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Cane sciolto o cane da grembo

di Giacinto Reale

La memorialistica dei protagonisti degli anni di piombo sul versante neofascista può contare ormai su parecchi titoli, e tra essi si inserisce anche questo, nel quale la scelta stilistica dell’Autore, che quel periodo visse a Roma, è di trasfigurare fatti e personaggi in una dimensione di fantasia, pur serbando un forte ancoraggio alla realtà personalmente vissuta. Chiaro, per esempio, il riferimento ai fatti di Sezze (anche se qui l’assalto al comizio diventa assalto ad una sezione) ed alla successiva esecuzione “vendicatrice”, per mano comunista, di Angelo Pistolesi.
 Per il resto, l’atmosfera di quei tempi, che io pure ho vissuto in epoca immediatamente precedente e diverso contesto territoriale, c’è tutta: le preoccupate incomprensioni dei familiari (che pure qui sono fascisti, ma, soprattutto “genitori”) la fidanzatina oggetto di pressanti inviti a desistere , in casa, e di vere violenze a scuola per la sua scelta sentimentale, le riunioni “militanti” che vedono i partecipanti dividersi, fin quasi a venire alle mani, in fronti contrapposti tra evoliani e non. 
Nessuna eroicizzazione per una scelta di lotta –anche armata- che fu imposta dalla “cattiveria” e dal maggior numero degli avversari, ma che non cambiò la natura “umana” dei protagonisti (il personaggio principale è, come Renzaglia, apprezzato poeta), ed alla quale ciascuno aderì nella misura in cui il carattere e le circostanze imposero. 
Non c’è, tra questi giovani militanti neofascisti, nessuna obbedienza “cieca totale ed assoluta” ad un ideale ed a un precedente storico inattaccabile. Illuminante, in questo senso, la confessione autobiografica quasi all’inizio del volume: 
“Ho sempre pensato che, se avessi avuto 20 anni nel 1919, sarei stato fascista della prima ora, frondista negli anni del consenso, che avrei strappato la tessera del Partito alla promulga delle leggi razziali, e che sarei andato volontario nella RSI, rifiutandomi di trarre la conseguenza etica del fatalismo della sconfitta”. 
“Cani sciolti”, quindi, come recita il titolo, difficili da controllare ma anche da guidare in una direzione univoca, a differenza dei loro avversari che, nella vittoria del proletariato, come si diceva, avevano il faro che illuminava il loro cammino, anche quando apparentemente diverso. In suo nome tutto pareva lecito e niente impossibile, dall’uccisione dell’innocente fratello di un “pentito”, al sequestro del notabile democristiano padrone dell’Italia o del potente Generale dell’Esercito di occupazione americano. 
“Rivoluzionari di professione” nelle ambizioni, ma, nella realtà “cani da grembo” di un’idea totalizzante che non lasciava spazi alla libertà del singolo, fino a farne, nei casi estremi, anche delatore di familiari e amici “deviazionisti”. Non è così per quelli che si sentono eredi ideali dei “fascisti della prima ora”, che, nella realtà dei fatti, in una dimensione oggettivamente minore, ripropongono topoi da “Ragazzi della via Paal”: il rischioso soccorso al camerata che si è ferito per salvarti la vita, il carcere, che rivela un mondo diverso, la prima pistola, che tiene il posto delle “lance dalle punte argentate e delle accette splendenti” degli eroi di Molnar, il primo amore timido e impacciato per una coetanea. 
E’ proprio l’amore a perdere il protagonista del libro, che, incurante del rischio, si reca in ospedale a trovare la sua ragazza gravemente malata e ricoverata Nel loro ultimo incontro, che va avanti praticamente a monosillabi, troviamo, trasfusa nelle piccole cose della quotidianità, la vecchia regola delle “idee senza parole”, per dirla come quelli che “hanno studiato”, che contraddistingue, in effetti, la nostra esistenza. 
Perlomeno di quelli che hanno amato la vita fatta di scacchistici “gambetti”, che sono “quelle aperture dove si sacrifica subito qualcosa per guadagnare spazi di azione e possibilità di attacco..... L’impianto strategico dei gambetti è semplice: semplice attacco frontale al re” Attacco che si è rivelato politicamente suicida, ma non importa, perché ci ha confermato nel nostro essere “uomini”. 
Miro Renzaglia, Cane sciolto il nero muove e perde, Firenze 2021

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