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16 luglio 1977, Vigna Clara. Dilluvio ferisce un autonomo: "ha cantato i camerati"

Criminale attentato fascista a colpi di pistola contro uno studente dell'istituto tecnico industriale « Fermi» ferito mentre lavorava come cameriere in un bar di Vigna Clara. Massimo Mazzoni, 19 anni, aderente a «Lotta continua» e noto per essere vicino alle frange più «autonome» del gruppo estremista. è stato raggiunto da due proiettili, uno al petto e l'altro al braccio sinistro. I colpi fortunatamente non hanno leso organi vitali: il giovane è stato ricoverato all'ospedale Fatebenefratelli
sulla via Cassia con una prognosi di trenta giorni, salvo complicazioni. Ma è evidente che lo squadrista che ha sparato puntava ad uccidere. Due vigili urbani che si trovavano a passare un istante dopo l'attentato sono riusciti ad arrestarlo mentre scappava a piedi, e l'hanno consegnato a una pattuglia della «volante». Si tratta di Pier Giorgio Dilluvio, 20 anni, attivista del «FUAN» (l'organizzazione missina universitaria). Studente al primo anno di Ingegneria, abitante in via Bartolomeo Piazza 8. Gli agenti dell'ufficio politico della questura lo identificarono nel febbraio scorso da di via Pavia, subito dopo la sanguinosa incursione squadristica all'università — nella quale rimase ferito con un colpo di pistola alla testa lo studente Guido Bellachioma — partita appunto da quel covo.
Massimo Mazzoni, il giovane ferito ieri pomeriggio, è conosciuto all'ufficio politico della questura per tre denunce che si riferiscono agli scontri avvenuti in piazza Risorgimento nel marzo del '76 nell'anniversario della morte di Mantakas, a un tafferuglio davanti alla sede missina di via Assarotti, e ai gravi incidenti del marzo scorso davanti all'istituto «Fermi». Il criminale attentato è avvenuto poco dopo le 15,30. In un bar-tavola calda al numero 20 di piazza Stefano Jacini.
proprio accanto a1 cinema «Vigna Clara»; Massimo Mazzoni stava lavorando dietro il bancone dei gelati. Da circa una decina di giorni sostituiva un cameriere andato in ferie: anche l'anno scorso alla fine delle scuole, il gestore del bar l'aveva preso a lavorare per un breve periodo.
Il neofascista è giunto a bordo di una «Vespa» guidata da un complice. Lo scooter con i due a bordo era stato notato poco prima dalla moglie del gestore: «Andavano piano e si guardavano intorno — ha raccontato la donna — mi hanno insospettito subito: lì per lì ho pensato che fossero scippatori,  ed ho accelerato il passo per entrare nel bar. Fatto il giro della piazzetta, i due delinquenti si sono fermati accanto al marciapiede davanti al locale. Quello seduto sul sellino posteriore è sceso, ha fatto pochi passi e si è fermato sulla soglia della tavola calda.
Massimo Mazzoni gli era proprio davanti, a meno di due metri di distanza, dietro il bancone. Senza dire una parola lo squadrista ha impugnato una pistola «Beretta» calibro 6,35 e ha fatto fuoco quattro volte, puntando l'arma contro il petto del giovane. Questi si è portato le mani alle ferite gridando per il dolore e si è accasciato a terra, mentre il gestore del bar e la cassiera cercavano riparo terrorizzati. Subito dopo aver sparato Pier Giorgio Dilluvio ha fatto dietro-front per scappare ma si è accorto che la «Vespa» col complice non c'era più. 
Nel frattempo, infatti, erano sopraggiunti due vigili urbani a bordo di un'auto, e il «palo» aveva pensato bene di lasciare a terra il complice per fuggire. Lo squadrista, quindi, appena è uscito in strada con la pistola in pugno è stato rincorso dai vigili e ammanettato a poca distanza, in via Tuscania. E' stato dato l'allarme al «113» e una pattuglia della squadra volante ha accompagnato il neofascista all'ufficio politico della questura, dov'è stato dichiarato immediatamente in arresto. Più tardi, rintracciato un avvocato, Dilluvio è stato sottoposto a un  lungo interrogatorio, durante il quale non ha avuto esitazione nel definire la sua azione una «spedizione punitiva». Poi è stato accompagnato al carcere di Regina Coeli sotto l'accusa di tentativo di omicidio. I funzionari dell'ufficio politico stanno ora svolgendo indagini per rintracciare il complice di Dilluvio. fuggito a bordo della Vespa.

Fin qui la cronaca dell'Unità. Da un successivo articolo, in occasione del processo, apprendiamo che Dilluvio è condannato a 4 anni e mezzo per tentato omicidio, a cui si vanno ad aggiungere l'anno e otto mesi avuti per direttissima per la detenzione di arma. Una Browning 6.35 che era stata comprata il giorno stesso Condanne a cui, in sede di esecuzione sarà stato applicata la continuazione, essendo stati commessi contemporaneamente e in strettissima connessione i due reati. Dilluvio dichiara che non intendeva uccidere ma punire l'avversario politico che giorni prima aveva fatto i nomi dei camerati responsabili di un attacco al Liceo Sarpi.  A Mazzoni fu asportata la milza a seguito delle ferite riportate. 

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