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Per la procura generale Gelli diede ai Nar un milione di dollari alla vigilia della strage di Bologna


Si avvicina il 40ennale della strage di Bologna e, com'è tradizione per le grandi ricorrenze, la corsa allo scoop si fa affannosa. Quello odierno annunciato dall'Espresso  è notevole. Resta qualche dubbio sui riscontri effettivi del passaggio di mano di un milione di dollari da Gelli ai Nar ma attendiamo particolari con grande curiosità: 

Un milione di dollari in contanti, sarebbero la quota consegnata pochi giorni prima della strage del 2 agosto 1980 ad alcuni dei Nar già condannati in via definitiva per l’attentato alla stazione di Bologna. Soldi che arrivavano dai conti svizzeri di Licio Gelli e che facevano parte di una fetta più ampia di cinque milioni di dollari - o
forse anche maggiore - che a più riprese sarebbero transitati da febbraio ’79 e fino al periodo successivo alla strage anche agli organizzatori e ai depistatori. E’ un particolare che emerge dall’inchiesta della Procura generale di Bologna sui mandanti dell’attentato e che poco tempo fa ha visto la richiesta di rinvio a giudizio per per Paolo Bellini, ex di Avanguardia Nazionale, accusato di concorso nella strage del 2 agosto 1980. 
L’inchiesta si è concentrata soprattutto sulle ’menti’ dietro la bomba, individuando in Licio Gelli, Umberto Ortolani, Federico Umberto D’Amato e Mario Tedeschi, tutti già  deceduti, come mandanti, finanziatori o organizzatori dell’attentato. A quanto si apprende, infatti, gli inquirenti hanno scoperto che nei giorni immediatamente precedenti la strage Licio Gelli, un suo factotum e alcuni degli esecutori si trovavano nella stessa località. Gelli, o un suo emissario secondo i magistrati,
avrebbero consegnato il milione di dollari in contanti agli attentatori. 
Un’altra parte di quei cinque milioni, circa 850mila dollari, finì invece a D’Amato, ex capo dell’Ufficio Affari riservati del ministero dell’Interno, che secondo l’ipotesi investigativa teneva i contatti con la destra eversiva tramite Stefano Delle Chiaie, capo di Avanguardia nazionale. 
ancora un’altra fetta di quel denaro sarebbe servita invece a finanziare il depistaggio a mezzo stampa. In particolare, la Procura generale ritiene che una somma andò a Mario Tedeschi, ex senatore del Msi iscritto alla P2 e direttore del settimanale ’Il Borghese’, perché portasse avanti una campagna sul suo giornale avallando l’ipotesi della ’pista internazionale’ dietro la strage.
 
Fin qui la succosa nota dell'Ansa che sintetizza il reportage dell'Espresso. Che aggiungere: che non esiste ancora la "pistola fumante" sui rapporti tra D'Amato e Delle Chiaie, mentre sono ben noti i legami tra il settimanale e la spia gourmet che vi curava una rubrica gastronomica. Quanto a Mario Tedeschi era fuoriuscito dal Msi con la scissione di Democrazia nazionale e vantava, lui sì, un antico sodalizio con la  D'Amato.

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