Header Ads


Maria Carola delle Chiaie: ora finirà la lunga storia della persecuzione di Avanguardia?

(umt) Dopo la clamorosa audizione in Antimafia del procuratore di Caltanissetta che ha annichilito la pista nera sulle stragi di mafia del 1992-93, la vedova di Stefano Delle Chiaie, Maria Carola Casale, ha diffuso una nota collettiva con gli ex militanti e sostenitori di Avanguardia nazionale. La pubblichiamo integralmente

Lo diciamo da anni, era normale che il regime a suo tempo tentasse di eliminare Avanguardia Nazionale perché è stata l’organizzazione rivoluzionaria più pericolosa per le sezioni italiana e sudamericana dell’Ordine Mondiale Liberale.

LE RAGIONI DELL’ODIO

Avanguardia aveva iniziato con gli incidenti di Valle Giulia quando aveva tentato seriamente di rompere la logica degli opposti estremismi tentando di unire tutte le forze giovanili che non riconoscevano l’autorità della Casta e della finta meritocrazia liberale che ne nominava gli esponenti. Il divide et impera era in pericolo.

Avanguardia poi aveva continuato con la Rivolta di Reggio Calabria dove aveva dato voce alla periferia italiana che non sopportava più le decisioni arroganti della Casta e dei suoi partiti complici delle varie mafie locali. Ricordiamo che nei due rioni di Reggio, Sbarre e Santa Caterina, la periferia della periferia dove mancava da sempre l’acqua, la polizia non riuscì ad entrare per sette mesi neanche con le autoblindo. Poi fecero arrivare i carri armati quando Reggio stava per trasformarsi nella Belfast italiana.

E, per finire, col tentativo di sovranismo ante litteram, quando Avanguardia convinse i partiti boliviani a scavalcare i mediatori statunitensi che controllavano le vendite dei prodotti di quel paese. Quelli decidevano quanto vendere, a chi vendere e a che prezzo vendere, fino a quando Avanguardia non iniziò a contattare le maggiori industrie dei Paesi nonallineati per restituire ai boliviani la gestione di quei prodotti.

L’odio verso Avanguardia era diventato internazionale.

INIZIA LA PERSECUZIONE

Tutto questo generò una persecuzione nei confronti di quei militanti rivoluzionari. Una persecuzione tramite l’eliminazione fisica, le accuse giudiziarie e la diffusione di calunnie, necessarie per interrompere la forte potenzialità del messaggio di Avanguardia verso le fasce popolari più prevaricate.

Prima tentarono vari agguati contro delle Chiaie in Bolivia, concordati tra i servizi segreti americani e quelli italiani, come esplicitato a chiare lettere dal documento del Sismi desecretato nel 2014. A causa di quegli agguati avvenne l’omicidio politico di Pierluigi Pagliai, accusato ingiustamente per la strage di Bologna, senza che avesse mai commesso alcun reato. Omicidio mai indagato e ancora oggi irrisolto. Come pure resta irrisolto l’omicidio di un altro militante di Avanguardia Nazionale, Carmine Palladino, assassinato dai sicari del regime nel carcere di Novara. Anch’egli accusato per la strage di Bologna e anch’egli innocente. Era solo un rivoluzionario capace, onesto e coraggioso.

In quel periodo fu tutto un susseguirsi di accuse per le stragi in Italia, durate nel tempo ma poi tutte crollate per le enormi falsità in esse contenute, alcune debordanti nel ridicolo. Valga per tutte l’accusa di aver organizzato la strage di Bologna preparandola in una fabbrica di cerniere a San Giovanni in Persiceto, senza neanche aver controllato se esisteva quella fabbrica.

CI PROVANO ANCHE CON LA MAFIA

Liquefatto il filone delle stragi, la persecuzione era proseguita con l’accusa di un’alleanza tra Delle Chiaie e la mafia siciliana. Basata sul nulla e finita nel nulla come dichiarato dal procuratore Salvatore De Luca titolare delle indagini e come ribadito dal gip. Sul ruolo di delle Chiaie egli dice il 9 dicembre davanti alla Commissione Antimafia: “Giudiziariamente vale zero tagliato”. Poi lo ripete: “Zero tagliato”.

Pagherà adesso qualcuno dei giornalisti e dei politici che inventavano quelle accuse per i loro interessi?

BELLINI, ULTIMO CONIGLIO DAL CILINDRO

Finito tutto? No, resta ancora un’ultima calunnia, quella che un condannato per la strage di Bologna possa appartenere ad Avanguardia Nazionale, tale Paolo Bellini. Perché conta Bellini? Qualunque degli ex militanti di Avanguardia Nazionale avrà valutato: “Chi se ne frega se hanno condannato quel Bellini, mica nessuno di noi lo conosceva. Neanche sappiamo se veramente si chiama Bellini, neanche sappiamo se quella è veramente sua moglie, neanche sappiamo se veramente farà la galera. Radio Popolare di Milano ci ha insegnato come alcune carceri hanno le uscite separate, tipo il carcere di Bergamo dove, nelle celle dei pentiti erano visibili le racchette da tennis senza che nel carcere ci fosse un campo da tennis. Bellini potrebbe essere tranquillamente uno stipendiato di qualche ministero, quanti ne abbiamo visti”.

Tutto vero, ma non possiamo ignorare il tribunale di Bologna che ha respinto un corposo plico di documenti spedito dall’ex Presidente di Avanguardia Nazionale dove si dimostrava che Bellini non aveva niente a che fare con la sua ex organizzazione. Perché Bellini stesso non ha mai tentato di smarcarsi da Avanguardia Nazionale e anzi, imbeccato, ha corretto i suoi macroscopici errori di date pur di attestare quell’adesione?

Semplice, perché cambierebbe tutta la narrativa sugli omicidi di Pagliai e Palladino e sull’accusa di stragismo nei confronti di Avanguardia. Oggi la tesi dei calunniatori è la seguente: “Inutile indagare su quei due omicidi, anche se Pagliai e Palladino erano innocenti facevano pur parte di un’organizzazione stragista. Erano nello stesso gruppo di Bellini”. Ecco a cosa serve Bellini, ecco a cosa serve il plico di documenti con il timbro RESPINTO del tribunale di Bologna.

LA PERSECUZIONE E’ FINITA?

Sarà finita quando si scoprirà chi è Bellini e quando si scopriranno i mandanti e gli assassini di Pagliai e Palladino.

Maria Carola delle Chiaie, gli ex militanti e gli ex sostenitori di Avanguardia Nazionale


Pista nera a Capaci, quanto vale Scarpinato

di Alessandro Smerilli

Il 22 giugno scorso il giornalista televisivo Sigfrido Ranucci annunciò trionfalmente nel servizio  a partire da 1h 51' min della puntata di Report (rai3) che la cosiddetta “pista nera” sulla strage di Capaci era viva a vegeta, parola del procuratore di Caltanissetta, Salvatore De Luca

In quella circostanza, essendo un animo sensibile,  confessò di rabbrividire tutte le volte che il senatore M5s Scarpinato, ex procuratore di Palermo e sedicente amico di Giovanni Falcone quando era in vita (smentito dalla  testimonianza di Ilda Boccassini che ha rivelato come non fosse affatto un amico ma facesse invece parte della schiera dei nemici di Giovanni Falcone)  era fatto oggetto di palesi manifestazioni di disprezzo, in particolare dagli ex Ros Mori e De Donno.  Scarpinato è l’inventore della pista nera per Capaci insieme a tante altre inchieste dissoltesi nel nulla nel corso degli ultimi decenni. È stato anche merito suo, che  bruciò improvvidamente un infiltrato messogli alle costole dai servizi segreti di Mori, se la cattura del boss mafioso Matteo Messina Denaro subì un ritardo  di 17 anni.  

In quella puntata di Report Sigfrido Ranucci non si peritò di tenere nella massima considerazione le dichiarazioni del luogotenente Giustini  e di Maria Romeo che avrebbe appreso dal suo compagno ora deceduto Lo Cicero, il quale a sua volta lo avrebbe appreso da altri,  il coinvolgimento dell’avanguardista nazionale Stefano Delle Chiaie (anch'egli ora deceduto)  nella strage di Capaci. Una testimonianza  de relato che riferiva di un’altra testimonianza de relato. Una de relato al quadrato. Maria Romeo è stata definita dal suo giudice delle indagini preliminari una  «dichiarante che tende a rielaborare a suo piacimento notizia apprese casualmente, orientandole nella direzione a lei più favorevole». In parole povere una bugiarda inattendibile che cerca di trarre profitto da qualsiasi notizia le giunga all’orecchio e che è abile a piegare ai suoi interessi adattandola a una tesi precostituita. 

Ranucci che evidentemente aveva mal interpretato il pensiero del procuratore De Luca,  additò inoltre surrettiziamente, utilizzando il potente mezzo televisivo, al pubblico ludibrio un giornalista del Dubbio, Damiano Aliprandi, che il generale Mori aveva indicato in una conversazione telefonica privata carpita illegalmente come possibile consulente della commissione Antimafia. 

Inaspettatamente per Scarpinato e Ranucci, ieri Damiano Aliprandi ha avuto la sua rivincita. 

Audito in commissione Antimafia, il procuratore di Caltanissetta Salvatore De Luca ha chiarito aldilà di ogni ragionevole dubbio cosa pensa del luogotenente Giustini, di Maria Romeo, Alberto Lo Cicero e  quanto valga a suo parere l’inchiesta sulla pista nera di Capaci, imbastita dall’ex procuratore di Palermo Scarpinato e incensata  dal giornalista RAI Sigfrido Ranucci : zero, anzi zero spaccato. 

Qui il sunto dell’audizione in commissione Antimafia del procuratore De Luca di Damiano Aliprandi. 

Dopo la diffusione della deposizione del magistrato, l'avvocato di Giustini, che è attualmente processato per depistaggio, ha precisato che  "il carabiniere Giustini non ha mai indagato sul ruolo di Delle Chiaie e le stragi

Qui, invece, ancora Aliprandi sul Dubbio  sulle reazioni politiche...

Nessun commento:

Powered by Blogger.