La sindaca di Merano si scusa: ma era una prepotenza della destra
Katharina Zeller, il giovane neo sindaco di Merano, nella tempesta per essersi sfilata la fascia tricolore nella cerimonia di insediamento, si scusa ma contrattacca. Il gesto è una risposta - sbagliata, ammette - a una provocazione del sindaco uscente, di cui era stata la vice e che ha reagito male alla sconfitta sbita perché il centrosinistra ha sostenuto la sua avversaria, assicurandole la vittoria.
"Non mi sono sfilata la fascia - ha spiegato a la Repubblica - per mancare di rispetto al tricolore. Rappresenta l’Italia, la mia patria: in qualità di vicesindaco negli ultimi anni ho sempre indossato il tricolore in ogni occasione ufficiale e così farò anche in futuro. Mi sono opposta a un gesto provocatorio, teso a presentarmi come una bambina infantile obbligata ad ubbidire a un esperto uomo maturo. Ero emozionata e a mente fredda non lo rifarei. Capisco che una parte di cittadini non solo altoatesini, ignara delle ragioni politiche della prepotenza di un sindaco di destra appena sconfitto dalla sue ex vice sostenuta anche dal centrosinistra, possa essersi sentita offesa. Per questo è stato un gesto istintivo ma inopportuno: non ho problemi a chiedere scusa”.
A difesa della sindaca scende in campo Vanda Carbone, storica dirigente del Pds, ex assessore e capogruppo consiliare:
Torno a ripetere, ho riguardato il video più volte, lui apre la fascia e gliela vuole far indossare lui. Non le porge la fascia, invade la sua bolla di 46 cm, invalicabile se non sei intimo e insiste. Al solito lo spazio intorno al corpo delle donne non esiste, è valicabile. Continuo a pensare che ad un uomo lui questo non lo avrebbe fatto. Quindi non mi sento di inchiodarla, anzi. Lui doveva stare al suo posto, darle la chiave e dirle "qui c'è la fascia", poi se lei non l'avesse indossata avrebbe sbagliato, così lui ha fatto il maschio alfa.
Ed i maschi alfa ed anche le femmine (perché l'essere alfa non si distingue x genere) si sono buttati a pesce per fare l'esame del sangue a Katharina, della sua italianità, del suo senso delle istituzioni, del rispetto nei confronti degli italiani e della Nazione.
Augias svillaneggia la sindaca di Merano
"SIGNORA KATHARINA ZELLER, SE LE FA CAGARE IL TRICOLORE SE NE VADA A FARE IN CULO IN AUSTRIA" - SUI SOCIAL MONTA LA RABBIA DEGLI UTENTI CHE HANNO VISTO IL VIDEO DELLA NEO-ELETTA SINDACA DI MERANO, IN PROVINCIA DI BOLZANO. NEL FILMATO LEI SI TOGLIE LA FASCIA TRICOLORE DURANTE LA CERIMONIA DI INSEDIAMENTO IN MUNICIPIO - I TWITTAROLI VANNO GIÙ PESANTE: "ZELLER SI DIMETTA, LASCI IL PAESE E VADA A CAGARE" - CORRADO AUGIAS, DOPO AVER DEFINITO SINNER UN "ITALIANO RILUTTANTE", SCRIVE DELLA SINDACA CHE VIENE DALLA STESSA PROVINCIA DEL TENNISTA: "RENDE ESPLICITA NELLA SUA BRUTALITÀ UNA SITUAZIONE CHE MOLTI CONOSCONO" - NEI CORRIDOI DELLA "LUISS" DI ROMA, DOVE ZELLER SI È LAUREATA, LA PRIMA CITTADINA VIENE RICORDATA PERCHÉ SI RIFIUTAVA DI PARLARE ITALIANO CON I SUOI COLLEGHI. MA QUANDO SI E' TRATTATO DI ESSERE ELETTA...
Corrado Augias per "La Repubblica"
Il gesto di Katharina Zeller, sindaca di Merano, che ha gettato su una sedia la fascia tricolore per conservare solo il medaglione cittadino, rende esplicita nella sua brutalità una situazione che molti conoscono ma di cui pochi sono disposti a parlare apertamente. Per carità di patria, per pudore, per interesse, per non riaprire una ferita vecchia più di un secolo che risale cioè a quando a guerra vinta, 1918, il Tirolo meridionale venne assegnato al Regno d’Italia.
Da allora la questione altoatesina è stata un problema che si è manifestato, dopo l’italianizzazione forzata del fascismo, con attentati e bombe, e che per fortuna appare da qualche tempo pacificato. In superficie.
Questo è certamente un bene, la soluzione trovata si fonda però su elementi disparati e non risolutivi che nascondono ma non cancellano ciò che cova sotto la superficie. Hanno agito gli interessi turistici, l’abbondanza delle sovvenzioni statali a quella provincia, l’abolizione della frontiera con l’Austria grazie all’Unione europea e a Schengen. Restano diversi la lingua, i costumi, l’alimentazione, l’organizzazione sociale, l’architettura dettata dal clima, tutti elementi che rendono così attraente – e così diverso - quell’angolo d’Europa, curato, si deve dire, come un giardino.
Il presidente della provincia Arno Kompatscher, nella cortese lettera che ha voluto indirizzarmi, afferma che sarebbe un errore rivendicare un’identità monolitica in un Paese come il nostro. Condivido, io stesso ho scritto più volte che questo resta impossibile per la nostra storia nazionale, per le condizioni geopolitiche, per la stessa conformazione fisica della penisola, troppo lunga, troppo stretta, gettata di traverso nel Mediterraneo. Se in famiglia a Bolzano si parla tedesco, nelle altre province, in particolare nell’estremo Mezzogiorno, si parlano dialetti locali spesso incomprensibili per gli estranei.
Nonostante la benemerita funzione divulgativa della televisione che ha diffuso un italiano parlato medio sull’intero territorio nazionale. Naturalmente a favore di chi ha davvero voglia di apprenderlo. La situazione di disagio di molti residenti di lingua italiana in Alto Adige rimane.
Frequento quell’incantevole angolo d’Europa da molti anni, conosco molte persone, ho parlato più volte di questo problema anche con amministratori locali di lingua italiana. Il parere unanime è che se la sutura completa tra le due comunità non si è completata in un secolo e passa di vita comune non si risolverà nemmeno in un prossimo prevedibile futuro.
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La Sudtiroler Volkspartei ha gestito in modo politicamente accorto questa complessa situazione, forte degli accordi De Gasperi-Gruber che già nel 1946 avevano trovato un certo accomodamento. Si trattava di rimediare alla politica suicida adottata dal fascismo che aveva ottenuto un solo risultato: quando l’Alto Adige venne occupato durante la guerra, le truppe naziste vennero accolte come liberatrici da molti abitanti di lingua tedesca.
L’accortezza della Svp, cui accennavo, è stata di cercare un’equilibrata vicinanza ai partiti di centro sinistra a livello sia locale sia parlamentare. Questo equilibrio ora si è rotto nell’amministrazione della Provincia e, con il voto di domenica scorsa, nel capoluogo, Bolzano, che ora vedono maggioranze di centro destra dove elementi Svp sono alleati con i Fratelli d’Italia. I rappresentanti di due nazionalismi opposti stretti in un accordo che porta a livello locale la maggioranza esistente a Roma cancellando però una realtà territoriale profondamente diversa a cominciare dalla storia dei luoghi.
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Non c’è molto da stupirsi o da recriminare, la politica conosce queste contraddizioni. Bisognerebbe però avere la forza e l’onestà intellettuale di ammetterle sia quando riguardano la sindaca Katharina Zeller sia quando sfiorano altre personalità più note, più amabili ma portate inevitabilmente a condividere il destino della loro terra.
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