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Convergenze parallele sulla strage di Brescia


Udienza n. 151 del processo sulla strage di piazza Loggia: Di Martino, PM, conclude la prima parte della sua arringa illustrando i rapporti di Digilio con la struttura di intelligence degli USA nel Nord d'Italia; il PM Piantoni analizza le "veline"della fonte Tritone, M.Tramonte, dalle quali emerge l'organicità dello stesso ad Ordine Nuovo di Mestre. Piantoni ha sottolineato le anomalie di trasmissione al centro di 2 veline fondamentali di Tritone, quella del 23.5.1974 e quella del 8.6.1974 e la loro fondamentale importanza per i contenuti; nelle dichiarazioni rese tra il marzo 1993 ed il luglio 2003 ha iniziato una azione di depistaggio con l'obbiettivo di portare lontano da Mestre l'attenzione degli inquirenti.Questa nella estrema sintesi di un flash su di Beppe Montanti nella pagina di facebook dedicata al processo per la strage di Brescia, l'aggiornamento sull'udienza odierna, la seconda dedicata all'arringa dei pm (qui la cronaca della prima, che si è svolta ieri). E qui tocca segnalare una clamorosa convergenza parallela, per usare un ossimoro moroteo. Perché contro la veridicità delle accuse di Tramonte e, in particolare, sulla non credibilità della velina dell'8 agosto si era scagliato nella sua lunga testimonianza, l'ex ergastolano dei Nar e cofondatore di Ordine nero, Fabrizio Zani. Segnalando alcune grottesche incongruenze: come un appuntamento clandestino di trenta neofascisti milanesi per partire per un raduno in Svizzera da un parco milanese alle 3 di pomeriggio del 3 agosto. L'ideale per non farsi notare. Anche se probabilmente a far scatenare il fantasioso addetto stampa del gruppo terroristico milanese sia stata la circostanza che le ricostruzioni dello "spione" Tremonte avvaloravano un suo ruolo subalterno e il particolare disdicevole che il volantino di smentita sulla responsabilità di Ordine nero sulla strage dell'Italicus non sia stata farina del suo sacco ma appunto una direttiva proveniente dal summit internazionale.
Eppure Tramonte (prima della ritrattazione) e Zani convergono su una questione fondamentale: perché il primo ricostruendo la fase preparatoria della strage, la colloca sull'asse Mestre-Verona e il secondo attribuisce il gesto finale al defunto Pagliai, esponente del circolo milanese La Fenice. E tutto l'impianto accusatorio, a partire dalla storica sentenza ordinanza del giudice Salvini che ne costituisce il retroterra strategico, si fonda sull'assioma che l'asse Mestre-Milano fosse la massima espressione organizzativa della componente ordinovista RIENTRATA nel Msi e responsabile della strategia stragista, con buona pace dell'onorevole Taviani, che invece aveva deciso di forzare i tempi e sciogliere il Movimento politico Ordine nuovo, ritenuto, a questo punto a torto, la centrale del terrore.

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