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Ricordando Terracciano, il decano degli studi geopolitici


(umt) Oggi, sesto anniversario della morte di Carlo Terracciano, CasaPound L'Aquila organizza un dibattito a lui dedicato sul tema "Il soldato politico", a cui partecipano Maurizio Murelli, Claudio MuttiAlessandra Colla, direttore di Orion e Francesco Guerrini, del circolo 'I duellanti', la comunità dei discepoli di Terracciano che, dopo la sua morte, hanno voluto dare forma organizzata al suo cenacolo.
In Fascisteria (Sperling & Kupfer, 2008) ho raccontato il sodalizio rosso-bruno che nei primi anni Novanta si era saldato intorno alla redazione di Orion. Qui potete leggere la prima parte che precede il testo seguente:

E l’intellettuale di punta, il garante internazionale ne è proprio il professor Claudio Mutti, che del leader belga fu discepolo. Convertito all’Islam, animatore delle Edizioni all’insegna del Veltro (un centinaio di volumi pubblicati in proprio, più qualche altro centinaio di libri di altre case editrici in distribuzione). Specializzato in filologia ugro-finnica, la sua promettente carriera universitaria è stata stroncata da ripetute disavventure giudiziarie. Ora insegna latino e greco al liceo. Conoscitore di lingue quali il rumeno e l’ungherese e abbastanza a suo agio con l’arabo, autore di decine di volumi, ha tradotto Khomeini e Gheddafi ma anche prodotto il boom politico-editoriale di Codreanu e della Guardia di ferro romena. A 14 anni Mutti milita nella Giovane Italia ma a 17 è già espulso per estremismo. Nel ’64 entra in Giovane Europa e ben presto ne diventa responsabile a Parma e membro del direttivo italiano.
Allo scioglimento dell’organizzazione, nel ’69, collabora con Lotta di popolo e fonda l’associazione Italia-Libia con il ferrarese Claudio Orsi, nipote di Italo Balbo; promuove il comitato pro-Freda; dà continuità alle Edizioni di Ar. Il primo arresto è nel maggio 1974: il simbolo di Ordine nero è in caratteri gotici come il logo dei suoi Quaderni del Veltro. Cinque mesi di carcere poi il proscioglimento con lo strascico di un’accusa di favoreggiamento (amnistiato) per un bigliettino di Freda destinato a  Guido Giannettini e scoperto nel tacco di una sua scarpa. Torna in cella nel maggio 1979, nell’inchiesta romana su Costruiamo l’azione. Dopo tre mesi è ancora prosciolto in istruttoria. Finisce in carcere anche il 28 agosto 1980, con l’accusa di essere membro della “direzione strategica” dell’eversione nera. Stavolta la detenzione dura otto mesi, con un solo interrogatorio e dieci giorni di sciopero della fame. L’esito è il solito: mancanza di indizi.
La persecuzione giudiziaria non ha piegato le sue idee. Mutti continua a militare nei ranghi della area che da quarant’anni, sotto diverse formule e ipotesi organizzative, tenta la ricomposizione degli opposti estremismi in una nuova sintesi. Il suo contributo originale a Orion è la «visione imperiale» ereditata da Thiriart. Un filone innovativo, di origine non italiana, ma che si radicherà nel paese innervando diverse esperienze organizzative ma soprattutto offrendo un’alternativa a quanti erano irriducibili, per resistenza ideologica o temperamentale, alla rigidità degli schemi del tradizionalismo evoliano. 
L’obiettivo politico è sempre la liberazione dell’Europa. Nella fitta trama di rapporti internazionali (i «partigiani europei» dell’area franco-belga, i nazionalisti celti dalla Scozia alla Galizia), Mutti si riserva i contatti con l’ex impero sovietico e i paesi islamici: l’opposizione russa unita nel Fronte di salvezza nazionale; il Movimento della Romania; gli ayatollah iraniani. 
Quando la restaurazione capitalistica in Russia prende la strada del golpe preventivo di Boris Eltsin, con l’assalto al parlamento occupato dal Fronte di salvezza nazionale, l’alleanza rosso-bruna si scompone negli originali elementi costitutivi. Mentre il paladino della destra xenofoba, Vladimir Zhirinovski, diventerà uno dei punti di riferimento della Lega nord, il leader del Pcr, Ghennadij Ziuganov – capace di sfiorare il 30% alle elezioni presidenziali con la sua politica veterostalinista del “blocco nazionale” – si troverà come editore italiano Mutti, che al di là di certi passaggi ondivaghi (e considerati provocatori da alcuni) persegue da quarant’anni la costruzione di un suo progetto:
un polo analogo (...) a quello che in Russia aggrega comunisti e nazionalisti contro il governo filoamericano. In Italia dovrebbe trattarsi di un polo antagonista a quell’ideologia liberaldemocratica e occidentalista che egemonizza sia la destra sia la sinistra. 
La determinazione di Mutti nello sganciarsi da questa dicotomia lo spinge alla rottura del sodalizio con Murelli. La sua ultima creatura editoriale, Eurasia - Rivista di studi Geopolitici, raccoglie la collaborazione del filosofo marxista (di scuola althusseriana) Costanzo Preve, di Claudio Moffa, docente universitario di storia e istituzioni dei paesi afroasiatici, di Danilo Zolo, giurista e filosofo del diritto. Il personale del Coordinamento Eurasia è in prevalenza riconducibile all’area rosso-bruna. Dall’esperienza del Centro studi Arktogaia, terminale italiano per la diffusione delle tesi del leader della nuova destra russa, Aleksandr Dugin (un intellettuale radicale, traduttore di Evola), scaturisce un’esperienza organizzativa che incarna nelle mutate condizioni del dopo-’89 una tradizione geopolitica imperiale e antiamericana. 
La rivista raccoglie non solo gli apporti di quadri «frediani» come Aldo Braccio e Carlo Terracciano, ma anche il contributo di giovani intellettuali che non possono essere ridotti a quella tradizione militante, da Daniele Scalea a Stefano Vernole a Enrico Galoppini, tutti redattori di Eurasia. D’altra parte sulla rivista scrivono anche un politologo di fama internazionale, come l’ex ambasciatore a Mosca, Sergio Romano, editorialista del Corriere della Sera, Giovanni Armillotta (direttore della rivista di studi extraeuropei Africana), Alessandro Lattanzio (autore di Terrorismo sintetico, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma 2007, un’inchiesta che contesta la versione ufficiale sull’11 settembre) e la storica comunista Susanne Scheidt, animatrice di un sito filopalestinese. Claudio Mutti riconosce il debito di Eurasia nei confronti di Carlo Terracciano, il suo ispiratore prematuramente scomparso.
Decano degli studi geopolitici» così eravamo soliti chiamarlo Carlo Terracciano lo è stato davvero, in unItalia che (per riprendere i concetti di uno studioso a lui caro, Ernesto Massi) di tale disciplina non si era più occupata, da quando la superpotenza che pratica la geopolitica aveva fatto in modo che i popoli sottomessi non la studiassero e non fossero quindi tentati di praticarla. 
Linteresse di Carlo Terracciano per la geopolitica nacque infatti da un impegno militante, che si sviluppò attraverso varie esperienze politiche e culturali, ma rimase costantemente ispirato a un preciso ideale: il recupero dell’identità e della libertà europee nel più ampio contesto dell’Eurasia, in un rapporto di stretta solidarietà con tutti i popoli e tutte le forze politiche che rifiutano il progetto mondialista della globalizzazione.
Fu questo proposito di lotta a portarlo prima nell’Iran rivoluzionario e poi a Mosca, dove la colonizzazione occidentale della Russia trovava una forte opposizione negli ambienti nazionalisti e comunisti. E a Mosca ebbe luogo l’incontro con il pensiero eurasiatista, che fornì a Carlo Terracciano l’orientamento decisivo per continuare la sua battaglia.
Una battaglia combattuta fino all’ultimo: ancora pochi mesi prima di essere sopraffatto dal male, trovò la forza per partecipare come relatore alla conferenza bolognese di Aleksandr Dugin. Grati per l’apporto culturale che ha recato alla nostra iniziativa, per l’entusiasmo che ha saputo infondere in noi e per l’esempio che ci ha lasciato, lo salutiamo per l’ultima volta. Vale, amice carissime, ave atque vale. 
(2-fine)

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