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Banda della Uno Bianca: riaperte le indagini sui vecchi depistaggi


Tre anni dopo la riapertura dell'inchiesta sui delitti della Uno Bianca, grazie all'ossessione di Massimiliano Mazzanti sul "mistero bolognese" (vedi sotto), trapela, in occasione dell'anniversario della strage del Pilastro, il rilancio di un vecchio filone di indagini sui depistaggi, già aperto nel 1988, quando ancora neanche aveva un nome la banda dei poliziotti banditi e assassini. Stavolta a innescare il rilancio è stato un esposto, presentato a maggio, dai difensori dei familiari delle vittime.
 
La prima volta che l'ex brigadiere dei carabinieri Domenico Macauda venne interrogato dal pm della Procura bolognese Giovanni Spinosa, il 16 giugno 1988, ammise la responsabilità per alcuni capi di accusa, ma ne respinse altri: in particolare, disse di non c'entrare nulla con le imputazioni di calunnia per l'eroina e i bossoli fatti trovare in due perquisizioni, bossoli dello stesso tipo e marca di quelli utilizzati per l'omicidio dei carabinieri Cataldo Stasi e Umberto Erriu, assassinati il 20 aprile 1988 a Castel Maggiore (Bologna). 
Un delitto per cui sono stati condannati i fratelli Fabio e Roberto Savi, killer della banda della Uno bianca. Poi però, in un successivo interrogatorio, il 22 giugno, lo stesso Macauda, esordì dicendo: "Prima che lei mi faccia delle domande ... ammetto tutti gli addebiti", comprese le calunnie prima negate. Macauda in seguito fu condannato proprio per calunnia, per aver fatto accusare pregiudicati e una famiglia di incesurati, attraverso le prove false. E la sua posizione, per gli avvocati dei familiari delle vittime della banda, che a maggio hanno depositato un esposto chiedendo la riapertura delle indagini, rappresenta 

Uno dei punti oscuri di tutta la vicenda. Gli avvocati Alessandro Gamberini e Luca Moser, nella memoria integrativa depositata nei mesi scorsi, con atti dell'epoca citati, hanno segnalato proprio la particolarità di questo cambio di versione e di atteggiamento. La tesi dell'esposto è che questo avvenne al fine di allontanare da sé un'ipotesi più pesante e cioé quella di aver concorso nell'omicidio dei colleghi, che il pm gli aveva contestato solo pochi giorni prima. 
La richiesta dei legali alla Procura, che indaga proprio nell'ambito di un fascicolo per concorso in omicidio, ma a carico di ignoti, è di approfondire che riscontri si cercarono, all'epoca, alle dichiarazioni dell'indagato, quelle fatte quando negò e quelle successive, quando confessò. 

La nuova inchiesta del 2021

La procura di Bologna ha aperto un nuovo fascicolo di indagine a 'modello 45'- senza indagati iscritti né ipotesi di reato - sulla Banda della Uno Bianca capeggiata dai tre fratelli Savi - Alberto, Roberto e Fabio, tutti in carcere, due dei quali poliziotti - che tra il 1987 e il 1994 fece ventiquattro morti e oltre cento feriti. 
"Valuteremo", dichiara all’AGI il procuratore capo di Bologna Giuseppe Amato, confermando l’apertura del fascicolo. La novità, per chiarire le ombre rimaste su una lunga serie di crimini efferati - si è da pochi giorni celebrato il 30° anniversario della strage dei tre carabinieri al Pilastro - arriva a seguito di nuovi elementi, tra cui l’informativa dei carabinieri che hanno acquisito l’audio di oltre 15 minuti della telefonata intercettata del padre di Simonetta Bersani - la testimone che accusò i Santagata per la strage del Pilastro (che nel 1991 costò la vita ai giovani carabinieri Andrea Moneta, Mauro Mitilini e Otello Stefanini) - e il nuovo esposto presentato dal giornalista ed ex consigliere comunale Massimiliano Mazzanti, basato su documenti che testimonierebbero come già nel 1991 si sarebbe potuto scoprire il legame tra i fratelli Savi e l’eccidio del Pilastro, grazie alle indagini della Criminalpol sulle armi utilizzate dai killer. 

La soddisfazione del giornalista

"Voglio sperare che il fine di queste indagini non sia quello di capire che Simonetta Bersani ha mentito. Noi vorremmo finalmente - incalza Mazzanti - che qualcuno scrivesse in un atto giudiziario chi ha istruito Simonetta Bersani, Annamaria Fontana e altri testi che si sono avvicendati in tribunale a sostenere tesi insostenibili fino all’arresto dei Savi e perché hanno fatto tutto questo, perché sono state truccate le indagini sulla Uno Bianca".
La riapertura delle indagini non lo ha colto di sorpresa: "la verità ha la testa dura - dice - L’ho sempre detto ai familiari delle vittime: continuiamo, andiamo avanti, io stesso continuerò a indagare, sperando di poter fornire agli investigatori materiale inedito nei prossimi giorni, nelle prossime settimane e speriamo che questa inchiesta venga espletata fino in fondo con tutto il materiale che gli è stato e che gli verrà offerto. Non è detto che andando a ’sfrugugliare’ quelle carte si trovi qualcosa di più inquietante di quello che già non ci immaginiamo".

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