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12 maggio 1969, falliti tre attentati ai palazzi di giustizia. Ventura confessa

Il 12 maggio 1969 tre ordigni esplosivi verranno simultaneamente piazzati a Torino e a Roma dall'organizzazione terroristica che ha già compiuto gli attentati a Milano [il 25 aprile al Padiglione Fiat della Fiera Campionaria, ndb]. Il piano concordato nel corso della «inesistente» riunione padovana di aprile procede secondo scadenze stabilite.
Questa volta gli obiettivi sono altrettanti palazzi di giustizia: tutti e tre gli attentati falliscono «per cause indipendenti dalla volontà dei terroristi». Cioè per motivi tecnici. I. tre ordigni sono sistemati al terzo piano del palazzo di giustizia a Torino, nei locali dei servizi del primo piano della corte di cassazione a Roma e, sempre a Roma, su un armadio posto nel corridoio dell'ufficio personale della procora della repubblica.
La loro presenza, dato il mancato funzionamento, verrà scoperta più tardi: addirittura in settembre. A tempo debito, anche per questi attentati saranno incriminati Giannettini, Freda, Giovanni Ventura, Pozzan «e altri» In quanto membri dell'organizzazione.
Gli esecutori resteranno però sconosciuti, tranne che per Torino. Qui è Giovanni Ventura in persona che compie l'attentato. Lo confesserà lui stesso, tentando inutilmente di salvare il salvabile. A parte gli inconvenienti tecnici, l'organizzazione terroristica che fa da battistrada al golpe militare si è dunque messa a funzionare a pieno ritmo. Giannettini, per quanto lo riguarda, seguita a scrivere rapporti informativi. Appena otto giorni prima di questi ultimi attentati ne ha compilato uno molto importante (date alcune fondamentali preveggenze), che, come al solito, ha inviato non soltanto al SID. Il rapporto datato 4 maggio ha come oggetto: «Gruppi di pressione italiani e stranieri provocherebbero la fine del centrosinistra in Italia a favore di una formula centrista».
E' scritto nel rapporto:
Ambienti politici ed economici italiani, appoggiati anche da ambienti stranieri (fra cui sicuramente americani) hanno deciso la sostituzione del centrosinistra in Italia con una formula sostanzialmente centrista. L'operazione «ritorno al centrismo» verrebbe effettuata attraverso i passi seguenti:
l) frattura del PSU. con uscita della corrente socialdemocratica (Tanassi) dal partito;
2) successo della corrente di Flaminio Piccoli al congresso della DC;
3) creazione di una opinione pubblica favorevole al ritorno al centrismo (mutamento al vertice della RAI-TV, acquisto di organi di stampa da parte del gruppo economico Monti);
4) eventuale ondata di attentati terroristici, per convincere l'opinione pubblica della pericolosità di mantenere 1'apertura a sinistra (gruppi industriali del nord Italia finanzierebbero gruppetti isolati neofascisti per fare esplodere alcune bombe);
5) lavoro psicologico sulle forze armate che sarebbe condotto personalmente da Saragat e da Pertini.
Questo rapporto verrà poi brevemente integrato:
In base a nuovi elementi di giudizio raccolti nella zona operativa «c», T ritiene che gli ambienti industriali del nord Italia disposti a finanziare attentati siano costituiti principalmente dal gruppo Monti. Z è d'accordo sulle conclusioni cui è pervenuto T". 
Non considerando lo stridente e provocatorio riferimento a Pertini, questo documento rappresenta una straordinaria prefigurazione dei movimenti interni al partito del golpe. Da dove provengono queste notizie e quale uso ne viene fatto? Nel 1974 quando il «caso Giannettini» sarà divenuto un fatto nazionale, l'agente del SID si ripresenterà inopinatamente in Italia, dove l'attende la galera, e dirà al suo giudice di Milano:
Z ero io e T era Freda. In effetti le notizie sul finanziamento di Monti ai gruppi estremisti di destra mi furono passate da Freda. Freda mi disse che non so chi aveva captato, durante un pranzo a cui partecipavano o Monti o suoi collaboratori, che Monti avrebbe finanziato gruppi di destra per azioni provocatorie, non escluse azioni terroristiche

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