata dal manicheismo delle versioni di parte. Una lettura utile in particolar modo per i giovani che, attraverso il linguaggio del fumetto, potranno capire qualcosa in più su quei fratelli maggiori spesso tratteggiati come fanatici e violenti e non come ragazzi normalissimi in un paese poco normale. Ragazzi che si infiammavano per certi libri e non per chissà quale tornaconto. Che per difendere una visione del mondo erano pronti a misurarsi, anche fisicamente.
Lucio Dalla, che nei giorni successivi al delitto avrebbe dovuto suonare in un evento organizzato da Alceste Campanile, ci restituisce un'immagine in chiaroscuro: 
Li chiamo anni piombo anche io ma non è corretto liquidarli così. C’era una grande energia sia da una parte che dall’altra, una forte mobilitazione delle coscienze, che ti faceva vivere e sperare, al di là dei grandi sbagli che pure si facevano, una naturale predisposizione a valutare le cose attraverso il sociale». Anni in cui la militanza politica giovanile aveva un minimo comune denominatore: la generosità. «Oggi sembra che non ci sia più alcun tipo di mobilitazione spontanea, solo quella indotta. C’è quello che chiama la gente ai comizi o ti arriva la roba a casa.
Perché, come spiega Luca Telese
questo fumetto può aiutare a sfatare il grande equivoco su quegli anni. Non fu una lotta fra bene e male. Sono tutti (un po’) vittime e tutti (un po’) carnefici. Ma era uguale il sentimento che questi ragazzi misero nell’errore e nella speranza. Di tutti questi ragazzi, rossi o neri, che erano caduti sul campo, compreso Adelchi/Alceste, si era raccontato un altro stereotipo delirante: se sono morti ammazzati, in fondo, qualcosa devono avere pur fatto. Invece, era vero esattamente il contrario: i caduti della guerra non dichiarata, come in tutte le guerre non convenzionali, erano tendenzialmente i più giovani, i più indifesi, talvolta persino i più puri.

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