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Il 25 aprile di un pittore e di un narratore di fiabe

Il 25 aprile del 1945...
.... un uomo con un cane al guinzaglio cerca di lasciare a piedi Milano, diretto verso Como. E' uno dei più grandi artisti del Novecento italiano, il pittore Mario Sironi. Ha aderito al fascismo già nel 1919. Il suo è un fascismo sociale e anticlericale, rimane fedele a Mussolini fino all'ultimo. Sironi non ha niente dell' "artista di regime", anche se la sua arte sarà largamente legata al fascismo. Vuole un'arte pubblica, "murale": l'artista non lavora per il mercato, deve essere come i costruttori delle cattedrali, che esprimono miti, simboli, vita della loro società e nelle cui opere da tutti visibili il pubblico si riconosce ed impara. Non c'è retorica nelle sue opere pubbliche, piuttosto un sentimento romano dell'agere et pati.


 In Sironi domina un sentimento tragico della vita, e su di lui ha poi scritto parole profonde e struggenti Guido Ceronetti, che fascista non era. La sera del 25, dunque, lo ferma una pattuglia di partigiani. E' un tempo in cui si fucila senza tanti complimenti il nemico vinto, e molti moriranno in modo peggiore. Il capo della pattuglia riconosce Sironi. E' un maestro elementare comunista, si chiama Gianni Rodari. Dopo la guerra sarà il più famoso autore italiano di favole e poesie per bambini. Parla con Sironi, quindi gli rilascia un lasciapassare: "in nome dell'arte" racconterà molti anni dopo.



Nel mio 25 aprile festeggio un pittore e un narratore di fiabe. E i vincitori che non massacrano i nemici vinti.
Sandro Consolato

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