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Atreju, i "ragazzi di Buda" e uno stile che non c'è più



Qualche giorno fa Giacinto Reale, attivista storico del Msi e storico del fascismo degli albori, interveniva sulla sua pagina facebook a proposito di Atreju, con una riflessione interessante a partire da una mia analisi sui "fascisti di strada". Sottolineando la profonda differenza antropologica tra il militante neofascista e il nuovo tipo umano che anima l'esperienza di Fratelli d'Italia.

  Stamattina, ad Atreju 19, dopo aver svolto l'incombenza per la quale ero andato (ritirare una rivista), ho fatto un giro.
C' era tanta gente: parecchi dai 40 in su (e ho riconosciuto qualche volto di ex missini) e tanti giovani.
Di estrazione medio borghese (come lo sono io) e senza quelle presenze "onestamente" proletarie che erano in buon numero ai funerali di Delle Chiaie.
Facevano un po' tenerezza alcuni con le gialle (?) magliette con su scritto "volontari", dal viso pulito pulito e dal fisico gracilino.
Sarà che io ricordo i, minacciosi già nella stazza, "Volontari nazionali" di Alberto Rossi incrociati a qualche manifestazione romana, o i "tosti" pugilotti dell'altro Rossi, Angelino, che mi furono a fianco quel famoso giorno alla Sapienza.
Confesso che per i "fascisti proletari" e per i "cattivi" ("che poi così cattivi non sono mai", come diceva la canzone) ho sempre avuto un debole.
"Fascista di strada" mi definì qui tempo fa Ugo Maria Tassinari, e mi sta bene.
Passione per quelle tempre d'uomo, incapaci quasi sempre di "raccontarsi" da soli, così da dover ricorrere a chi li conobbe e frequentò, condivisa da intellettuali come Gallian, Gravelli, Bolzon, Pavolini e altri...e anche da Malaparte che a favore di Dumini ("l'assassino di Matteotti") testimoniò in processo, che di Bonaccorsi (il "massacratore" delle Baleari") tessè l'elogio ai tempi della guerra di Spagna, che mai rinnegò l'amicizia per Tamburini, il "grande bastonatore".
E, nel mio niente, non sarà il caso se, ai funerali di Stefano Delle Chiaie, ho preferito ad altre la compagnia di due "cattivissimi" come Bruno Di Luia e Maurizio Boccacci.
Non è un vezzo da snob acculturato o da insicuro in cerca di riferimenti, perché richiede, come ben sa chi abbia frequentato certi ambienti, costanti 'dimostrazioni' di affidabilità, e non esclude delusioni.
Tutto questo per dire che stamattina, ad Atrejus, poco mi 'riconoscevo"....sentivo esserci stata più vicinanza nel 1969 tra me missino sessantottino e qualche vecchio ex squadrista di cinquant'anni prima trovato in Federazione, che non tra il vecchietto che sono e questi giovani virgulti.
Ma sono fatto male io, lo so, ed ormai è tardi per cambiare.
A loro auguro ogni fortuna politica, e se io non ci sarò, so che capiranno



La più evidente verifica del suo assunto l'ho avuta rivedendo stamattina il video virale sul discorso di Orban e il coro che parte dalla platea "Avanti ragazzi di Buda". Un momento ad alta commozione eppure segnato dall'evidente mancanza di stile. Un inno non si può cantare seduti. E' stata brava Giorgia Meloni a levarsi in piedi. Lucida, sebbene emozionata, partecipa al coro ma è capace di innescare il gesto necessario alla solennità dell'occasione. Alla fine del coro anche il vecchio marpione magiaro è commosso.

Tutt'altro stile rivelano invece i ragazzini di una scuola media di Budapest che cantano l'inno della rivolta nelle due lingue.


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