Così il nazi-latino Fuentes sta spaccando il movimento Maga
La morte di Charlie Kirk sta portando alla ribalta il suo più acerrimo nemico Nick Fuentes e creando caos fra i big del movimento Maga tanto da far temere uno scisma.
Noto nazionalista famoso per il suo radicato antisemitismo e per essere razzista e misogino, Fuentes è stato ospitato al podcast di Tucker Carlson che, nel corso di due ore, non lo ha incalzato sulle sue posizioni estremiste, anzi gli ha lasciato spazio consentendogli di riabilitare la sua immagine davanti ai milioni di repubblicani che seguono l'ex anchor di Fox.
La sua intervista ha irritato molti all'interno del partito repubblicano e scatenato un battaglia interna fra i maggiori esponenti del movimento Maga: da un lato l'ex di Fox, Fuentes e tutti i critici di Israele, e dall'altra parte Ben Shapiro e la cospirazionista Lara Loomer, stretta alleata di Donald Trump, insieme tutti i sostenitori di Israele. Shapiro ha criticato duramente Carlson per aver dato un palcoscenico a Fuentes: lo ha definito un "intellettuale codardo" un "interlocutore disonesto".
"HITLER ERA FIGO. GLI EBREI? DOMINANO L'AMERICA, SONO DA TOGLIERE DI MEZZO. ALLE DONNE? PIACE ESSERE VIOLENTATE" - I DELIRI DI NICK FUENTES, GIOVANE PROVOCATORE DELL'ULTRADESTRA AMERICANA, CHE HA RICEVUTO LA BENEDIZIONE POLITICA DI TRUMP NEL 2022, QUANDO I DUE CENARONO INSIEME - DOPO LA MORTE DI CHARLIE KIRK, LO SVALVOLATO FUENTES STA DIVENTANDO SEMPRE PIÙ FAMOSO GRAZIE AL TRAINO DI TUCKER CARLSON - IN PIÙ LA VITTORIA DEL SOCIALISTA MAMDANI A NEW YORK HA POLARIZZATO ANCORA DI PIÙ IL MONDO "MAGA", CHE FA UN ALTRO PASSO A DESTRA...
Estratto dell'articolo di Massimo Gaggi per il “Corriere della Sera”
Adolf Hitler? Un tipo «cool», figo. Gli ebrei? Dominano l’America, vanno tolti di mezzo. Alle donne piace essere violentate. Fino a qualche tempo fa, il sostenitore di queste tesi, Nick Fuentes, un provocatore di ultradestra con un piccolo seguito di fedelissimi, era fuori dal perimetro del mondo Maga, anche se Donald Trump aveva cenato con lui nel 2022. Criticato per aver dato credito a un sostenitore del nazismo, The Donald se l’era cavata dicendo che non sapeva delle sue idee estreme.
Ma ora, dopo che nella destra si è aperta la gara per colmare il vuoto lasciato dall’assassinio di Charlie Kirk alla guida della gioventù più radicale, Fuentes, trainato da Tucker Carlson — il più popolare conduttore televisivo ultraconservatore, molto apprezzato da Trump — sta diventando una figura di peso.
Donald Trump, che per lasciare in ombra i cattivi segnali elettorali del voto di martedì scorso parla di una frattura nella sinistra che vince a New York con un candidato socialista democratico che lui denuncia come estremista comunista, ora deve fronteggiare in casa sua, il mondo Maga, una divisione che potrebbe diventare ben più lacerante:
quella tra i suoi fan tradizionali, ultraconservatori, ben disposti nei confronti della ricetta politica autoritaria della sua presidenza, sostenitori di una inscalfibile identità giudaico-cristiana dell’America, e una falange di giovani attivisti di estrema destra con idee che fino a ieri non avevano cittadinanza nella politica americana.
[...] Il caso è esploso a metà della scorsa settimana. Carlson ospita Fuentes nella sua trasmissione e si mostra sostanzialmente d’accordo con le sue tesi aberranti. Immediatamente trumpiani «istituzionali» come lo speaker della Camera, Mike Johnson, e il senatore Ted Cruz, condannano duramente Carlson per aver offerto il suo megafono all’antisemitismo di Fuentes (altre affermazioni come «se la maggior parte dei neri venisse messa in galera l’America somiglierebbe di più a un paradiso» non sembrano suscitare altrettanta indignazione).
La Heritage Foundation, il think tank conservatore, supporto culturale e programmatico delle presidenze repubblicane da Reagan a Trump che, dopo averlo sconfessato, sta attuando punto per punto il piano autoritario offerto col suo Project 2025, è in subbuglio: molti suoi esponenti chiedono al presidente, Kevin Roberts — un leader che ha spostato molto a destra il baricentro dell’organizzazione — di sconfessare Carlson, grande amico della Heritage.
Roberts non solo rifiuta di farlo, ma accusa quelli che lo criticano di essere un ceto di globalisti, un insulto nel mondo del sovranismo. Di più: il presidente denuncia l’attacco di una «coalizione velenosa».
A quel punto diversi esponenti di primo piano della Heritage si dimettono. Altri chiedono la testa di Roberts che, consapevole di aver esagerato, si scusa per aver parlato di avvelenatori (alludendo a un antico stereotipo antisemita), definisce Fuentes una persona malvagia, ma continua a difendere Carlson.
Così si trova tra due fuochi: accusato dagli ultrà di Fuentes di essere un opportunista senza coraggio, mentre Stephen Moore, economista di punta della Heritage, coautore del Project 2025 e stretto collaboratore di Trump, sostiene che Roberts è ormai alla mercé di «oscuri bassifondi di una destra giovanile online» attratta da tesi inaccettabili. [...]
IL MONDO “MAGA” NON E' UN MONOLITE – L’INTERVISTA ALL’INFLUENCER NEONAZISTA NICK FUENTES, DA PARTE DI TUCKER CARLSON, RISCHIA DI CREARE UNA FRATTURA NEL PARTITO REPUBBLICANO – CINQUE MEMBRI DELLA TASK FORCE SULL’ANTISEMITISMO DELLA “HERITAGE FOUNDATION”, BASTIONE DEL CONSERVATORISMO, SI SONO DIMESSI PER PROTESTARE CONTRO IL PRESIDENTE DEL THINK TANK CHE NON HA BIASIMATO I CONTENUTI DELL’INTERVISTA NE' LE MODALITÀ CON CUI CARLSON HA LASCIATO FUENTES LIBERO DI FARE AFFERMAZIONI VIOLENTISSIME PRO-HITLER E ANTISEMITE – L’AMMINISTRAZIONE HA PREFERITO RIMANERE IN SILENZIO, L’UNICO A PARLARE È STATO…
Per capire cosa sta succedendo nella galassia conservatrice bisogna andare al 214 Massachusetts Avenue non distante da Capitol Hill a Washington. Qui sorge l’Heritage Foundation, è il think tank bastione del conservatorismo. […]
Venne fondato 52 anni fa e servì all’inizio per creare i capisaldi della dottrina Reagan. Erano gli anni Settanta quelli di passaggio nel mondo repubblicano diviso, politicamente e dottrinalmente, fra la linea dura ma pragmatica di Nixon e poi di Ford e quella più ideologica dell’aspirante presidente.
Oggi la Heritage Foundation, che in cinquant’anni di vita, ha visto oscillare il suo potere di influenza fra i repubblicani ma mai l’ha visto intaccato seriamente, barcolla.
Colpa di un’intervista. […] Quella fra Nick Fuentes, 27enne paladino dell’America bianca, simpatizzante – almeno ad ascoltare le sue parole – di Hitler definito «davvero forte (cool)», antisemita perché ha detto che gli «ebrei perfidi» dovrebbero «essere condannati a morte» dopo «che prenderemo il potere»; e Tucker Carlson, ex imbonitore della Fox News, agitatore del mondo Maga e capace ora con il suo personalissimo show trasmesso su piattaforme come YouTube di attirare 5 milioni di spettatori.
[…] Ebbene l’intervista ha segnato la grande spaccatura non solo nel mondo conservatore, quello paludato dei think tank, ma soprattutto nel mondo Maga. Con tanto di silenzi nelle stanze delle istituzioni, l’Amministrazione, dove nessuno parla, commenta e prende posizione se non JD Vance, vicepresidente che invita i conservatori a unirsi contro il nemico comune: i democratici. E non a perdersi in faide intestine.
La Heritage sta vivendo un terremoto di grande magnitudo perché Kevin Roberts, il suo presidente e l’architetto del Project 2025, il programma di governo della destra al potere […] ha fatto un post su X nel quale non ha preso le distanze dai contenuti dell’intervista e dalle modalità con cui Carlson ha lasciato Fuentes esprimersi senza contraddittorio sparando frasi violentissime.
Dentro l’Heritage è scoppiata la rivolta, cinque membri della task force sull’antisemitismo si sono dimessi e Chris DeMuth, in passato presidente dell’altro grande think tank conservatore l’American Enterprise Institute, si è dimesso. Roberts ha provato a spiegare e in una riunione si è scusato ma ha tenuto il punto sul fatto che Carlson è un amico e che Fuentes – persona malvagia, dice – ha un pubblico che potrebbe essere recuperato.
E in fondo sta proprio qui il grande scontro e dilemma nella galassia conservatrice. Il Partito repubblicano è sempre stata una coalizione di pensieri e visioni diverse, talvolta su alcuni temi in contrasto. Ma c’è una direzione, ci sono regole, c’è un’idea filo conduttore che ognuno condivide. Il mondo Maga è frastagliato, crede in Trump essenzialmente, ma spiega in colloquio con La Stampa Charles Kupchan, politologo ed esperto di scenari internazionali, «Trump non è Maga, è un pragmatico che vuole risolvere i problemi a modo suo». Non ha insomma un apparato dottrinale o ideologico ben chiaro da seguire. […]
Il Washington Post sostiene che Fuentes ha innescato una guerra civile in un movimento costituito da una rete di relazioni spesso solo tramite i social dove i vari esponenti si contrastano e si sostengono ovviamente anche a colpi di milioni di seguaci. Con l’obiettivo di creare una “infosfera” alternativa rispetto a quella dei mainstream media.
È una missione che sta funzionando se pensiamo non solo al seguito di Carlson ma anche all’accesso senza precedenti che i blogger ultraconservatori hanno alla Casa Bianca e al presidente Trump che tiene eventi ad hoc con loro e tramite i loro canali social e le dirette streaming contrasta la narrazione degli eventi che viene fatta da NBC, ABC e CNN per citare le tv “più odiate dal tycoon”. […]
FONTE: DAGOSPIA










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