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Piazza della Loggia: ucciso il superteste che incastrò Tremonte. Per una cicca di sigaretta

Da ottobre vivevano insieme e i litigi erano all’ordine del giorno. L’ultimo, ieri sera, è finito nel sangue. Siamo a Esine, paese della Vallecamonica, nel bresciano, dove Bettino Puritani, 53 anni aveva deciso di ospitare in casa l’amico Vincenzo Arrigo, 59enne che era finito agli arresti domiciliari per maltrattamenti e stalking nei confronti della ex compagna. Quella tra i due uomini è stata una convivenza difficile segnata dal degrado e dalla mancanza di denaro. Entrambi alcolisti, erano seguiti dai servizi sociali. Ieri sera la discussione sarebbe scaturita dalla necessità  di trovare in strada dei mozziconi di sigaretta da fumare. Dalle parole e gli insulti i due uomini sono passati prima agli spintoni e poi sulla scena è comparsa una roncola usata per tagliare la legna da utilizzare nella stufa di casa. Vincenzo Arrigo è stato colpito più volte in testa, non frontalmente, ed è morto in strada.
"Il mio assistito si è difeso perché il primo ad impugnare l’arma è stata la vittima come dimostrano i segni che Puritani ha sulle braccia" ha spiegato l’avvocato Marino Colosio, legale del 53enne dopo l’interrogatorio davanti al pm Paolo Savio che contesta l’omicidio volontario. Resta da capire come il sistema giudiziario sia arrivato a decidere in merito alla collocazione ai domiciliari della vittima, a casa di una persona senza lavoro e reddito e in un appartamento che non aveva nemmeno l’energia elettrica.
Il gip che ha sottoposto all'interrogario di garanzia l'accusato non ha creduto ai suoi argomenti sulla legittima difesa e ha convalidato l'arresto con l'accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi.
"Finalmente dopo cinque giorni di digiuno forzato, perché non avevamo nulla in casa, sono riuscito a mangiare qualcosa una volta entrato in carcere" ha detto al suo legale Puritani che alle spalle ha dei precedenti. Così come la vittima che era stato compagno di cella di Maurizio Tramonte e che durante l’ultimo processo per la strage di Piazza della Loggia era stato ascoltato come testimone proprio contro l’ex informatore dei servizi segreti poi condannato all’ergastolo.
"Arrigo ha riferito a questa corte - si legge nelle motivazione della Corte d’appello di Milano del 22 luglio 2015 - che Tramonte gli aveva mostrato una foto nella quale erano raffigurate delle persone domandandogli se lo riconoscesse. A fronte della sua titubanza, l’imputato gli aveva indicato uno dei soggetti ritratti affermando che era lui stesso e che "quella mattina" era effettivamente in Piazza Loggia". Una rivelazione risultata poi determinante per la condanna di Tramonte.
"Arrigo - scrisse la Corte - non si limita a riportare un’esternazione di Tramonte sulla sua presenza in Piazza della Loggia, ma dà  concretezza alla stessa, indicando, fra le tante sottoposte al suo esame, una foto sicuramente riproducente la scena della strage, nella quale individua il soggetto in cui l’imputato si era riconosciuto".

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