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Ultras, il bravo regista che non ha saputo fermarsi

Il collega Errico Novi, in un post pubblicato sulla sua pagina Facebook ci racconta Ultras il primo lungometraggio diretto da Francesco Lettieri, regista napoletano conosciuto per le numerosi direzioni di videoclip musicali per artisti della scena indie italiana.
Un film che racconta il variegato mondo degli ultrà del Napoli che dal 20 marzo è disponibile su Netflix.
Post che pubblichiamo volentieri ed integralmente.

Raccontare gli ultras non è facile. Si potrebbero concedere molte attenuanti. Eppure nel film di Francesco Lettieri sono imperdonabili le sue irruzioni nel privato degli esseri umani. La tragedia che tutti sappiamo, che tutti hanno riconosciuto nel suo racconto, è storpiata in modo assurdo, inconcepibile. E verrebbe da dire che è un peccato, perché per il resto Ultras è un film girato con maestria. Non una sillaba fuori posto, grammatica e sintassi da maestro. Benissimo. Ma non c'è solo quell'oltraggio alla donna che non si è neppure degni di nominare. Lettieri forse si accorge pure, ma senza scegliere di tornare indietro, che raccontare gli ultras è farsi i fatti degli altri, le vite degli altri, con una presunzione da scienziati di laboratorio giustamente punita dagli striscioni dei giorni scorsi. Il mondo ultras è strano: guerra simulata e codice d'onore autentico. Antitesi estrema, paradosso della passione. Ma l'equivoco della guerra ludica colto negli ultras si dissolve quando sbatti contro la vita di chi ci sta dentro, le sue tragedie, il suo tormento, la giusta pretesa di non diventare cavia da laboratorio.
Francesco Lettieri ha realizzato in modo tecnicamente impeccabile un'impresa che non andava realizzata, che avrebbe richiesto di fermarsi sulla soglia non appena arrivati a scoprire le vite degli altri. A cominciare dalla vita di quella donna che non si è neppure degni di nominare.

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