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3 febbraio 1939, nasce Claudio Volontè, attore e attivista giovanile neofascista

Nel fotomontaggio di "Spazio 70", la pagina facebook di David Barra e Nicola Ventura, una delle rare foto dei due fratelli Volontè insieme, a destra Claudio, in basso due titoli di giornale: "il fratello di Volontè" non ha un nome...
Claudio Volontè, fratello minore di Gian Maria, nasce a Torino il 3 febbraio del 1939. Il padre, Mario, fervente fascista, è tra i fondatori del Partito fascista repubblicano a Torino. Comandante del presidio di Chivasso di una Brigata nera, è arrestato per malversazione nel novembre 1944 e resterà in galera fino alla Liberazione. Torna in galera nell'agosto 1945 per la partecipazione a rastrellamenti antipartigiani. Condannato a 30 anni, ha la pena ridotta a 10 per l'amnistia e sarà scarcerato nell'agosto 1954. Claudio ha 15 anni ma è già un attivista giovanile del Msi e vive nel mito del padre combattente fascista. La sua storia la ricostruiamo grazie a Mirki Capozzoli, autore di una documentatissima biografia sul fratello.
 Il suo amico Camillo Vada lo descrive così in un'intervista a Capozzoli:  "Fin dal suo arrivo si mostrò il più fanatico del gruppo, era molto coraggioso e non temeva di sfidare gli avversari politici, l punto che talvolta lo dovevamo tenere a freno". Quando nel 1956 un gruppo di suoi camerati sono arrestati perché preparavano un attentato contro il monumento alla resistenza al colle del Lys, Claudio e un altro attivista lanciano una molotov contro l'ingresso di una sezione del Pci. Arrestati, passano le giornate ridendo dalla mattina alla sera. Al processo si difende sostenendo che era stato a puttane, così si becca pure atti osceni ma se la cava con il perdono giudiziale.
Nel 1959 Claudio si iscrive all'Accademia drammatica a Roma ma continua l'attivismo. Giulio Caradonna, segretario nazionale giovanile, lo inserisce nella direzione del Raggruppamento, dove spiccano personalità come Tatarella, Adalberto Baldoni, Sbardella. Claudio diventa vicesegretario insieme ad Antonio Masia, con cui fraternizza. Tra i suoi compiti i rapporti con gli attivisti romani e i contatti con Stefano delle Chiaie e Avanguardia nazionale giovanile. A fine settembre Gian Maria scrive all'Accademia alla vigilia dell'esame del fratello per raccomandarlo.
Nei primi anni Sessanta Gian Maria aiuta il fratello nei primi passi teatrali,lo coinvolge nell'esperienza del Vicario, lo difende quando è accusato di aver lanciato una bomba carta contro il Vaticano. Claudio ha ormai lasciato una promettente carriera politica nel Msi per le scene ma resta una "testa calda". 

Tre giorni prima dell'attentato in Vaticano, Gian Maria Volonté aveva provato a mettere in scena la rappresentazione in uno scantinato di Roma ma è stato bloccato dalla polizia che ha sgomberato la piccola platea. I trascorsi eversivi del giovane Volonté portano subito gli investigatori sulle sue tracce. Dopo venti ore di interrogatorio, l'attore viene rilasciato. A partire da quel momento, per alcuni anni, il suo nome comparirà sui giornali soltanto tra le pagine dedicate al cinema. Con lo pseudonimo di Claudio Camaso, Volonté prende parte a numerosi film, lavorando con registi come Antonio Pietrangeli, Carlo Lizzani, Antonio Margheriti, Mario Bava, Romolo Guerrieri, Lina Wertmüller e tanti altri. Nel 1972 si sposa con l'attrice Verena Baer e dalla loro relazione nasce la piccola Saba. I rapporti tra i due coniugi, tuttavia, si incrinano presto, con diverbi sempre più turbolenti.
Il 26 luglio 1977 la tragedia che ne segnerà la vita. Claudio è ubriaco e sta litigando a Campo de'Fiori con la moglie, da cui si era separato da qualche mese. Un elettricista di scena, che conosce entrambi, interviene per dividerli. Claudio, che impugna uno stiletto indiano, sentendosi afferrare si gira di scatto e lo colpisce al petto. Vincenzo Mazza morrà la notte in ospedale. Claudio si costituisce il 5 agosto dopo pochi giorni di latitanza. Consegna una lettera in cui chiede perdono e comprensione, ribadendo l'involontarietà del gesto e il grande dolore che sta vivendo. Un dolore talmente grande che lo uccide. Si impiccherà, infatti, nella cella di Regina Coeli, il 16 settembre 1977, a 38 anni. Pochi giorni prima aveva scritto in un quaderno: L'angoscia fa regredire la speranza. La punizione del carcere. Della paura. Dei rimpianti. Il ricordo di ciò che si è perduto ... Tutto ciò può essere vissuto anche in una chiave armonica. E' necessario trovare la strada di una realtà alternativa. Spaziare con l'anima anche se il corpo è imprigionato.

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