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Vigliani chiede giustizia (e che nessuno strumentalizzi la sua storia)

A un anno di distanza dall'attentato subito, l'ex leader di Casa Pound Bologna scrive una lettera aperta per chiedere giustizia e prendere le distanze dalla sua vicenda politica

LETTERA APERTA.
UN ANNO SENZA GIUSTIZIA.

Sono Alessandro Vigliani e questa è la mia famiglia: oltre a me, Giorgia e Valerio. Noi tre.
Eppure un anno fa, nella notte tra il 3 e il 4 giugno, subimmo un attentato che avrebbe potuto costarci caro: la porta della nostra abitazione, al tempo sede politica di un movimento politico, venne inondata da cinque litri di benzina e le fiamme non divamparono all’interno del locale soltanto perché decisi di non aprire la porta usando come via d’uscita per me e la mia famiglia la finestra che dava sul cortile.
Al tempo militavo in un movimento politico, oggi invece, sono io, io e basta a rappresentare me stesso; queste due righe, che forse piaceranno meno a qualcuno, sono la volontà di smarcarmi dal “ricordo politico”e porre un freno a chi dovesse, in occasione del 4 giugno, rammentare l’attentato come ai suoi danni sentendosi “obiettivo” del gesto scellerato di qualche imbecille.
Questa lettera è la chiara volontà di segnare quel ricordo come mio e della mia famiglia, scevro dall’ideologia e da qualsiasi movimentismo, poiché, senza alcun rimpianto, ho concluso già da tempo la parentesi politica con casapound.
A questo punto molti diranno che se non ci fosse stata la politica di mezzo l’attentato non ci sarebbe mai stato: vero, ma è bene ricordare che quell’atto resta comunque lesivo nei confronti di una abitazione privata (intestata al tempo nel contratto d’affitto a me e non a un movimento) e di due persone, anzi tre - perché quella notte, non dimentichiamolo, nel grembo di Giorgia c’era un feto di quattro mesi oggi divenuto un bellissimo bambino – e non può essere una giustificazione il fatto che fosse adibita a sede politica perché si entrerebbe in un labirinto pericoloso.
Ma scrivo questa lettera anche perché a un anno da quell’evento nulla è stato fatto: non c’è un colpevole, non ci sono indagati. Niente di niente. Chi colpì resta libero nella sua infame ombra sicuramente compiaciuto di poter ridere di una giustizia che nemmeno lo impensierisce.
Eppure io sono un cittadino italiano e come cittadino ho l’onere dei doveri – quando ho sbagliato ho pagato – e avrei il diritto ad avere dei diritti – quindi di essere difeso dallo stesso Stato di cui, solo in teoria, dovrei essere figlio -.
Si ha l’idea, mi sia perdonato l’ardire, di una giustizia che funziona a intermittenza e di apparati tecnologici capaci di entrare in azione soltanto ad personam e spesso con particolare generosità e fantasia nel carpire messaggi cifrati da innocue discussioni.

Concludendo, come molti sanno in questo momento non vivo a Bologna, ma spero di poter tornare nella vostra splendida città al più presto. Già da ottobre, magari. Ho deciso di far crescere mio figlio nella città che avrebbe potuto togliergli la vita ma vorrei raccontare, un giorno a lui, che chi tentò di ucciderlo ha pagato il conto con la giustizia.

In fede
Alessandro Vigliani

2 commenti:

  1. Ed ha perfettamente ragione. Anche se prima della giustizia pubblica ci dovrebbe essere giustizia morale da parte di alcuni. Ma come disse qualcuno....questa è un'altra storia!

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  2. Sono felice che tu sia cambiato Alex, ci ho sperato tanto.

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