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Gli scontri di Genova e le ragioni dei vinti

Mentre infuria il dibattito sulla responsabilità degli incidenti di Genova, e Maroni si nasconde dietro la sottovalutazione del governo serbo per scaricarsi la coscienza per la totale mancanza di filtri in entrata, oggi vorrei provare a ragionare invece sugli scenari più ampi, sottesi alle manifestazioni più radicali del nazionalismo serbo che nell'ultima settimana si sono conquistate per due volte consecutive la ribalta europea, da Belgrado a Genova, dalla sommossa anti-gay all'orda ultras. C'è chi - pur estraneo alla cultura della curva e contrario alle sue espressioni più dirompenti - difende le ragioni del torto, mettendo al centro la sofferenza e il silenzio degli innocenti. E' Alessandro Di Meo, attivista volontario dell'ass. Un Ponte per, si occupa di profughi ed effetti della guerra "umanitaria" del 1999 della Nato contro la Jugoslavia. Ha presentato durante le recenti iniziative romane presso l'Arcobaleno, con "Indipendenza", un libro con documentario allegato, dal titolo L'Urlo del Kosovo. E' il suo primo intervento nel forum della rivista della sinistra nazionalitaria (che firmo da più di quindici anni, in nome e per conto del mai abbastanza onorato articolo 21) e io lo riprendo con grande piacere.

Dalla parte dei bambini serbi di Alessandro Di Meo
La Serbia non esce bene da questa serata calcistica.
In mondovisione, i serbi sono apparsi di nuovo i "temibili nazionalisti selvaggi" che tremare il mondo fanno! Ma quella rabbia ha una casa. E quella casa sta nello scippo che i Serbi hanno subito da chi, al governo in Serbia oggi, colluso con l'occidente, sta svendendo la propria anima. Il Kosovo, cuore della Serbia, è lontano, con il patriarca ortodosso, paragonabile al nostro papa, costretto a insediarsi alla chetichella nel patriarcato di Pec, appena tollerato dal governo del Kosovo "liberato" dalla Nato, retto da mafia e narcotrafficanti. Il Fondo Monetario Internazionale, l'FMI, presta soldi che servono a finanziare le imprese estere (come la Fiat che espropria la Zastava, la Fiat dell'apparentemente italiano e fido Marchionne, uomo in realtà dell'americanissima Philip Morris!!!). Le bombe del '99 sono ormai dimenticate, quei morti e quei profughi offrono storie che non riempiono le cronache, troppo impegnate nel descrivere il nuovo look delle varie attricette da strapazzo, quelle sì degne delle nostre odierne e democratiche attenzioni, il tutto condito da un omicidio assurdo e l'altro, parte del nostro amato Occidente.
Ma in Serbia si organizza il Gay Pride, cosa "assolutamente prioritaria" nella Serbia di oggi, assurda provocazione che non poteva che dare i risultati che ha dato. Ma gli USA si congratulano con la polizia serba, per le capacità a proteggere i "diritti umani" nel proprio paese. Nuove violenze si prospettano all'orizzonte, contro altri diritti...
Ai bambini serbi, che non erano allo stadio stasera, così come quei tanti loro coetanei italiani che la retorica dei telecronisti di Rai1 (assurdi, inadeguati e ignoranti al punto da scambiare il segno delle tre dita dei calciatori serbi come un invito a non far perdere la partita per tre a zero!!!) continuava a incensare, non resta molto da sperare per il futuro. Nonostante questa triste serata, però, io continuo a stare con i Serbi. C'è una Serbia che non ci sta, anche se il suo volto, stasera, non era certo accattivante e accomodante. Una Serbia che non vuole entrare in Europa, perché dall'Europa si sente tradita, defraudata, umiliata. E' una triste serata perché preoccupante per il futuro, che temo foriero di nuove stagioni di violenza. Ma quella violenza ha una casa. Il mio è un invito. A non voltare la faccia.

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