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3 febbraio 1997: muore Boris de Rachewiltz, il genero di Pound


Con simile “camerata” la convivenza [in carcere] fu breve, come logico che fosse: si vantava di aver fatto dei favori, nei tempi andati, ai servizi di sicurezza (...) Una sera, levando ispirato gli occhi al cielo, dopo il consueto invito a dimenticare e un perentorio “qui lo dico e qui lo nego” mi mise a parte di aver fondato anni prima, insieme ad altri sconosciuti, un gruppo che doveva impartire alla plebe direttive in ordine a problemi di “megapolitica” e di “megastoria”: si chiamava “il raggio verde”. Nascondendo sotto una violenta tosse l'irrefrenabile risata che mi scuoteva, ricordai come ai primi degli anni Settanta, mi avevano detto che a Roma “sette stronzi” avevano fondato un gruppo che si autodefiniva “del raggio verde”. Ora uno dei sette stava davanti a me”.
Il detenuto così impietosamente descritto da Vincenzo Vinciguerra è Boris de Rachewiltz degli Arodji, “incarcerato per una volgare truffa compiuta, seconda l'accusa, in compagnia di alcuni “balordi” veneto-friulani” (nella foto con la moglie e i nipoti). 
Il principe italo-russo, sposato con Mary Pound, è duca di Baviera, Toscana e Lorena, docente universitario di egittologia, gran maestro dell'Ordine di Canossa e dell'Ordine della Corona di ferro. 
L’Ordine della Corona di Ferro è costituito da discepoli di Evola che chiedono al Maestro di stendere la Regola, pubblicata sulla rivista di studi tradizionali Arktos ( gennaio-aprile 1973), prevedendo tra l’altro la presenza di “terziarie” disponibili, mediante opportune misure per prevenire la fecondazione, a un “uso comunitario e non possessivo” da parte dei membri del sodalizio, “ispirato a una spiritualità sacrale e gerarchica”. Il nobile esoterista ha ospitato per anni nel suo castello di Merano il suocero Ezra Pound, sommo talento poetico del XX secolo, condannato per collaborazionismo per le trasmissioni radiofoniche filonaziste durante la seconda guerra mondiale e chiuso in manicomio.
Egittologo di fama mondiale, de Rachewiltz ha la residenza in Senegal. È perciò accusato di essere stato arruolato - con compiti di ambasciatore plenipotenziario – in una banda di trafficanti internazionale di armi guidata da Antonio Moccia, un camorrista trapiantato a Milano e già condannato per il sostegno logistico offerto alla banda Fioravanti-Cavallini. Ma il processo si conclude con la sua assoluzione.

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