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Un guerrigliero nero

Micidiale coppia Alessio Billi & Massimiliano Griner. Hanno appena finito di scrivere Polvere nera, il romanzo criminale dell'Italia delle stragi e dei tentativi golpisti e sono già al lavoro a un nuovo progetto. Cominciano anche a mettere subito in rete i primi materiali. 

Un ritratto di Giancarlo Esposti di Alessio Billi & Massimiliano Griner

«Documenti, prego», domandano i carabinieri a un gruppo di campeggiatori che da alcuni giorni bivaccano nel pianoro con il loro Land Rover. Messi in allarme da un valligiano, i militari sospettano che la strana comitiva nasconda un arsenale. Sono passati solo due giorni dalla strage di piazza della Loggia, e anche se siamo nelle campagne del reatino, a centinaia di chilometri da Brescia, per le forze dell’ordine la tensione è altissima.
I carabinieri ignorano che uno dei “campeggiatori” è nascosto nella tenda armato fino ai denti e diversamente dai suoi gregari è  pronto a vendere cara la pelle. Mentre i suoi compagni traccheggiano, lui balza fuori e corre verso il bosco, sparando al fuoristrada carico di tritolo. Spera di farlo saltare in aria e di annientare la pattuglia, ma il colpo va a vuoto. Un carabiniere lo placca, e ingaggia con lui un violento corpo a corpo, ma il ragazzo ha la meglio e tenta la fuga. Lo ferma una fucilata alla testa, sparata da un maresciallo dall’ottima mira. Il morto viene subito identificato per il venticinquenne Giancarlo Esposti, primula nera dell’estrema destra.
Molti pensano che l’orrenda strage sia il primo atto di un colpo di stato, e forte è la tentazione di attribuirla a Esposti, facendone un comodo capro espiatorio: un identikit che ha tutta l’aria di essere stato ricalcato su una fotosegnaletica di Giancarlo circola già l’indomani della strage. In questo quadro la sua morte sul pianoro sarebbe stata decisa a tavolino dal SID per impedirgli di difendersi.
In questo inizio di 1974 ci sono in effetti militari che pensano al golpe, o quantomeno a una svolta autoritaria, come quelli della caserma duca di Montorio, a Verona. Estremisti come Esposti fanno la loro parte nel progetto di istaurare una dittatura a partito unico.
Questa almeno la ricostruzione che ancora oggi va per la maggiore. Ma quanta verità c’è in questa versione, e soprattutto, chi era veramente Giancarlo Esposti?
Nato a Lodi nel 1949, figlio del titolare di un concessionario Fiat che lo vizia comprandogli una Porsche, Esposti appartiene a una generazione di estremisti che non si riconosce nella vecchia guardia di Ordine Nuovo, sciolto per decreto da Taviani, e di Avanguardia Nazionale, allo sbando dopo la fuga all’estero del suo leader, Stefano Delle Chiaie. Una generazione che deve trovare nuove forme aggregative, liquide, diremmo oggi parafrasando Bauman, e che alle divagazioni teoriche tipiche di un Rauti preferisce l’azione diretta e spregiudicata. Una generazione che annovera personaggi come Gianni Nardi, che di Esposti è amico fraterno, e Pierluigi Pagliai: uniti dalla sfida allo stato borghese e da un idealismo senza mediazioni, accomunati da una fine precoce e tragica.
È uno fuori dagli schemi, Giancarlo. Adora i Ray-Ban a goccia marchio distintivo dei camerati, ma ha un travestito come fidanzata e fa uso di marijuana. Stranezze che gli vengono perdonate in virtù del suo indubbio carisma, rafforzato da una non comune famigliarità con le armi e l’esplosivo.
Il suo esordio criminale è una rapina a Milano, nel ‘67. Insieme a Nardi assalta una pompa di benzina e ammazza il gestore. Mentre al loro posto in galera finisce un innocente, Giancarlo trasforma la casa al mare dei genitori ad Alassio in una base operativa, che riempie di armi. La sua carriera potrebbe finire nel gennaio del ’69, quando i carabinieri lo fermano alla guida di un furgone carico di materiale incendiario. Ma la strage di Piazza Fontana è ancora a venire, e quando Giancarlo attribuisce il carico alla sua passione per la chimica, vogliono credergli. Se la cava con una condanna a dieci mesi sospesa dalla condizionale.
Si coalizza con altre teste calde della scena sanbabilina, tra cui Angelo Angeli. Sotto l’etichetta di libero uso SAM, Squadre d’Azione Mussolini, si esprimono attraverso attentati dinamitardi a sedi del PCI e a sacrari partigiani, spargendo volantini che inneggiano al Duce: «La fede di ieri, la bomba di oggi il coraggio di sempre riabiliteranno il Fascismo. Viva l’Italia. Viva l’Internazionale nera». Sono tutti giovanissimi, molti provengono dalla Giovane Italia, che contestano perché troppo moderata. Ideologicamente inconsistenti, sono così radicali che quando Almirante viene in visita a Milano pensano di dargli il benvenuto con un attentato.
Siamo nel ’72 e questa volta Giancarlo finisce dritto in galera. Qui entra in contatto con Franco Freda che attende il processo per piazza Fontana. Tra i due l’intesa è immediata. Freda in Esposti riconosce il guerriero indomito, Esposti ammira in Freda l’ideologo, e medita di fare fuori Gerardo D’Ambrosio, il giudice istruttore che ha inquisito l’amico.
Dalla galera esce ancora più esaltato, e si reca in Portogallo con il pretesto della passione per la subacquea, da cui torna però con in tasca la tessera di agente della PIDE, la famigerata polizia politica di Salazar. Sviluppa poi contatti con l’ex partigiano valtellinese Carlo Fumagalli, il capo del Movimento di Azione Rivoluzionaria, che potrebbe essergli padre, anagraficamente, e che in Esposti vede un degno erede.
Ora la nuova etichetta sotto cui agisce si chiama Ordine Nero, anche se sono molti a usarla per attentati anche gravi, soprattutto in Italia centrale. Anni di impunità hanno consentito a Esposti di allacciare ambigue relazioni con ufficiali dei carabinieri, dell’esercito e dei servizi segreti. Vuole rovesciare il sistema, ma è costretto a farci i conti. Alcuni lo inducono a credere che ha il loro appoggio, altri tentano di strumentalizzarlo, ma lui coltiva l’illusione, sempre più pericolosa, di poter sempre uscire vincente dalla partita.
L’arresto del mentore Fumagalli, nell’aprile del 1974, non frena, ma anzi accelera la vocazione di Giancarlo. Mesi di perlustrazioni di luoghi adatti a ospitare una base sicura – il luogo scelto è la Sabina – sono finalmente messi a frutto. Carica su un Land Rover un arsenale impressionante e chiama a raccolta un manipolo di camerati fedeli, tutti pronti ad entrare in clandestinità e agire.
Giancarlo finisce sul pianoro dove troverà la morte per scansare un posto di blocco imprevisto, alla faccia di quelle ricostruzioni che lo vogliono perennemente informato delle mosse delle forze dell’ordine. Progetti concreti, una strategia definita nel quadro di un rapporto consolidato con il partito del golpe? Niente di tutto questo. Quello che Giancarlo agogna è una lotta senza quartiere al Sistema, anche se non sa ancora come attuarla. Per il momento vagheggia attentati memorabili, come far saltare una diga o una grossa raffineria, o tendere un agguato ai carabinieri.
Intanto la notizia che a piazza della Loggia si è consumata una strage, non è per lui la conferma che il piano golpista è in corso. La reputa invece un grave errore, perché scatenerà una dura repressione contro la destra radicale, e teme, a ragione, che gliela accollino. Non farà in tempo a vedere confermata la sua previsione.
A salutarlo, e a riconoscergli se l’irriducibile idealismo, un volantino delle SAM. «Il camerata Giancarlo Esposti ha raggiunto nel cielo dei Martiri e degli Eroi lo spirito purissimo del camerata Ettore Muti. Lo Squadrista Capitano Giancarlo Esposti sarà vendicato. Il suo nobile sacrificio costerà molto sangue alla cricca ciellenista; a confronto Brescia impallidirà! Viva il Duce, viva la rivoluzione fascista!»

1 commento:

  1. Sono anche io di Lodi e sono nato proprio nel 1967. strane coincidenze...............Ma sono gentiliano e sinceramente delle dittature militari vagheggiate in quegli anni mi interessa poco. l'unica che puo' intressarmi e' quella di Juan domingo Pèron , ma aveva un altissimo fine: la Giustizia Sociale e la restituzione della dignita' agli argentini. Credo che allora invece molti si siano lasciati ingabbiare in falsi miti..........Resta il fatto che ancora una volta chi poteva essere scomodo e' stato ammazzato dal potere . Come Silvio Ferrari, come Pierluigi Pagliai, intanto i vari Taviani (allora nella destra democristiana per poi saltare completamente il fosso qualche anno dopo e diventare grande fautore del compromesso storico coi comunisti) Moro, Cossiga, Restivo, Andreotti si facevano beffa di tutti gli ingenui idealisti, rossi e neri (....sopratutto "neri"), predicavano la teoria degli opposti estremismi e restavano PERENNEMENTE con la poltrona ben incollata al sedere.
    Elementare Watson, elementare........


    Agostino

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