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L'ultimo killer degli albanesi? Un principe "nero" già pieno di soldi

 


Pierangelo Sapegno per “la Stampa

Uccidere a Roma è facile, cosa vuoi che sia. È così che è diventata Roma. Al «Principe», Matteo Costacurta, gli fan vedere la foto di Alessio Marzani, quello che devono far fuori, e lui fa una smorfia: «Ha una grandissima faccia di m... Durerà poco». Ci devi pensare tu, gli dicono. Nessun problema: «Non vedo l'ora di portare a termine l'incarico».

Matteo lo chiamano «Il Principe», perché suo padre è un nobile veneto di discendenza importante, è figlio unico, ha il sangue blu ed è pieno di soldi, abita a Roma Nord, possiede un mucchio di case, alcune delle quali all'Olgiata, e un B&B a due passi da San Pietro, è amministratore di una società chiamata Polo, socio titolare dell'esclusivo Roma Polo Club, frequenta le terrazze bene e i Vip a Porto Cervo.

Perché mai deve mettersi a fare il killer? Nell'ordinanza firmata dal gip Andrea Fanelli gli viene rinfacciata «una malvagità che pare addirittura trascendere le finalità economiche della propria azione criminale».

Ma il Principe è venuto su negli ambienti di estrema destra e nel fortino di Massimo Carminati, «er cecato», con il mito degli eroi di guerra e se non c'è una guerra la si fa. Poi valla a capire com' è cambiata Roma e la sua mala.

Chi vuole l'eliminazione di Marzani è un piccolo boss della droga, Daniele Gallarello, che deve pagargli 40mila euro perché quello ha nascosto una partita, s' è fatto il gabbio e non l'ha denunciato, ma lui preferisce sborsarne 45 mila, che sono quelli che gli chiede Elvis Demce, per toglierselo dai piedi.

Elvis Demce, uno che pare un buzzagro se lo vedi, è l'albanese che vuole diventare il padrone della capitale e sogna l'alleanza con gli eredi di Escobar. Bisogna chiedere a lui se vuoi far fuori qualcuno. Il suo socio è Alessandro Corvesi, un nero che bazzica le memorie di Mussolini, ex giocatore nelle giovanili della Lazio, una love story con la show girl Antonella Mosetti e le stesse frequentazioni di Costacurta.

Per questo suggerisce subito il suo nome al capo per far fuori 'sto Marzani: «Lo mannamo a giocà a briscola e tresette co' San Pietro». Lo chiamano anche così il Principe, San Pietro, per via del bed&breakfast che possiede lì vicino. Quando lo conosce, Elvis lo catechizza subito: «Qualcosa gli manca per davvero se davvero è così, gli manca qualcosa davvero, eh. Ce l'ha qualche problema serio». Proprio lui.

La verità è che sono tutti uguali, in questa città che ha fatto la storia e che è rimasta con i suoi brandelli e il suo mondo di mezzo, «i vivi sopra, i morti sotto e noi in mezzo, un posto dove tutti si incontrano».

È dalla banda della Magliana che Roma racconta questo romanzo criminale e che è diventata così. Adesso, Elvis non si accontenta più di essere il boss: «Io sono il Dio», dice. «Qua c'è solo una chiesa. Qui pure i sampietrini sono nostri». Il suo mito è Raffaele Cutolo, «'sto grande uomo», che ha creato un impero dal niente e diceva che «era meglio morire dietro le sbarre in dignità che tra lusso e infamità». E come don Rafé voleva diventare.

Lui se ne frega dei soldi: anche li avesse, confessa, «mi mancherebbe sempre qualcosa, perché so' criminale dentro, pure co' 100 milioni in giacca e cravatta, sempre bandito rimango». Però quando viene Gallarello e dice che Marzani pretende mille euro al mese da lui, un vitalizio, capito?, e che s' è fatto arrogante e non lo sopporta più, Elvis gliene chiede 45mila sull'unghia: 5 sono per le spese, 20 per chi guida la moto e gli altri per chi spara.

Va bene, nessun problema, risponde Gallarello. Ma perché uno che ha di suo tutti quei milioni vuole diventare un assassino per ventimila euro? Sulla pagina Facebook di Matteo Costacurta qualcuno ha lasciato scritto una canzone di De Gregori, che non si capisce bene se è un commento o è per vanto: «C'è chi uccide per rubare, chi uccide per amore. Il cacciatore uccide sempre per giocare. Io uccido per essere il migliore».

Il 20 ottobre del 2020 entra in azione dopo aver preparato con i mandanti l'agguato nei dettagli. Alessio Marzani, 46 anni, quello che vuole farsi rimborsare il suo anno al gabbio e «sta a fà li botti», se ne va in bicicletta per una via di Acilia. Due sicari, a bordo di un «Sh» nero, gli si avvicinano mettendosi al suo fianco. Il killer spara due colpi di pistola: uno lo raggiunge al petto, a pochi centimetri dal cuore, e l'altro al braccio sinistro. Marzani cade in terra, ma si rialza e scappa dentro a un palazzo, chiedendo aiuto.

Un residente gli apre la porta e lo nasconde. Poi chiama il 112. I due sicari sono scappati. Ma i carabinieri ripartono da lì per tornare indietro e ricostruire questo nuovo romanzo criminale. E risalgono al Principe, già accusato di associazione per delinquere e rapina, ritrovato ai margini delle carte di Mafia Capitale, e molto vicino a Luigi Ciavardini, ex Nar condannato per la strage di Bologna. «Il Principe, chi? Matteo?», chiede un amico a Elvis, il dio. Demce ha finito per legarsi a questo nobile con la passione del killer. Sì, lui, risponde fieramente. E l'altro non ci crede: «Ma che stai a dì, quello era uno fuori di testa... Fa le rivoluzioni. Un folle». Storie di Roma. Oggi.


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