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Picozzi: tutti gli errori commessi con Angelo Izzo


Qualche settimana fa ha suscitato grandi discussioni sulla mia pagina personale facebook un'intervista in cui il criminologo Massimo Picozzi presentava Angelo Izzo, il "mostro del Circeo" come "incarnazione del male". Qui invece propongo, in occasione dell'anniversario, la sua analisi (dal libro Profiler) sulla coazione a ripetere che gli ha consentito di bissare il "delitto del Circeo".

Prendiamo per esempio la storia di Angelo Izzo, che folle oltretutto non è mai stato.

Tutto cominciò nel settembre del 1975, con tre ragazzi della Roma bene, Andrea Ghira, Giovanni Guido e Angelo Izzo, simpatizzanti dell’estrema destra. Ghira e Izzo avevano già precedenti per violenza sessuale; di fatto erano tre criminali, niente di più, tre delinquenti che approfittarono dell’ingenuità di due ragazze per attirarle in un agguato e sequestrarle in una villa al Circeo.

Rosaria Lopez fu uccisa subito, mentre Donatella Colasanti si salvò solo perché, massacrata di botte, si finse morta. Andrea Ghira non fece un giorno di carcere: riuscì a fuggire, si arruolò nella Legione spagnola e finì sepolto in Spagna sotto falso nome. Gianni Guido evase e scappò all’estero due volte, ma venne scoperto e alla fine la condanna l’ha scontata per intero.

La storia di Angelo Izzo invece è un po’ più complicata. Condannato e poi evaso, ripreso e poi promosso a collaboratore di giustizia, alla fine qualcuno ha deciso che meritava di uscire dal carcere in regime di semilibertà.

Dopo trent’anni, nella primavera del 2005, sulla strada del mostro del Circeo sono finite Maria Carmela Maiorano e la figlia adolescente, Valentina. Con loro Angelo Izzo ha fatto lo sbruffone, ma poi ha deciso che non le sopportava più. Non gli bastava però eliminarle con un semplice colpo di pistola; per soddisfare la propria indole crudele, meglio ammanettarle e poi strangolarle.

Izzo si è preso un altro ergastolo, e speriamo che questa volta nessuno si illuda che possa cambiare.

I segnali di come sarebbe andata a finire c’erano tutti, a cominciare dalle due vittime: a raccomandarle al carnefice è stato il loro padre e marito, detenuto insieme a Izzo nel carcere di Palermo. Quell’uomo era finito in prigione per un omicidio, e dopo anni di carcere aveva tutti gli elementi per capire a quale sadico, narcisista e inaffidabile delinquente avesse scelto di affidare due donne sole e indifese.

Altrettanto incredibile è stata poi la scelta di dove collocare Angelo Izzo, pensando alle sue caratteristiche e ai suoi precedenti. Cosa poteva esserci di più inopportuno che assegnarlo allo sportello di ascolto per transessuali e prostitute dell’associazione Città Futura, gestita da un pastore che si è poi autosospeso dal servizio? Cosa dire infine dei due giovani apprendisti che il killer stava mettendo alla prova, per creare un terzetto simile a quello di tanti anni prima?

Mancava solo una dichiarazione ufficiale, in cui Angelo Izzo proclamasse a gran voce: «Sono tornato, proprio come nel 1975, e vi accorgerete tutti di me!»

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