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2 settembre 1980: i Nar uccidono un tipografo per scambio di persona


L'omicidio del tipografo Maurizio Di Leo è il primo delitto dei Nar dopo la strage alla stazione di Bologna e il blitz del 28 agosto. Un omicidio per scambio, como quello dello studente-lavoratore Antonio Leandri: ancora una volta un proletario ucciso a un posto di un borghese. Le accuse di Cristiano Fioravanti sono abbastanza circostanziate ma il processo finirà in un nulla di fatto. Sarà stato anche per questo che sia Nicola Rao sia io non gli abbiamo dedicato l'attenzione che forse meritava.  

IL PIOMBO E LA CELTICA - Il 2 settembre, a un mese dalla strage, i neri tornano a uccidere. In due, su una Vespa, aspettano all’uscita un cronista del Messaggero, Michele Concina. Lo seguono mentre prende l’autobus, si accodano al mezzo, finché non lo vedono scendere a una fermata, a Monteverde. Uno dei due smonta dalla Vespa, gli si avvicina e gli spara. Subito la rivendicazione: «Qui Nar, abbiamo ucciso il pennivendolo Concina». Il fatto è che il nuovo nucleo dei Nar ha sbagliato persona, uccidendo il povero tipografo del Messaggero Maurizio Di Leo. Il gruppuscolo nero accusa Concina di aver «perseguitato» e «demonizzato» un noto camerata di Roma Nord: Chicco Furlotti. Questi era stato arrestato nel blitz del 28 agosto e accusato da uno stupratore «pentito», Piergiorgio Farina, di aver messo materialmente la bomba a Bologna, su ordine di Calore e Pedretti dal carcere. Furlotti urlerà subito la sua innocenza e produrrà anche un alibi, per sua fortuna inattaccabile: il 2 agosto faceva il buttafuori in una discoteca di Fasano, in Puglia. Ma intanto si sarà fatto diversi mesi di carcere con un’accusa infamante.

GUERRIERI - Dimitri, dal carcere, si affanna disperatamente a far fare macchina indietro ai camerati. Quando viene a sapere che si prepara un agguato contro Rauti, ritenuto un delatore, mette in campo il suo prestigio per scongiurarlo e ne ricava in premio un’imputazione di omicidio. Cristiano Fioravanti lo accuserà, con Pedretti, di essere il mandante dell’agguato al giornalista Michele Concina, che avrebbe sostituito come “obiettivo” il vecchio leader (a morire fu poi un tipografo del Messaggero, Maurizio Di Leo, uscito dal giornale di corsa dopo una telefonata trappola e scambiato dal commando per il cronista).

FASCISTERIA -  Il 2 settembre entra in azione il nucleo che ha progettato l’attentato a Rauti. Il bersaglio è Michele Concina, un giornalista di Panorama, poi passato al Messaggero che si è distinto nelle inchieste sulle trame nere. Il cronista è di sinistra ma ha buone fonti nell’ambiente: frequenta sia il fondatore di Ordine nuovo sia il giro delle Edizioni Europa. Ma i “guerrieri senza sonno” non lo conoscono e così ricorrono a una telefonata “trappola” per attirarlo fuori dal giornale. Per sua fortuna, però, il primo a uscire dal portone è un tipografo, Maurizio Di Leo, che diventa così il bersaglio e la vittima del secondo omicidio “sbagliato” del “terrorismo nero”. Anni dopo Cristiano Fioravanti e Izzo accuseranno del delitto Dimitri e Pedretti, come mandanti, Aronica, Di Vittorio e Donatella De Francisci (sorella di Gabriele e Amedeo) come partecipanti a vario titolo. Saranno assolti tutti, ma questa accusa infondata sarà pagata a carissimo prezzo dal leader di Tp, vicino alla scarcerazione: il nuovo provvedimento provoca il tracollo psicologico di sua madre, che si suicida. Un’altra vittima innocente che pesa sulla coscienza dei due “pentiti”. Nella stessa giornata in cui è ucciso il tipografo un ordigno devasta la libreria Europa. Nella rivendicazione si attacca il “delatore Rauti”.

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