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La nascita del Fascio romano tra storia e leggenda

Sabato 20 aprile dalle ore 18 presso la libreria Horafelix sita in via Reggio Emilia 89, a Roma, organizzata dal'associazione Nessuno Resti Indietro, ci sarà un incontro dal tema Centenario del fascio di combattimento romano, tra cronaca e storia.
Un incontro nel quale ci sarà, in qualità di relatore il "nostro" Giacinto Reale, prezioso collaboratore del blog ed autore di Racconti Squadristi, se non ci conoscete, di cui consiglio una attenta ed approfondita lettura.



TRA CRONACA E STORIA
 Ottant’anni dopo la felicissima intuizione di Angelo Tasca: “Per noi, definire il fascismo è innanzitutto scriverne la storia”, si può ben dire che la situazione sia oggi completamente rovesciata, tanto che Emilio Gentile, nel suo ultimo recentissimo libro ha coniato un neologismo, parlando di “astoriologia”, cioè la tendenza a giudicare e raccontare i fatti (nello specifico, il Fascismo), a prescindere dallo svolgimento storico di essi. Fenomeno comprensibile nel fronte degli “oppositori”, per evidenti ragioni “di rendita”, ereditaria e politico-sociale, ma anche diffuso in quello dei “simpatizzanti”, ormai asserragliati nella trincea del “fascismo buono e cattivo” (non sempre omogeneamente intesi, peraltro). In sostanza, si può dire che le cose, così come stanno, vadano bene a tutti, ed è completamente assente la volontà di approfondimento predicata dalla scuola defeliciana, soprattutto con riferimento alle realtà locali, giudicate dallo studioso reatino le migliori per “capire” il periodo dello squadrismo che egli definì “il vero fascismo”. La storia della vigilia romana, per esempio, è di particolare interesse, per la speciale valenza che ha avuto e ha tutto ciò che nella Capitale succede, per la presenza di personaggi-simbolo come Bottai e Igliori, per la singolare coincidenza che vide –dopo un lungo periodo in ombra- il rientro, ai tempi della RSI, di protagonisti (Bardi e Pollastrini) dello squadrismo rivoluzionario. Non fu quella romana, una vigilia paragonabile a quella del “triangolo nero” (Bologna, Modena, Ferrara) che da solo fornì quasi il 15 per cento del martirologio fascista, e non certo per “colpa” fascista, tanto che i mussoliniani sempre se ne rattristarono, come testimoniato proprio da Bottai: “Avrebbero dato corpo ai fantasmi, pur di inventarselo un comunismo da combattere con le stesse armi e lo stesso ardore di sacrificio di quei loro compagni della Valle Padana”. Per “fare la guerra”, però, bisogna essere in due, e la controparte, a Roma, non si mostrò all’altezza, nonostante una certa retorica successiva accrediti il mito del Congresso fascista all’Augusteo, alla fine del ’21, che si sarebbe svolto in clima d’assedio con la città in rivolta, o la narrazione di “Arditi del Popolo” che, potentemente organizzati, sarebbero stati padroni di interi quartieri. Nel primo caso, incidenti e morti ci furono, ma nei limiti della “normalità” dell’epoca, tanto che i fascisti in quattro giorni fecero, indisturbati, ben due cortei in città. Forse non è esagerato dire che a provocarli fu anche un diffuso pregiudizio ostile degli squadristi “calati” a Roma, che farà scrivere, nel suo “Diario”, al giovane squadrista Piazzesi, quasi fosse un leghista d’antan :“Porca città veramente questa Roma, fiacca, inerte, senza midollo, vile” e la naturale reazione, peraltro prevista, con cinismo realismo, da Mussolini stesso: “Il romano non è fascista né antifascista. E’ un uomo che non vuole essere scocciato o disturbato, ma se è scocciato il popolo e il popolino sono pugnacissimi “. Nel secondo, va almeno detto che gli Arditi del Popolo, già alla loro prima minacciosa uscita, in due-tremila, armati, ai primi di luglio dello stesso anno, non solo non provarono nemmeno a dare la minacciata “lezione” agli avversari, ma dovettero subire loro, alla sera, l’onta di un attacco ai locali che li ospitavano a Palazzo Venezia. E la cosa li turbò tanto che rinunciarono, in seguito, ad avere una propria sede, ma vissero su riunioni improvvisate, all’occorrenza, in trattorie e caffè, contando più che altro su una sorta di solidarietà di vicolo e di rione. Piccole-grandi bugie, sulla scia di quella monstre della “epica lotta di Parma” dell’agosto del ‘22 (dove i fascisti non ebbero nemmeno un caduto, proprio perché “lotta” non ci fu) che, in effetti, fu solo un confronto a distanza tra trecento volenterosi male armati e oltre diecimila squadristi (forniti anche di aeroplani) ai quali però Mussolini aveva vietato ogni azione contro i militari che impedivano di buttare giù le barricate e attraversare i ponti. Di questo ed altro parleremo la sera del 20, più o meno alla stessa ora (ma non allo stesso posto  ) nella quale, cento anni prima nasceva il Fascio romano di combattimento. Senza dimenticare l’interessante osservazione contenuta nella Introduzione a “Arditi contro” di Andrea Augello che di queste cose tratta: “Nascono negli scontri di piazza di quegli anni molti degli elementi che poi caratterizzeranno le battaglie metropolitane di mezzo secolo dopo...spesso negli schieramenti opposti si ritroveranno figli e nipoti dei protagonisti di questo volume, come se le ideologie e il richiamo della lotta armata si fossero riproposti di generazione in generazione”.

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