Il Foglio, il nazi-trans e il paradosso dei diritti
AGGIORNAMENTO 27 AGOSTO
IL NEONAZISTA CHE SI DICHIARA DONNA PER ANDARE IN CARCERE FEMMINILE E IL PARADOSSO DEI DIRITTI
Antonio Gurrado per www.ilfoglio.it
Occhio al transgender neonazista. Leggo che questo signore tedesco, pluricondannato per incitamento all’odio e nostalgie hitleriane, ha dichiarato di essere in realtà una signora tedesca, così da venire recluso in un carcere femminile.
Ora, la legge tedesca consente che l’identificazione di genere passi attraverso l’esclusiva autocertificazione, ragion per cui quella che a prima vista pare una mascherata potrebbe essere sufficiente a garantirgli di vedersi riconosciuto un diritto contro il quale, a quanto apprendo, lui stesso ha combattuto strenuamente, macchiandosi anzi di reiterati episodi di transfobia.
Ecco. Forse c’è un giudice a Halle, dove il bel tomo dovrà scontare la pena, che in extremis impedirà il danno e la beffa; speriamo. Resta però un paradosso della nostra società, la concessione dei diritti: più la si facilita per andare incontro ai deboli e ai sofferenti, più è facile che ne approfittino i loro nemici, che non sono deboli e non soffrono affatto
Il capo nazi-no vax si fa trans per andare nel carcere femminile
SVASTICHELLE ALLO STATO FLUIDO! LA PROVOCAZIONE DI MARLA-SVENJA LIEBICH, IL NEONAZISTA PIÙ CELEBRE DI GERMANIA: SI DICHIARA TRANS PER SCONTARE LA PENA IN UNA PRIGIONE FEMMINILE - NELL’ESTATE 2024 LA TRANSVASTICHELLA HA CAMBIATO SESSO: IN GERMANIA, INFATTI, BASTA UNA SEMPLICE DICHIARAZIONE ALL’UFFICIO COMPETENTE – SU COME LA PENSI REALMENTE LIEBICH BASTI RICORDARE CHE ANCORA TRE ANNI FA DEFINIVA I TRANS “PARASSITI DELLA SOCIETÀ” – LA FOTO HORROR CON CAPPELLO DI PAGLIA A TESE LARGHE, OCCHIALETTI DA JOHN LENNON, ROSSETTO ROSSO DA BATTONA, ORECCHINI D’ORO MODALITA' REGINA GIPSY E BAFFI DA PORNODIVO…
Mara Gergolet per corriere.it – Estratti
Quando Marla-Svenja Liebich si presenterà nel carcere di Halle venerdì prossimo, avrà fine il tormentone tedesco di questa tarda estate: andrà nell’ala femminile o in quella maschile? Pochi dubbi che Liebich sia il neonazi più celebre della Germania: una carriera trentennale, segnata da razzismo, attivismo e performance surreali, che l’hanno reso un nome popolare.
Fino all’ultima giravolta: nell’estate 2024, con il
carcere a un anno e sei mesi ormai incombenti — vista la sfilza di condanne e
multe — ha cambiato sesso. E così, da Sven diventata Svenja con una semplice
dichiarazione all’ufficio competente, ha preteso di finire in cella tra le
donne. La direttrice del carcere dice che lì, all’inizio, dovrebbe andare,
perché bisogna obbedire alla legge.
Qualche attivista trans, e perfino la claque neonazi,
canta vittoria. «Maria Svenja Liebich non deve essere rinchiusa in una prigione
per uomini! I diritti delle persone trans sono diritti umani!!! Riconoscetela
per ciò che è e che è sempre stata: Una donna»: ed è difficile distinguere su X
tra account satirici, parodie e l’estremismo attivista (quest’ultimo post è
satira).
Svenja, 54 anni, ha imbracciato il nuovo ruolo da par
suo, e si presenta in foto con un cappello di paglia a tese larghe, occhialetti
da John Lennon, rossetto rosso, orecchini d’oro e baffi da conservatore
dell’Ottocento. Se l’obiettivo era far andare in tilt il sistema o almeno i
social, ci è riuscita/o.
Pochi dubbi, invece, su come la pensi. Ancora tre anni fa, definiva i trans «parassiti della società», uno dei suoi bersagli prediletti, i «transfascisti». (...)
Dall’inizio, Svenja era il capo di Blood & Honor,
poi vendeva per corrispondenza cassette di rock neonazi (Rechtsrock), scriveva
sul blog Halle Leaks finché non fu chiuso per i contenuti d’odio, e campava
vendendo magliette e spillette, rifilando nel campionario delle scritte sulle
T-shirt una serie di slogan razzisti. Ha venduto anche mazze da baseball
anti-migranti («il miglior mezzo per farli tornare a casa»). E durante il
Covid, dov’era ovviamente un attivista no vax, stelle di Davide gialle con
dentro scritto: io non mi vaccino. Per tutte queste cose, è stato multato, o
condannato.
Ma mai ha fatto parlare di sé come con questa parodia di
transizione di genere. Il fatto è che per la legge è donna. I commentatori
conservatori, e anche quelli che occhieggiano all’Afd — nella nuova galassia
giornalista dell’ultradestra tedesca — ci sono andati a nozze. Julian Reichelt,
ex direttore della Bild ora a capo del magazine Nius — si rifiuta di usare il
femminile per Sven: «Chiunque segua le notizie sul neonazista Sven Liebich può
giungere a una sola conclusione: il governo semaforo è riuscito per legge a
costringere quasi l’intero panorama mediatico tedesco a dire il falso e a
sostenere cose grottescamente sbagliate. Sven Liebich non è una donna», ha
scritto.
Citato in giudizio, Reichelt ha vinto la causa contro
l’interessato. Ci sarebbe margine per posizioni più ragionevoli, come quelle
del giurista Christian Rath, che ritiene la registrazione all’anagrafe di
Liebich «abusiva»: «Chi cambia il sesso solo a scopo provocatorio sarà
probabilmente trattato come uomo nel sistema penitenziario».
Ma di questa sensatezza nel dibattito non c’è traccia,
perché Liebich è riuscito ad aprire un vero Kulturkampf, una guerra culturale.
Ma come ha fatto la Germania a infilarsi in un simile
ginepraio? Quella legge, ora, sembra non avere padri. Fu concepita dal governo
semaforo, sotto la spinta di un gruppetto woke, prevalentemente dei Verdi.
Si pensò che riguardasse poche persone, che non
interessava veramente nessuno: i Verdi ora cascano dal pero, i liberali fanno
spallucce come se non li riguardasse, la Spd ha e aveva altri guai, e quella
legge sembrò un modo facile per allargare i diritti.
Furono ignorati gli avvertimenti che il cambio di
sesso facilitato, fin dall’adolescenza, può avere effetti destabilizzanti, fu
snobbata la discussione sugli sport. Soprattutto, non si capirono i tempi
polarizzati, né il potenziale esplosivo che i militanti di destra (o i woke)
potevano innescare.
Non era ancora arrivata la sentenza dell’Alta Corte
britannica, il verdetto del buonsenso che sancì la tutela dei diritti trans ma
dice che i sessi sono due e che donna è chi è biologicamente donna, dando un
po’ di sollievo — e finalmente un appiglio normativo, e culturale alto — alle
posizioni meno radicali.
Invece, in Germania qualcosa è andato storto.
Regalando l’ora di massima notorietà, l’illusione di dettare il dibattito a
lungo inseguita, a uno dei suoi peggiori neonazisti.
FONTE: Dagospia


Nessun commento: