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Ustica 40 anni fa. La Stampa propone la pista palestinese


Alle ore 10 del mattino del 27 giugno 1980, la sede centrale del Sismi riceve un allarme rosso dal Libano: 'Habet informazioni tarda sera. L'Fplp avrebbe deciso di riprendere totale libertà di azione senza dare corso ulteriori contatti a seguito mancato accoglimento sollecito'". E' il testo di telegramma cifrato che per decenni e' stato coperto da segreto di Stato assoluto, e che solo dal 2014 e' stato parzialmente declassificato, rivelato oggi dal quotidiano La Stampa. "Non e' dato sapere se i magistrati di Roma, che tuttora indagano sulla Strage di Ustica, lo abbiano avuto in visione", scrive il giornalista Francesco Grignetti.
"Di sicuro nel 2016 lo hanno letto i membri della Commissione Moro II, ma senza possibilità di fotocopiarlo, e con divieto assoluto di divulgazione". Il telegramma fu fatto dal colonnello Stefano Giovannone, capocentro del Sismi che da Beirut copriva l'intero Medio Oriente. "In quei mesi - rivela ancora il quotidiano torinese - per via di una storia di missili palestinesi sequestrati in Abruzzo, a Ortona, l'intelligence italiana aveva dovuto sostenere l'urto delle minacce da parte dell'Fplp, l'organizzazione palestinese di fede marxista".
Secondo l'inchiesta del giornale torinese, il governo italiano aveva promesso che avrebbe trovato un accomodamento. "Che il processo in corso sarebbe stato 'aggiustato' e che quanto prima sarebbe stato rimesso in libertà il referente in Italia dell'Fplp, tale Abu Anzeh Saleh. Le cose pero' non erano andate così. E nonostante le loro pretese di uno spostamento del processo e le promesse del nostro governo, all'Aquila l'appello era ripreso il 17 giugno".
Altro allarme lanciato da Giovannone: "Se il processo dovesse avere luogo e concludersi in senso sfavorevole mi attendo reazioni particolarmente gravi in quanto Fplp ritiene essere stato ingannato e non garantisco sicurezza personale ambasciata Beirut".
Nove giorni prima del 27 giugno, scrive Grignetti, Giovannone aveva inviato un altro allarmatissimo telegramma cifrato: "Non si puo' piu' fare affidamento sulla sospensione delle operazioni terroristiche in Italia e contro interessi e cittadini italiani decisa dall'Fplp nel 1973, e si può ipotizzare una situazione di pericolo a breve scadenza". Aveva saputo anche di più: "Fonte fiduciaria indica due operazioni da condurre in alternativa contro obiettivi italiani: 1) dirottamento di un Dc9 Alitalia, 2) occupazione di una Ambasciata".

Fin qui l'Agi che sintetizza il testo di Grignetti. Ovviamente si stenta a capire come concretamente i palestinesi possano aver abbattuto l'aereo. E dove c'è una pista palestinese non può mancare, come ci ha insegnato l'esperienza di Bologna, una pista israeliana. L'ha proposta qualche anno il giornalista investigativo Gianni Lannes:

«L’incidente al Dc 9 è occorso a seguito di azione militare di intercettamento. Il Dc 9 è stato abbattuto, è stata spezzata la vita a 81 cittadini innocenti con un’azione, che è stata propriamente atto di guerra, guerra di fatto e non dichiarata, operazione di polizia internazionale coperta contro il nostro Paese, di cui sono stati violati i confini e i diritti. Nessuno ha dato la minima spiegazione di quanto è avvenuto». Sono le parole con le quali il giudice Rosario Priore - alternatosi ai colleghi Aldo Guarino, Giorgio Santacroce e Vittorio Bucarelli - ha chiuso il 31 agosto 1999, la più lunga istruttoria della storia giudiziaria italiana. Caccia non identificati, radar che vedono e non vedono, un buco nero di segreti, omissioni, depistaggi e menzogne a caratura istituzionale con coperture di livello internazionale. 



Quella sera andò così. Due caccia Phantom F-4 - regalati dagli Usa ad un potente alleato - entrarono nel Tirreno posizionandosi tra Ponza e Ustica, in attesa del bersaglio, esattamente nel punto - non rilevabile dai radar - in cui avevano verificato un’ampia zona d’ombra nella difesa aerea italiana. Sembrava una missione impossibile, ma si erano preparati per mesi a quella che giudicavano un “atto di vitale autodifesa”. I missili si allontanarono nel vuoto e colpirono l’aereo civile italiano. I due caccia di Israele - modificati e riforniti in volo - assistiti da un velivolo Sig-int, allora si divisero e uno di essi attraversò la costa tirrenica della Calabria per fare rientro nella terra promessa. Per la cronaca per tutta la primavera dell'anno 1980 i velivoli bellici di Israele si erano esercitati a bucare la difesa tricolore, per scovare i numerosi punti deboli. L'anno successivo gli israeliani replicarono con il bombardamento in Iraq del complesso nucleare di Osirak, un'altra impresa considerata - a torto - logisticamente impossibile. Ma in questo caso se ne vantarono pubblicamente. Capaci di azioni criminali impensabili e tecnicamente giudicate impossibili. A missione compiuta il premier Begin fu colto da un infarto.

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